Non è applicabile nei parchi il silenzio-assenso sulle domande di rilascio dei nulla osta

  Originariamente per indicare il silenzio inerte della Pubblica Amministrazione si adoperava il termine di “silenzio-rifiuto”, perché il silenzio veniva considerato come atto di diniego tacito, affinché potesse essere considerato impugnabile.

Ma l’art. 20 della legge n. 241 del 7 agosto 1990 ha stabilito il principio generale che, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, il silenzio dell’Amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, se la medesima Amministrazione non comunica all’interessato nel termine previsto il provvedimento oppure non indice una Conferenza di servizi: secondo l’originario testo del 1° comma dell’art. 20 disponeva infatti che “con regolamento adottato …. , da emanarsi entro novanta  giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e previo  parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono determinati i casi in cui  la  domanda  di  rilascio  di   una   autorizzazione,   licenza, abilitazione, nulla osta, permesso od altro atto di consenso comunque denominato,  cui  sia  subordinato  lo  svolgimento  di  un’attività privata,  si  considera  accolta   qualora   non   venga comunicato all’interessato il provvedimento di diniego entro il termine  fissato per categorie di atti, in relazione alla complessità del  rispettivo procedimento,  dal  medesimo  predetto  regolamento”.

Il 1° comma dell’art. 13 della legge quadro sulle aree protette n. 394 del 6 dicembre 1991 ha poi stabilito che “il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi impianti ed opere all’interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell’Ente parco”, che “verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento”.

Ha quindi disposto che il nulla osta “è reso entro sessanta giorni dalla richiesta”, precisando che una volta “decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato” per silenzio-assenso.

Ha anche stabilito che “il diniego, che è immediatamente impugnabile, è affisso contemporaneamente all’albo del comune interessato e all’albo dell’Ente parco e l’affissione ha la durata di sette giorni”: dispone infine che “l’Ente parco dà notizia per estratto, con le medesime modalità, dei nulla osta rilasciati e di quelli determinatisi per decorrenza del termine”.

Le suddette disposizioni valgono per i parchi nazionali e le riserve naturali statali: per i parchi regionali e le riserve naturali regionali del Lazio la legge regionale n. 29 del 6 ottobre 1997 ha recepito pedissequamente lo stesso dettato normativo perché al 1° comma dell’art. 28 ha disposto che “il rilascio di concessioni od autorizzazioni, relativo ad interventi, impianti ed opere all’interno dell’area naturale protetta, è sottoposto a preventivo nulla osta dell’ente di gestione ai sensi dell’articolo 13, commi 1, 2 e 4, della l. 394/1991”.

Entrambe le suddette disposizioni vengono classificate come “norme speciali” perché sono per specifici settori o per specifiche materie, che derogano alla normativa generale per esigenze legate alla natura stessa dell’ambito disciplinato: per riprendere un famoso principio enunciato dalla Corte Costituzionale, obbediscono all’esigenza legislativa di trattare in modo eguale situazioni eguali e in modo diverso situazioni diverse.

Dopo l’entrata in vigore della legge quadro sulle are protette la disciplina dell’istituto del silenzio-assenso è stata modificata ed integrata nel 2005 dapprima dalla Legge n. 15 dell’11 febbraio 2005 e poi dal D.L. n. 35 del 14 marzo 2005, convertito con modificazioni dalla Legge n. 80 del 14 maggio 2005: il nuovo testo del 1° comma dell’art. 20 della legge n. 241/1990 dispone ora che “nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, …, il provvedimento di diniego”.

Ma il successivo 4° comma stabilisce che “le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, ….”.

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Fatte queste doverose premesse per capire il quadro normativo entro cui ci si deve porre, descriviamo ora la vicenda che ha portato a sancire l’inapplicabilità dell’istituto del silenzio-assenso in caso di inerzia dell’Ente di gestione di un parco nella istruttoria di una domanda di rilascio del nulla osta.

L’11 marzo del 2005 è stata presentata al Comune di Grottaferrata una domanda di rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di un Piano di Utilizzazione Aziendale (P.U.A.) in via Tuscolana (località Molara-Campagnola), ma soltanto in data 25 gennaio 2006 è stato deciso di chiedere il rilascio del nulla osta preventivo ed obbligatorio all’Ente Parco dei Castelli Romani, che non ha adottato alcun provvedimento decisorio sull’istanza.

Ritenendo maturato il silenzio assenso ai sensi dell’art. 13 della legge n. 394/1991, il Comune di Grottaferrata ha rilasciato il permesso a costruire n. 118/2006, ma con provvedimento prot. n. 32594 del 3 agosto 2007 ha poi disposto la sospensione dei lavori sulla base del parere dell’Ente Parco, espresso con nota AP-2805 del 26 aprile 2007, con cui aveva  comunicato al sig. Merelli i motivi ostativi al rilascio del nulla-osta, arrivando alla fine a negargli il rilascio del nulla osta con un provvedimento del 12 settembre 2007.

È stato allora presentato il ricorso al TAR del Lazio n. 8427 depositato l’11 ottobre 2007, con cui ha chiesto in particolare l’accertamento della avvenuta formazione del silenzio assenso ed il conseguente annullamento della nota AP-2805 del 26 aprile 2007 dell’Ente Parco dei Castelli Romani con cui gli era stato negato il rilascio del nulla osta.

Nel ricorso è stato sostenuto che nel conflitto tra la norma contenuta nel 4° comma dell’art. 20 della legge 241/1990, come sostituita dalla legge n. 80/2005, e la disposizione dell’art. 13 della legge n. 394/1991, sarebbe quest’ultima a dover prevalere, in quanto “norma speciale”: in altre parole nel conflitto tra norme dovrebbe prevalere la norma speciale su quella generale sopravvenuta.

Con Decreto Cautelare n. 4636 dell’11 ottobre 2007 la Sezione Seconda BIS del TAR del Lazio ha respinto la domanda di sospensiva, ritenendo che “non sussistono particolari ragioni di urgenza che non consentono la dilazione dell’esame della domanda cautelare fino alla data della camera di consiglio, fissata per il 25 ottobre 2007”.

Con Sentenza n. 13241 del 13 dicembre 2007 la Sezione Seconda BIS del TAR del Lazio ha respinto il ricorso relativo alla tesi della prevalenza del silenzio-assenso con la seguente motivazione: “Come ha correttamente rilevato la difesa delle resistenti, la legge 80/05 ha rivoluzionato l’intero sistema del silenzio, assegnando il valore di silenzio assenso al comportamento inerte dell’Amministrazione, con l’unica eccezione delle materie – quali quella in questione – nelle quali, invece, non è ipotizzabile l’accoglimento tacito della domanda.

La nuova disciplina è concepita come legge generale che regola l’intera materia e ad essa devono adeguarsi ed armonizzarsi tutte le norme procedimentali di settore: ne consegue che  nel contrasto tra le due norme – il cui contenuto è evidentemente incompatibile – non si può far ricorso al  principio di specialità che postula l’equivalenza tra le norme stesse, ma deve necessariamente applicarsi il criterio cronologico, in base al quale la legge successiva prevale su quella precedente anche se speciale.

In altre parole, facendo corretta applicazione della disposizione dell’art. 15 delle preleggi – in presenza di una nuova legge che regola l’intera materia già regolata da una legge anteriore – non può che sussistere l’abrogazione tacita della norma precedente incompatibile”.

Con ricorso al Consiglio di Stato n. 906 depositato il 10 febbraio 2009 è stata impugnata la sentenza del TAR del Lazio n. 12341/2007 chiedendone l’annullamento.

Con Sentenza del Consiglio di Stato n. 5188 del 28 ottobre 2013 la Sezione Quarta ha respinto l’appello con la seguente motivazione sempre riguardo alla tesi della prevalenza del silenzio-assenso: “Alla questione deve darsi esito nel senso indicato dal primo giudice, muovendo dal rilievo per cui entrambe le norme hanno la medesima natura procedimentale e vengono a disciplinare lo stesso istituto operante in materia edilizia-ambientale; resta, infatti, escluso che tra esse possa configurarsi un rapporto di specialità, poiché questo presuppone un certo grado di equivalenza tra norme a confronto, ma che non può spingersi sino alla sostanziale identità tra le due discipline in contrasto. In questo secondo caso, il prospettato conflitto tra due disposizioni, che, seppur con esiti opposti per l’istante, disciplinano il medesimo istituto procedimentale del silenzio-assenso, deve quindi essere risolto alla luce della successione nel tempo tra due norme generali e pertanto secondo il principio per cui la legge posteriore abroga la legge anteriore con essa incompatibile (art. 15 cod. civ.)…….

Ciò considerato, è evidente che l’intervento dell’art. 20 della legge n. 241/1990, come successivamente modificato, determina che il regime del silenzio-assenso non trovi applicazione in materia di tutela ambientale, con la conseguenza che il diniego di n.o., pur sopravvenuto oltre il termine fissato dalla legge precedente, risulta pienamente legittimo in quanto emesso in forza di un potere non consumatosi – in quanto esplicato nella vigenza della nuova legge – ed il cui esercizio, dunque, non presupponeva l’annullamento in autotutela di un precedente silenzio-assenso, viceversa inesistente.”

La sentenza del Consiglio di Stato è stata fatta oggetto di un articolo del dott. Fulvio Albanese dal titolo “Beni Ambientali. Il silenzio-assenso nei parchi non è più applicabile” che è stato pubblicato il 30 ottobre 2013 sul sitohttp://wwww.lexambiente.it alla pagina http://lexambiente.it/beni-ambientali/169-dottrina169/9941-beni-ambientali-il-silenzio-assenso-nei-parchi-non-e-piu-applicabile.html.

La Sentenza ribalta la tesi della piena vigenza dell’istituto del silenzio, sostenuta con la precedente Sentenza del Consiglio di Stato n. 6591 del 29 dicembre 2008, ma emanata dalla Sezione Sesta, nonostante la vigenza del comma 4 dell’art. 20 della l. 241/90, novellato dalla l. 80/2005, che di fatto impediva il formarsi del silenzio assenso in materia ambientale.

La suddetta sentenza ha riguardato un caso analogo di un Piano di Utilizzazione Aziendale (PUA)  che avrebbe voluto realizzare  con la costruzione di una casa agricola in via Frascati – Muscolo l’amministratrice e legale rappresentante della Tenuta Fonteia Società Agricola s.r.l., ricadente sempre all’interno del parco dei Castelli Romani in Comune di Grottaferrrata.

Dopo che il 28 luglio 2005 il Comune ha approvato il P.U.A., la titolare in data  25 gennaio 2006 ha presentato all’Ente Parco dei Castelli Romani domanda di rilascio di nulla osta, su cui ha ritenuto maturato il silenzio-assenso il successivo 25 marzo 2006 a causa del decorso dei 60 giorni.

Con delibera n. 42 del 14 marzo 2006 il comune di Grottaferrata ha  ratificato il P.U.A. ed ha approvato lo schema di convenzione poi sottoscritta il successivo 14 settembre del 2006:  ed dando atto del silenzio assenso ha rilasciato il permesso di costruire n. 117 del 16 novembre 2006.

Ma con nota  del 2 aprile 2007 l’Ente Parco dei Castelli Romani ha comunicato il preavviso del diniego di nulla osta, poi confermato con nota prot. n. 4066 dell’11 giugno 2007, che ha costretto il Comune di Grottaferrata a disporre la sospensione dei lavori con nota prot. n. 22509 del 31 maggio 2007.

La titolare ha allora presentato il ricorso n. 6219 del 2007 presso la Sezione Seconda Bis del TAR del Lazio, che con Sentenza n. 1512 del 19 febbraio 2008 ha respinto il ricorso con le stesse motivazioni poi espresse poco dopo con la sentenza n. 12341 del 13 dicembre 2007.

Con ricorso al Consiglio di Stato n. 3927 depositato il 13 maggio 2008 la sig.ra Rosella Pandolci ha chiesto l’annullamento della sentenza del TAR del Lazio n. 1512/2008.

Con Ordinanza cautelare n. 5531 del 17 ottobre 2008 la Sezione Sesta del Consiglio di Stato ha accolto la richiesta di sospensiva della sentenza del TAR di cui ha sospeso l’efficacia.

Con Sentenza del Consiglio di Stato n. 6591 del 29 dicembre 2008 la Sezione Sesta ha accolto l’appello ed ha annullato la sentenza del TAR del Lazio n. 1512/2008 con le seguenti motivazioni: “Deve ritenersi che tale speciale forma di silenzio assenso, prevista a livello statale dall’art. 13 della legge n. 394/1991, non sia stata implicitamente abrogata a seguito dell’entrata in vigore della riforma della legge n. 241/90 (l. n. 80/2005).

Infatti, il novellato art. 20 della legge n. 241/90 ha in primo luogo inteso generalizzare l’istituto del silenzio assenso, rendendolo applicabile a tutti i procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, fatta salva l’applicazione delle ipotesi di denuncia di inizio attività, regolate dal precedente art. 19.

Rispetto a tale generalizzazione il comma 4 dell’art. 20 ha introdotto alcune eccezioni in determinate materie, tra cui quelle inerenti il patrimonio culturale e paesaggistico e l’ambiente, che riguardano non l’impossibilità in assoluto di prevedere speciali ipotesi di silenzio assenso, ma l’inapplicabilità della regola generale dell’art. 20, comma 1.

In sostanza, la generalizzazione dell’istituto del silenzio assenso non può applicarsi in modo automatico alle materie indicate dall’art. 20, comma 4, ma ciò non impedisce al legislatore di introdurre in tali materie norme specifiche, aventi ad oggetto il silenzio assenso, a meno che non sussistano espressi divieti, derivanti dall’ordinamento comunitario o dal rispetto dei principi costituzionali.

Il dato testuale del comma 4 dell’art. 20 è chiaro: “Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente … “; l’eccezione riguarda solo “le disposizioni del presente articolo” e non può essere estesa a disposizioni precedenti, aventi ad oggetto il silenzio assenso, rispetto alle quali i commi 1, 2 e 3 dell’art. 20 della legge n. 241/90 nulla hanno innovato.

Tali disposizioni restano, quindi, in vigore e, del resto, se, come appena detto, l’art. 20, comma 4, non impedisce l’introduzione di norme speciali, dirette a prevedere il silenzio assenso anche nelle materia menzionate dal comma 4, non può che ritenersi che eventuali norme speciali preesistenti, quali l’art. 13 della legge n. 394/1991, restano in vigore.

Tale tesi, oltre ad essere conforme al dato testuale della disposizione, si pone in linea con la stessa ratio della riforma della legge n. 241/90, che è stata quella di generalizzare l’istituto del silenzio assenso ed è irragionevole ritenere che tale generalizzazione abbia comportato un effetto abrogante su norme, che tale istituto già prevedevano.

L’art. 13 della legge n. 39471991 è, quindi, vigente e, di conseguenza, non assumono rilievo le ulteriori questioni del rapporto tra normativa regionale e statale a seguito degli interventi riformatori della legge n. 241/90 e della natura del rinvio alla legge statale operato dalla legge regionale n. 29/1997.

Anche sulla decisione del Consiglio di Stato n. 6591 del 2008 il dott. Fulvio Albanese ha fatto un breve commento con la nota intitolata “Il silenzio assenso ex art. 13 L. 394/1991 è costituzionalmente illegittimo?” che è stata pubblicata sul sito http://www.lexambiente.it a dicembre del 2009.

Assistiamo così a due sentenze che sono state pronunciate da due distinte Sezioni del Consiglio di Stato e che sono di significato esattamente opposto tra di loro, ma che purtroppo dovrebbero entrambe valere con riferimento ai casi su cui si sono pronunciate, determinato in tal modo una evidente disparità di trattamento per giunta nell’ambito dello stesso Parco dei Castelli Romani.

Speriamo almeno che sul piano giurisprudenziale prevalga il criterio cronologico, in base al quale la sentenza successiva prevale su quella precedente e si debba quindi applicare anche in tutti i casi futuri, ovunque avvengano.

Su “Nulla-osta nelle aree naturali protette e formazione del silenzio-assenso” il dott. Fulvio Albanese ha scritto un approfondito articolo pubblicato sul sito http://www.ambientediritto.it alla paginahttp://www.ambientediritto.it/dottrina/Dottrina_2010/nulla_osta_aree_protette_albanese.htm a conclusione del quale “non si ritiene possibile l’applicazione della procedura di silenzio-assenso per i seguenti motivi:

1) in virtù della disposizione dell’art. 15 delle preleggi – in presenza di una nuova legge che regola l’intera materia già regolata da una legge anteriore – non può che sussistere l’abrogazione tacita della norma precedente incompatibile.

2) La Corte costituzionale ha più volte ribadito che nella materia ambientale (nella quale è ricompresa l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette in funzione della disciplina dettata dalla legge n. 394 del 1991 in attuazione degli artt. 9 e 32 della Costituzione) vige un principio fondamentale, da interpretarsi unitariamente nel sistema, secondo cui il silenzio dell’amministrazione preposta al vincolo ambientale non può avere valore di assenso; 3) La l. 6 dicembre 1991, n. 394 «Legge quadro sulle aree protette» deve essere oggi applicata nel rispetto degli obblighi sottoscritti con i seguenti trattati:

a) Trattato su funzionamento della Unione europea che vincola gli Stati membri ad attuare politiche che garantiscono un elevato livello di tutela dell’ambiente. Infatti, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha ribadito che, secondo giurisprudenza consolidata, un’autorizzazione tacita in materia ambientale non può essere ammessa, quando sono previste procedure di valutazione che ne precedono il rilascio. In tal caso le autorità nazionali sono tenute ad esaminare caso per caso tutte le domande di autorizzazione presentate; b) Convenzione sulla diversità biologica ratificata con l. 14 febbraio 1994, n. 124 «Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla biodiversità, con annessi, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992», che impegna lo Stato italiano ad intraprendere nelle aree protette (in situ) concrete misure finalizzate alla conservazione della diversità biologica a livello di geni, popolazioni, specie, habitat ed ecosistemi. La realizzazione d’interventi o attività con procedura di silenzio-assenso è dunque incompatibile con le finalità della Convenzione. 

In questi giorni la 13° Commissione Ambiente del Senato sta finendo di svolgere le audizioni sulle tre proposte di legge di modifica della legge quadro sulle are protette n. 394/1991: il 9 ottobre 2013 si è svolta quella con WWF e VAS che per l’occasione ha presentato le sue osservazioni, di cui si è parlato in questo sito.

Ad integrazione di quelle osservazioni il dott. arch. Rodolfo Bosi ha trasmesso alla Commissione Ambiente una osservazione integrativa con cui chiede l’abrogazione dal 1° comma dell’art. 13 della legge n. 394/1991 delle 2 espressioni che legittimano l’istituto del silenzio-assenso, non più valido in quanto abrogato di fatto da una norma successiva come per l’appunto il 4° comma dell’art. 20 dell’art. 20 della legge n. 241/1990, riconosciuto cogente sulla legge n. 394/199 dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 5188 del 28 ottobre 2013.

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