Con riferimento al “piano casa” bisogna preliminarmente ricordare che con la legge n. 43 del 28 febbraio 1949 sono stati emanati i “Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori” che hanno costituito il vero ed unico “piano casa” con cui è stato attuato il piano straordinario di intervento dello Stato per realizzare edilizia residenziale pubblica su tutto il territorio italiano nell’immediato secondo dopoguerra, con i fondi gestiti da un’apposita organizzazione presso l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (la Gestione INA-Casa). Al termine di quel piano (1963) sono stati realizzati ben 355.000 appartamenti nei tanti quartieri “razionali” predisposti grazie anche al contributo di alcuni fra i più importanti architetti e urbanisti del tempo (da Carlo Aymonino a Ettore Sottsass, da Michele Valori a Mario Ridolfi). Nel marzo del 2009 il Governo Berlusconi ha promosso con il cosiddetto “Piano casa” un progetto di stampo “federalista” che dava la possibilità alle Regioni che lo avessero accettato di ampliare gli edifici esistenti del 20%, di abbattere edifici (realizzati prima del 1989) per ricostruirli con il 30% di cubatura in più, in base agli “odierni standard qualitativi, architettonici, energetici“, di abolire il permesso di costruire per sostituirlo con una certificazione di conformità giurata, da parte del progettista, di rendere più veloci e certe le procedure per le autorizzazioni paesaggistiche. Le Regioni hanno recepito il “piano casa” del Governo con proprie specifiche leggi. Con la Legge della Regione Veneto n. 14 dell’8 luglio 2009 è stato emanato il 1° Piano Casa del Veneto, la cui validità è stata poi prorogata fino al 30 novembre 2013 con la successiva della Regione Veneto n. 13 dell’8 luglio 2011. Un giorno prima della sua scadenza, con 28 voti favorevoli e 17 contrari (su un totale di 60) è stata approvata la Legge della Regione Veneto n. 32 del 29 […]