Pubblichiamo il seguente articolo di Gabriele Santoro ripreso da www.ansa.it. L’acqua del Lazio è, e sarà sempre, a gestione “pubblica e partecipata” perché si tratta di un “bene naturale e un diritto umano universale”, sottratto ai meccanismi della concorrenza commerciale. Quello che prima era un principio, emerso dal referendum nazionale del 2011, da oggi è legge. Il Consiglio regionale del Lazio ha infatti approvato all’unanimità la legge sull’acqua pubblica di iniziativa referendaria proposta da 39 Comuni, in testa quello di Corchiano (Viterbo), e sottoscritta da ben 40 mila cittadini. Per il governatore Nicola Zingaretti “abbiamo ancora una volta dimostrato che si può cambiare davvero il volto di questa regione. E’ un grande successo di cittadini e istituzioni che hanno combattuto insieme perché l’acqua restasse un bene di tutti“. A esultare sono oggi infatti soprattutto i comitati per l’acqua pubblica, che hanno seguito passo passo il dibattito in Aula: “Ora auspichiamo una reazione a catena delle altre Regioni – affermano oggi – Questa una legge che rimette al centro finalmente gli enti locali“. Il testo, infatti, sancisce che la gestione del servizio idrico integrato “deve essere svolta senza fini di lucro“, e dovrà avvenire a livello di bacino idrografico (i nuovi Ambiti saranno da individuare entro sei mesi), ognuno con un bilancio idrico sostenibile. Le Autorità di bacino, formate dagli enti locali coinvolti, Comuni in prima fila, dovranno gestire il sistema in modo integrato: tutti gli impianti, dagli acquedotti alle fognature, dovranno essere di proprietà pubblica. E per quegli enti locali che volessero subentrare nelle società di capitali, è stato istituito il Fondo di ripubblicizzazione, sostenuto dal bilancio regionale. Addio dunque ai vecchi ‘ATO’ (Ambiti Territoriali Ottimali), sì invece alle Autorità di Bacino idrico, che ogni anno dovranno predisporre “un report sulle perdite nelle reti“; alle Assemblee decisionali di […]