Inquinamento da piombo nelle munizioni da caccia

ASS_VITTIMEUno dei più importanti interventi alla tavola rotonda che si è tenuta ad Osimo il 28 settembre scorso è stato quello fatto da Alessandro Andreotti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) che ha illustrato il rapporto realizzato assieme a Fabrizio Borghesi su incarico del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e stampato ad ottobre del 2012.

Per opportuna conoscenza di chi vuol saperne di più si rimette di seguito in allegato il volume “Andreotti A., Borghesi F. 2012. Il piombo nelle munizioni da caccia: problematiche e possibili soluzioni. Rapporti ISPRA, 158/2012”.

Immagine.copertina inquinamento da piombo

Rapporto inquinamento da piombo

In questa sede se ne riportano sinteticamente i passaggi che lasciano capire soprattutto i rischi sulla salute umana da inquinamento da piombo, che vanno addirittura anche oltre la caccia.

Il piombo è un metallo tossico utilizzato dall’uomo da migliaia di anni per una molteplicità di usi diversi.

La crescente evidenza della pericolosità di questo materiale per la salute e per l’ambiente negli ultimi decenni ha portato ad una serie di bandi volti a vietarne l’utilizzo in molti settori: ad oggi sono stati introdotti divieti nella produzione delle benzine, delle vernici, dei giocattoli, delle tubazioni, delle leghe per saldature, dei pesi per l’equilibratura dei pneumatici, dei pesi da pesca.

Da tempo in diversi Paesi occidentali è proibito anche l’utilizzo di munizionamento contenente piombo per la caccia nelle zone umide, dal momento che gli uccelli acquatici tendono a ingerire i pallini sparati che si depositano sul fondo degli stagni e delle paludi, rimanendone intossicati.

In realtà, numerosi studi condotti in diversi contesti ambientali hanno dimostrato come l’utilizzo delle munizioni da caccia contenenti piombo possa avere effetti negativi su molte specie di animali terrestri, sull’ambiente e persino sulla salute umana.

Le problematiche derivanti dall’impiego del piombo nelle munizioni da caccia sono state affrontate per le implicazioni legate alla conservazione dell’avifauna delle zone umide, all’interno di una serie di iniziative condotte dall’ISPRA per ottemperare agli obblighi dell’Italia derivanti dall’adesione ad un accordo internazionale per la conservazione degli uccelli acquatici (AEWA).

Mentre si lavorava per approfondire questa problematica, nell’ambito delle attività condotte per la redazione del Piano d’azione nazionale per il Capovaccaio è emerso come l’uso del piombo nelle cartucce da caccia determini effetti negativi anche sulle popolazioni di avvoltoi e, più in generale, di numerosi uccelli rapaci: si è deciso pertanto di estendere il campo di indagine anche agli ecosistemi terrestri.

I risultati di questa ricerca sono stati per molti versi inaspettati: numerose specie di uccelli sono esposte al rischio di avvelenamento da piombo, in seguito non solo dell’ingestione dei pallini utilizzati per la caccia della piccola selvaggina, ma anche delle schegge dei proiettili impiegati per abbattere gli ungulati.

Seguendo questo filone di indagine sono emersi ulteriori aspetti allarmanti riguardanti l’inquinamento dei suoli e le problematiche per la salute umana di chi consuma carne di selvaggina: anche su questi temi sono stati effettuati  approfondimenti specifici.

Su alcuni argomenti, riguardanti in particolare le implicazioni per la salute umana e per la conservazione degli uccelli da preda, di recente si è sviluppato un considerevole interesse da parte della comunità scientifica: negli ultimi anni il numero di articoli su riviste internazionali è andato via via aumentando, per cui è prevedibile che nel prossimo futuro il quadro delle conoscenze sarà ulteriormente migliorato.

La tossicità del piombo e dei suoi composti è nota da alcune migliaia di anni, tuttavia solo di recente si sono compresi meglio gli effetti delle esposizioni a bassi livelli di concentrazione, grazie ai progressi delle scienze biomediche ed in particolare allo sviluppo di indagini epidemiologiche condotte su vasta scala.

Le conseguenze sulla salute note dall’antichità sono riconducibili ad elevata esposizione in un breve intervallo di tempo, come quella che si verifica inalando vapori o polveri in ingenti quantità: in questi casi si manifestano rapidamente sintomi evidenti, che in genere comportano un peggioramento del quadro clinico fino a causare coma e morte (intossicazione acuta).

Molto meno manifesti sono gli effetti legati ad una bassa esposizione protratta per lunghi periodi, da mesi ad anni: anche in questi casi l’organismo può subire danni rilevanti, pur non mostrando un’evidente sintomatologia (intossicazione cronica o sub-clinica).

Il principale motivo per cui questo metallo risulta tossico per una molteplicità di organismi animali e vegetali è dovuto alle modalità con cui interagisce con i processi vitali.

Il piombo normalmente non è presente all’interno di cellule e tessuti, ma può superare le barriere che ostacolano la penetrazione delle sostanze estranee (xenobiotici) utilizzando le stesse vie seguite dal calcio, che, al contrario, è un elemento fondamentale per tutti gli esseri viventi.

Una volta penetrato nelle cellule, il piombo causa disordini metabolici che provocano effetti su diversi apparati (nervoso, respiratorio, escretore, digerente, circolatorio, endocrino); inoltre si sospetta che possa determinare l’insorgenza del cancro: sin dall’antichità, l’avvelenamento da piombo è noto con il termine di SATURNISMO.

Sintomatologia – Nei casi più gravi di saturnismo acuto, si manifestano coliche addominali, costipazione, affaticamento, anemia, neuropatia a livello periferico e nella maggior parte dei casi alterazioni delle funzioni del sistema nervoso centrale. In situazioni estreme, in cui la vita viene messa a repentaglio, si può giungere a encefalopatia acuta conclamata, con coma e convulsioni.

Anche nei casi in cui si riesca a superare la fase critica, si possono comunque riportare modificazioni neurologiche e comportamentali permanenti.

Esposizioni a dosi inferiori possono portare solamente a cefalee o anomalie del comportamento (intossicazioni sub-acute).

L’intossicazione cronica si manifesta invece con lentezza e con una progressione di sintomi per lo più comuni a molte altre patologie, come ad esempio l’anemia, la debolezza, l’alta pressione sanguigna, l’affaticamento o l’alterazione del funzionamento del tratto gastrointestinale e del sistema nervoso centrale. Uno degli effetti più subdoli dell’esposizione a basse dosi di piombo si determina soprattutto durante la formazione del sistema nervoso e le fasi dello sviluppo cerebrale: l’accertamento del saturnismo in questi casi è difficoltoso e può avvenire solamente verificando un aumento di livello della concentrazione del piombo nel sangue o attraverso la ricerca di molecole specifiche che testimoniano l’azione del piombo sui processi di formazione dell’emoglobina.

Il destino del piombo negli organismi – Il piombo può essere assorbito per inalazione, contatto con la pelle o ingestione.

Nei primi due casi passa direttamente nel circolo sanguigno, mentre a seguito di ingestione viene espulso in parte con le feci o attraverso i boli (agglomerati di ossa, peli, penne e altre parti non digeribili, che molte specie di uccelli rigurgitano).

Negli uomini adulti generalmente viene assorbito dal 3 al 15% del quantitativo ingerito, mentre nei bambini l’assorbimento può raggiungere il 50%: queste percentuali possono aumentare in fase di digiuno, in carenza di calcio, oppure in condizioni di stress, come nel caso di malattie, di ferite o di gravidanza.

Attraverso la circolazione sanguigna il piombo assorbito penetra nei diversi tessuti e nei diversi organi, soprattutto nel fegato, nei reni e nelle ossa.

Nel sangue e nei tessuti molli (reni, midollo osseo, sistema nervoso, ecc.) permane per un periodo relativamente limitato (da diverse settimane a qualche mese, in relazione ai quantitativi assorbiti): nei giorni successivi all’esposizione, le maggiori concentrazioni si registrano nei reni.

La frazione che raggiunge i tessuti molli è responsabile della maggior parte degli effetti tossici sull’organismo e quindi è la più pericolosa.

Oltre agli uccelli e ai mammiferi, il piombo è in grado di esercitare un’azione tossica nei confronti di numerosi altri organismi: è disponibile un’ampia letteratura scientifica inerente all’assimilazione del piombo da parte delle alghe, delle piante superiori, degli invertebrati e dei pesci.

A livello molecolare sono state evidenziate anomalie quali inibizione della formazione di clorofilla, alterazione della chimica del sangue e delle funzionalità enzimatiche, blocco della sintesi di vitamine, mentre, riguardo agli apparati, sono state osservate disfunzioni del sistema endocrino e del sistema nervoso: infine, a livello di organismi, si possono citare casi di rallentata metamorfosi negli anfibi e ridotta capacità di nuotare controcorrente nei pesci.

Il destino degli animali colpiti da saturnismo – In condizioni naturali, gli uccelli affetti da saturnismo acuto possono essere facilmente predati prima che il decorso dell’avvelenamento li porti alla morte.

 Nei casi in cui riescono ad evitare la predazione, questi animali rimangono isolati dagli altri e si rifugiano tra la vegetazione o tra le rocce, dove finiscono per morire di inedia.

Generalmente la morte sopraggiunge in tre settimane, tuttavia, alcuni soggetti riescono a riprendersi e a sopravvivere: si è visto comunque che questi uccelli faticano a trovare un compagno, a costruire il nido, a deporre le uova e ad allevare i piccoli.

Nelle forme di intossicazione cronica il calo progressivo delle prestazioni aumenta la probabilità che gli animali incorrano in eventi traumatici fatali (ad esempio, impatti con veicoli, vetrate, cavi sospesi, pale eoliche) o siano vittima di predatori e cacciatori.

I mammiferi intossicati sono ugualmente esposti ad una maggiore mortalità, a seguito delle ridotte capacità di reazione rispetto agli stimoli esterni: si è i Inoltre dimostrato che il piombo può indurre la formazione di neoplasie, in particolare tumori.

L’esposizione al piombo nelle fasi di sviluppo fetale o di prime fasi della vita porta ad una diminuzione delle capacità di apprendimento e nelle funzioni motorie, con conseguenze sulla probabilità di sopravvivenza nel lungo periodo.

Comportamento del piombo nel terreno e nei sedimenti – Il destino del piombo nel terreno è stato indagato soprattutto in corrispondenza di poligoni di tiro, di aree minerarie dove vengono estratti minerali contenenti piombo, di discariche e di arterie stradali: indipendentemente dalla sorgente di dispersione, una volta nel terreno il piombo metallico tende a comportarsi in modo analogo, a parità di condizioni ambientali.

Quando proiettili e pallini vengono sparati, sfregano contro la canna del fucile e impattano sul terreno: ciò determina abrasioni che portano alla formazione di una polvere fine di piombo che viene rapidamente alterata e trasformata in composti reattivi.

Una volta nel terreno, il proiettile o i pallini, a contatto con l’aria, l’acqua e le diverse componenti del suolo, tendono ad alterarsi lentamente, a cominciare dalla parte più superficiale: il piombo metallico si ossida, dando luogo alla formazione di ossidi, idrossidi, carbonati o solfati che formano una crosta esterna.

Le reazioni che si determinano dipendono dalla composizione chimica del substrato e dalla conseguente disponibilità di elementi nella matrice del suolo: successivamente questi composti si disciolgono, liberando cationi bivalenti solubili (Pb2+), che tendono ad associarsi alla materia organica del suolo.

Il tempo necessario perché tutto il piombo di un pallino si dissolva varia molto in relazione alle condizioni chimiche del terreno e può richiedere da 30 a 300 anni: la disgregazione avviene più rapidamente in presenza di ossigeno e ad elevata acidità.

A seguito di questo processo di ossidazione, nelle aree ove si spara con frequenza con il passare degli anni la quantità di piombo inorganico che può essere mobilizzato nel terreno tende ad aumentare: mentre in condizioni naturali o di lieve inquinamento antropico le concentrazioni sono in genere molto basse, inferiori a 100 mg/kg, nei poligoni sono stati riscontrati valori molto più elevati, da 1 fino a 150 g/kg.

Molti studi hanno dimostrato come il piombo disperso nel terreno possa essere assunto da una grande varietà di specie appartenenti a gruppi sistematici differenti: Anellidi, Gasteropodi, Artropodi, Anfibi, Rettili, Mammiferi e Uccelli.

Alla fine del suo intervento il dott. Arch. Rodolfo Bosi ha fatto presente al dott. Alessandro Andreotti che anche per le nostre mucche che pascolano allo stato brado ci può essere il rischio di inquinamento da piombo disperso in pallini e scorie di essi sul terreno e gli ha chiesto conseguentemente quale sia il grado di rischio per tutti quelli di noi che arrivassero a mangiare quella carne: la sua risposta è stata per il momento molto rassicurante, perché – pur in assenza al momento di studi specifici su questo settore alimentare- ha parlato di percentuali bassissime.

Gli Autori di questo interessantissimo rapporto si auspicano che grazie a questo lavoro si apra in Italia un dibattito serio e costruttivo sul tema del piombo nelle cartucce da caccia, al termine del quale si potrà pervenire alla soluzione del problema, grazie alle munizioni alternative che già oggi sono disponibili.

Si dovrà prestare attenzione affinché tale dibattito non venga trasformato in uno scontro ideologico tra favorevoli e contrari alla caccia, ma si mantenga su un rigoroso piano tecnico, a vantaggio della fauna, dell’ambiente e soprattutto della salute umana.

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