Il 17 maggio 2013 dalla rete associativa che è riuscita a far approvare dal Consiglio Regionale la sua proposta di legge popolare su “cultura e diffusione dell’energia solare”, l’attuale Legge della Regione Campania n. 1 del 18 febbraio 2013, il 17 maggio 2013 è nata la “Rete Campana per la Civiltà del Sole e della Biodiversità”, associazione senza fini di lucro, che s’ispira a principi di democrazia partecipativa e che ha come scopo l’attivazione di un ampio processo di promozione della cultura della civiltà del sole e della biodiversità.
Di interesse primario per la Rete è quindi la tutela del patrimonio del territorio e della biodiversità oltre alla spinta verso una riconversione dell’intero sistema energetico regionale attraverso l’utilizzo dell’energia solare e di quelle rinnovabili più in generale.
Il comitato promotore ha spiegato anche da dove é nata la necessità di creare una vera e propria Rete: “Con la pubblicazione sul BURC del 25 febbraio scorso, sembrava essersi concluso, come meglio non si poteva, il meraviglioso percorso per rendere legge della regione Campania la Legge di Iniziativa popolare sulla Cultura e Diffusione della Energia Solare. Purtroppo, per gli immani interessi messi in discussione dalla nostra legge, vi è stato invece un violentissimo attacco ad essa, a livello sia nazionale sia regionale, addirittura utilizzando, in totale contrasto con lo Statuto Regionale, la Legge Finanziaria Regionale per cancellarla. La mobilitazione attivata e la grande battaglia sostenuta hanno costretto il Governo Centrale a ridurre la impugnazione ai soli, pur importanti, articoli 4 e 5 e comma 2 dell’Art.11. La Regione è andata avanti invece con l’abrogazione di questi stessi punti, con la spudorata aggiunta dell’Art. 8 relativo alle incentivazioni, per l’evidente motivo di avere totale mano libera, fuori da ogni programmazione e controllo, nei finanziamenti e nelle scelte. Si apre perciò ora una fase nuova di elevata valenza e di grandissimo impegno per ripristinare la integrità della legge popolare, per controllare con un vero Osservatorio finanziamenti e scelte che vengono fatte dalla Regione e in Campania, e per attuare tutti i contenuti della nostra legge, strettamente coniugati ad una fortissima crescita del consenso, della sensibilità e della cultura del Solare, in stretta e necessaria simbiosi con la cultura della Biodiversità. Ciò richiama la necessità di superare il Comitato Promotore della legge per attivare una vera Rete Campana per la Civiltà del Sole e della Biodiversità, estendendo la diretta partecipazione delle associazioni, dei comitati, dei gruppi, delle istituzioni e dei cittadini, che condividono i contenuti della legge e la sua armonizzazione con la Cultura della Biodiversità e sono interessati alla loro attuazione“.
In tale prospettiva, la Rete Campana per la Civiltà del Sole e della Biodiversità ha proposto all’intero movimento che si batte per “rifiuti zero” e per la bonifica delle aree avvelenate una riflessione sul progetto “Dalle Ecoballe alle Piramidi del Sole”, che prevede l’utilizzo dell’intera area di stoccaggio delle ecoballe per la produzione di Energia dal Sole.
In tal modo si tutelerebbe il sottosuolo, creando qualificato lavoro e fornendo alle Comunità locali energia a bassissimo costo quale risarcimento, seppur infinitesimo, degli immani danni subiti.
Pirámide del Sol è il nome dato dai Messicani alla costruzione sacra che da 1900 anni si erge maestosa a Teotihuacan, a 45 km dall’attuale Città del Messico: alta quasi 71 metri e con un perimetro alla base di quasi 94 metri, questa piramide a scaloni è stata costruita dagli Aztechi nel II secolo d.C. per concentrare su di sé l’energia cosmica, in una città che – nell’antica lingua nahuati – significava non a caso “luogo degli dei”.
Il riferimento un po’ blasfemo ad una delle costruzioni più sacre agli Aztechi è venuto in mente ai membri della Rete Campana per la Civiltà del Sole e della Biodiversità mentre stavamo discutendo sul destino delle profanissime e maleodoranti “piramidi della munnézza”, costituite da 3 milioni di tonnellate di c.d. ecoballe di rifiuti, stivate da molti anni nel Giuglianese e in parecchi altri siti della Campania: una delle meraviglie della follia umana, cui perfino Le Monde ha dedicato in questi giorni un servizio, sottolineando l’assurdità di quella “discarica d’Italia”, che l’autorevole quotidiano francese ha definito “un disastro ecologico e sanitario”.
È stato durante quella discussione che si è accesa in testa la classica lampadina delle idee geniali al gruppo di persone che hanno voluto fortissimamente una legge popolare che rendesse la Campania la prima regione a proclamarsi “solare” e ad agire di conseguenza, riuscendo perfino a farla approvare dal Consiglio Regionale più inerte d’Italia.
Ed è stato proprio in una delle riunioni della Rete Campana per la Civiltà del Sole e della Biodiversità (RCCSB) che è stato ipotizzato di trasformare quei criminali monumenti all’insipienza umana e agli interessi di pochi in un luogo di produzione di energia solare pulita, senza limiti e per tutti: col passar del tempo quell’idea, ancora vaga, è diventata sempre più concreta, grazie all’eccellente lavoro di squadra degli ingegneri della Rete, che hanno realizzato – in poco tempo e quasi senza risorse – un progetto di massima esaltante, con tanto di dati relativi a costi e benefici.
Il fatto è che, con buona pace degli antichi abitanti del Messico e delle teorie astrologiche degli Aztechi e dei Maya, le “piramidi del sole” che sono state immaginate sui siti di stoccaggio delle famigerate ecoballe potrebbero davvero diventare una centrale di energia rinnovabile: una centrale ecologica alternativa all’inceneritore, che ne costerebbe la metà e creerebbe in loco preziose occasioni di lavoro e di sviluppo eco-sostenibile.
Sogni, fantasie? Niente di tutto ciò, solo calcoli, certamente ancora approssimativi ma che partono da una constatazione ancora più semplice ed evidente: in Europa ed anche in alcune regioni italiane si sta diffondendo la tendenza ad ovviare alla evidenti carenze di combustibili fossili lanciandosi speculativamente e senza regole sulle rinnovabili.
Il business del solare e dell’eolico, in particolare, ha suggerito ai soliti noti che è possibile mettere le mani su vaste aree agricole, sottraendole alla loro funzione produttiva o comunque ambientale tappezzandole a proprio piacimento di pannelli fotovoltaici o costellandole di pali eolici: ma questo è proprio quanto la RCCSB vuole evitare che accada, diffondendo sì la cultura e la pratica delle energie rinnovabili, ma entro regole ben precise e stando attenti a salvaguardare la biodiversità dei luoghi e la preziosità del territorio.
Ebbene, uno dei principi suggeriti dalla Rete a chi, istituzionalmente, dovrà elaborare i “piani energetici solari comunali” (PESC) previsti dalla legge approvata quasi un anno fa è non a caso, la tutela dell’ambiente dalle speculazioni, anche quelle pseudo-ecologiche.
Il vero pericolo per l’affermazione di quella che è stata voluta chiamare “Civiltà del Sole” , infatti, sono spesso gli “eco-ballisti” che spacciano le loro misere speculazioni come operazioni di rilievo ambientale: oppure quelli che continuano a parlare di “termovalorizzatori” per addolcire la pillola amara degli inceneritori che bruciano rifiuti che invece potrebbero essere per tre quarti riciclati.
Contrastare questi signori sarà possibile solo se le regioni e gli enti locali stabiliranno che per la realizzazione d’impianti energetici alternativi dovranno essere utilizzate solo aree già compromesse o degradate sotto il profilo ambientale, cercando in ogni caso – ad esempio nelle aree urbanizzate – di garantire un uso plurimo del suolo, coniugando più attività produttive sullo stesso sito.
Ai membri della Rete questo è sembrato un principio chiaro e soprattutto sensato: il guaio è che gli interessi personali e di gruppo vanno in tutt’altra direzione, rallentando o addirittura boicottando l’applicazione di quella che dall’inizio del 2013 è innegabilmente una legge-quadro della Regione Campania.
Eppure questo stesso Ente ha già cercato vergognosamente di rinnegare, emendare e sterilizzare tale normativa, per la prima volta proposta e promossa dagli stessi cittadini: anche la proposta progettuale delle “Piramidi del Sole” sembra chiara, semplice ed economica, con un vantaggioso rapporto costi-benefici.
Eppure si stenta a farla circolare, mentre i media fanno finta di non accorgersi della sua rivoluzionaria potenzialità e le istituzioni che dovrebbero farsene carico – dal Comune di Napoli alla stessa Regione – sembrano refrattari agli stimoli che la Rete non ha mai smesso di fornire.
L’ultimo esempio è stata la presentazione pubblica del progetto alternativo all’inceneritore, tenuta nel pomeriggio del 19 dicembre 2013 nella sala “Nugnes” del Consiglio Comunale di Napoli che sette mesi prima aveva dichiarato all’unanimità di “aderire e sostenere” la legge popolare sul Solare in Campania.
Nella sua introduzione all’incontro, Anna Maria Cicellyn Commeno (vice presidente RCCSB) ha spiegato come, dopo la vittoria ottenuta sul terreno dell’approvazione di una norma profondamente alternativa, nata da un movimento dal basso, era necessario adoperarsi perché la Regione ne riconoscesse le enormi potenzialità, applicandola soprattutto nella parte che prevede che i Comuni diventino protagonisti di una pianificazione energetica decentrata.
Anna Maria Cicellyn Commeno
Una delle Linee Guida proposte per la redazione del Piani Solari Comunali, fra l’altro, prevede che l’energia solare ricavata dai nuovi impianti non occupi neanche un metro di superficie agricola ma utilizzi invece aree degradate del territorio regionale: di qui la proposta della Rete – che aveva aderito alla manifestazione contro il biocidio di #fiumeinpiena – di realizzare un parco solare a copertura delle famigerate “ecoballe” , trasformate così in “piramidi del sole”.
Entusiasmo per tale idea ha espresso nel suo intervento Elena Coccia (vice presidente del Consiglio Comunale di Napoli), la quale ha ricordato che l’assemblea cittadina aveva a suo tempo approvato una delibera di unanime sostegno della proposta poi diventata legge regionale, condividendone le finalità: la proposta della Rete va nella direzione di un’alternativa energetica che affronta anche uno degli aspetti più gravi del degrado del territorio, quello delle discariche, abusive e no, che hanno profondamente inquinato il suolo della Campania.
Elena Coccia
L’illustrazione delle finalità e della filosofia generale del progetto è stata affidata ad Ermete Ferraro (vice presidente RCCSB e membro del Consiglio nazionale di VAS), il quale ha ricordato le tappe della non facile attuazione di una legge che mette i bisogni della popolazione e le risorse del territorio in stretto rapporto con la produzione di energia pulita e rinnovabile: questa pianificazione energetica decentrata può così diventare il volano di uno sviluppo alternativo, equo ed ecocompatibile, promuovendo nuova occupazione e ridando dignità a territori degradati, la cui immagine verrebbe finalmente rilanciata e le cui risorse sarebbero pienamente valorizzate.
Ermete Ferraro
La presentazione dei dati tecnici dell’ipotesi progettuale è stata poi svolta dai due ‘tecnici’ che hanno valutato il progetto stesso ed i suoi costi e benefici.
Gli ingegneri Agapito Di Tommaso e Giuseppe Buono (entrambi membri dell’osservatorio tecnico-giuridico della RCCSB) hanno mostrato in sintesi le caratteristiche della proposta, che prevede la copertura con pannelli fotovoltaici di almeno 800.000 del 1.000.000 di mq. disponibili dell’area occupata dalle “ecoballe “ di Taverna del Re, per un totale di 120.000 KW installabili e 200.000.000 di KWh producibili annualmente: questo enorme risultato è reso ancora più significativo dal fatto che consentirebbe di risparmiare, ogni anno, 35.000 tonnellate di petrolio equivalente (TEP) ed eliminerebbe l’immissione nell’atmosfera di 100.000 tonnellate annue di micidiale anidride carbonica, con effetti estremamente positivi sul piano ambientale.
Agapito Di Tommaso
Lo stesso piano economico mostra la vantaggiosità di questa alternativa ad un inceneritore che nessuno vuole, duramente contestato dalla popolazione, che costerebbe ben 200 milioni di euro in più rispetto al parco solare ipotizzato.
È intervenuto a questo punto il vice sindaco di Napoli, Tommaso Sodano, che ha espresso apprezzamento e condivisione nei riguardi del progetto, suggerendo di renderlo ancora più forte grazie al confronto con la stessa amministrazione comunale e con le popolazioni locali, per scongiurare la realizzazione dell’inceneritore a Giugliano e ridare vita e dignità a quel territorio.
Tommaso Sodano
Sono seguiti poi vari altri interventi, fra cui quello di un’operatrice turistica – Simona Pucciarelli – che ha manifestato entusiastico consenso per un’idea davvero innovativa, che potrebbe contribuire alla valorizzazione della Campania, riscattandone l’immagine pubblica con una realizzazione di altissimo livello.
Simona Pucciarelli
Claudio Pellone, membro della Rete ma anche attivista del movimento campano dei cittadini per un piano alternativo dei rifiuti, si è soffermato sulla valenza alternativa della proposta, che si presenta peraltro aperta ad osservazioni ed integrazioni e costituisce quindi una grande esperienza di programmazione decentrata e dal basso, del tutto opposta alle decisioni verticistiche assunte da istituzioni spesso inerti o inadempienti.
Claudio Pellone
Aldo Pappalepore ha poi aggiunto che questa esperienza di partecipazione deve saldarsi sempre più con le azioni di altri movimenti, come quelli che si battono per i beni comuni, allargando e rinforzando la rete di chi si oppone alle privatizzazioni ed al degrado ambientale.
Aldo Pappalepore
I cittadini di Giugliano presenti, attivisti del movimento contro il biocidio e l’inceneritore, si sono espressi favorevolmente nei confronti del progetto “dalle ecoballe alle piramidi del sole” ed un loro esponente, Lucio Righetti, ha manifestato interesse per un prossimo incontro pubblico che rilanci il confronto e valuti i vari aspetti dell’alternativa proposta.
Lucio Righetti
Le conclusioni sono state affidate ad Antonio D’Acunto (presidente della RCCSB e Coordinatore di VAS per la Regione Campania) che ha raccolto le osservazioni e le proposte emerse dal dibattito ed ha espresso soddisfazione per come sta procedendo il confronto pubblico su un progetto che porrebbe la Campania all’avanguardia sul terreno delle energie rinnovabili, risolvendo anche uno dei gravi problemi legato allo scempio delle risorse ambientali di questa regione.
Antonio D’Acunto
“Trasformare le ‘piramidi della spazzatura’ in un luogo di produzione di energia pulita e a costo zero alla fonte – ha spiegato D’Acunto – è un’idea eccezionale, che produrrebbe risultati altrettanto eccezionali sul piano dell’occupazione e dello sviluppo ecologicamente compatibile. Impedire che la crisi delle fonti energetiche fossili provochi un assalto selvaggio e speculativo al territorio, tutelandone la biodiversità e la produttività agricola, è un obiettivo che la proposta della Rete considera prioritario e per il quale continuerà a battersi”.
I NUMERI DEL PROGETTO >>
- 1.000.000 mq disponibili.
- 120.000 kWp installabili di Fotovoltaico.
- 200.000.000 kWh producibili annui.
- 35.000 Tonnellate di P.E.T. (petrolio equivalente) risparmiate ogni anno.
- 100.000 Tonnellate di CO2 annue non immesse in atmosfera.
- 240 milioni di euro di investimento (210 milioni in meno dell’inceneritore)
- < 10 anni: tempo di ritorno dell’investimento
I VANTAGGI DEL PROGETTO >>
1. produzione di energia totalmente pulita e sempre disponibile, indipendentemente da conflitti, guerre di mercati, per un tempo illimitato fino a quando lo decide la comunità locale, a consumo suolo e costo alla fonte zero. I soli costi sono quelli dell’ammortamento del costo dell’impianto e dell’esercizio e manutenzione della rete;
2. contributo contro l’effetto serra e l’inquinamento atmosferico e del suolo dalle ricadute delle emissioni di qualsiasi camino di centrale termoelettrica o inceneritore, con fondamentali ricadute positive sulla tutela della salute delle persone e della “intera vita” dell’area;
3. maggior protezione del sottosuolo e delle falde acquifere, giacché l’acqua piovana – intercettata dalla struttura per i pannelli fotovoltaici – sarà raccolta ed utilizzata per altri usi anche a distanza;
4. creazione di tecnologia e di nuovo lavoro;
5. conservazione della materia delle ecoballe, per un loro eventuale recupero;
6. sperimentazione di un modello di partecipazione della popolazione alle decisioni sul futuro del territorio;
7. possibilità di vendere l’energia ricavata per finanziare la riqualificazione naturalistica, storica e culturale del territorio;
8. costo dell’operazione di gran lunga inferiore alla realizzazione dello inceneritore che si vorrebbe costruire nell’area, principalmente per smaltire le ecoballe.