Gorbaciov: il nostro futuro sta in un patto sull’acqua

Articolo di Michail Gorbaciov pubblicato il 17 luglio 2014 sul quotidiano La Stampa.

Premio Nobel per la Pace e ultimo presidente dell’Unione Sovietica, Gorbaciov ha fondato nel 1993 con sede a Ginevra, Green Cross International, un’organizzazione non governativa indipendente che si occupa dei temi della sicurezza, della povertà e del degrado ambientale.

 Immagine.Gorbaciov

Michail Gorbaciov

A maggio il Vietnam è diventato il 35° e decisivo firmatario della Convenzione dell’Onu sugli usi dei corsi d’acqua internazionali a scopi diversi dalla navigazione.

Come risultato, 90 giorni dopo, il 17 agosto, la convenzione entrerà in vigore.

Il fatto che ci siano voluti quasi 50 anni per elaborare e infine raggiungere la soglia necessaria alla ratifica dimostra che c’è qualcosa di molto sbagliato nel moderno sistema di multilateralismo.

Indipendentemente dagli antichi disaccordi su come dovrebbero essere assegnate e gestite le risorse transfrontaliere di acqua dolce, e le comprensibili preferenze dei governi e dei professionisti del settore per accordi di bacino piuttosto che per gli strumenti giuridici internazionali, quest’attesa durata mezzo secolo può essere spiegata solo da una mancanza di leadership politica.

Quindi, se il mondo può festeggiare l’adozione a lungo attesa della convenzione, non possiamo riposare sugli allori.

Circa il 60% di tutta l’acqua dolce scorre all’interno dei bacini transfrontalieri; solo circa il 40% di questi, tuttavia, sono regolati da qualche accordo di bacino. In un mondo sempre più pressato dalla scarsità d’acqua, le risorse idriche condivise stanno diventando uno strumento di potere e fomentano la concorrenza, sia interna che tra i Paesi.

La lotta per l’acqua sta aumentando le tensioni politiche e aggravando l’impatto sugli ecosistemi.

Ma la vera brutta notizia è che il consumo di acqua sta crescendo più rapidamente rispetto alla popolazione – anzi, nel XX secolo è cresciuto a un tasso doppio.

Di conseguenza, diverse agenzie dell’Onu prevedono che, entro il 2025, 1,8 miliardi di persone vivranno in regioni colpite da una totale scarsità d’acqua, e questo implica non avere accesso a quantità d’acqua sufficienti per usi umani e ambientali.

Inoltre, due terzi della popolazione mondiale si troveranno ad affrontare condizioni di stress idrico, che significa scarsità di acqua dolce rinnovabile.

Senza decise contromisure la domanda d’acqua sopravanzerà le capacità di adattamento di molte società.

Ciò potrebbe portare a migrazioni di massa, stagnazione economica, destabilizzazione e violenza, ponendosi così come una nuova minaccia per la sicurezza nazionale e internazionale.

La Convenzione dell’Onu sui corsi d’acqua non deve diventare solo un altro accordo internazionale ignorato, depositato in un cassetto. La posta in gioco è troppo alta.

Nell’attuale contesto di cambiamenti climatici, aumento della domanda, crescita della popolazione, crescente inquinamento ed eccessivo sfruttamento delle risorse, tutto deve essere fatto per consolidare il quadro giuridico per la gestione dei bacini idrografici del mondo intero.

La nostra sicurezza ambientale, lo sviluppo economico e la stabilità politica dipendono direttamente da questo.

La convenzione presto sarà applicata a tutti i fiumi transfrontalieri dei territori dei firmatari, non solo ai grandi bacini.

Integrerà le lacune e le carenze degli accordi esistenti e fornirà una copertura legale ai numerosi fiumi transfrontalieri che sono sempre più sotto pressione.

Nel mondo ci sono 276 bacini d’acqua dolce transfrontalieri e circa altrettante falde acquifere transfrontaliere.

Sostenuta da un adeguato finanziamento, dalla volontà politica e dall’impegno delle parti interessate, la convenzione può contribuire ad affrontare le sfide idriche che tutti ci troviamo di fronte.

Ma sarà possibile?

Dovrebbe essere adottata fin da ora un’agenda ambiziosa, in un momento in cui la comunità internazionale sta negoziando i contenuti degli Obiettivi di Sviluppo sostenibile (OSS), che sostituiranno gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio dell’Onu in scadenza nel 2015.

Noi di Green Cross speriamo che i nuovi obiettivi che dovranno essere raggiunti entro il 2030, comprendano un obiettivo autonomo che affronti la gestione delle risorse idriche.

Inoltre, la comunità internazionale presto dovrà elaborare un accordo quadro sul cambiamento climatico per sostituire il protocollo di Kyoto.

Il cambiamento climatico influenza direttamente il ciclo idrologico, e ciò significa che tutti gli sforzi che vengono intrapresi per contenere le emissioni di gas serra aiuteranno a stabilizzare l’andamento delle precipitazioni e a mitigare gli eventi idrologici estremi che tante regioni stanno già sperimentando.

Ma l’entrata in vigore della Convenzione Onu sui corsi d’acqua solleva tante nuove domande, quante ne poneva nel periodo precedente alla sua ratifica.

Che cosa significherà, in pratica, la sua attuazione?

Come faranno i Paesi ad applicarla all’interno dei loro confini e in relazione ai vicini rivieraschi?

Come reagiranno i Paesi americani e asiatici che hanno largamente ignorato la ratifica?

Inoltre, come si coordinerà con la Convenzione sulla protezione e l’utilizzo dei corsi d’acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali, che è già in vigore nella maggior parte dei Paesi europei e dell’Asia centrale e che, dal febbraio 2013, punta ad estendere la sua applicazione al resto del mondo?

Allo stesso modo, come influirà sugli accordi regionali e locali esistenti in tema di regolazione dell’uso dell’acqua dolce?

I Paesi che hanno ratificato la Convenzione Onu sui corsi d’acqua sono tenuti a impegnarsi nella sua attuazione e ad aumentare il loro impegno per proteggere e utilizzare in modo sostenibile le loro acque transfrontaliere.

Quali strumenti, anche finanziari, metterà loro a disposizione la convenzione?

Diversi strumenti giuridici possono essere attuati congiuntamente e sinergicamente: la Convenzione di Ramsar sulle zone umide, la Convenzione dell’Onu contro la desertificazione e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, per citarne solo alcuni.

L’entrata in vigore a lungo ritardata della Convenzione sui corsi d’acqua dovrebbe essere vista come un’opportunità dagli Stati firmatari per incoraggiare quelli che non sono ancora parte di accordi di cooperazione a lavorare seriamente su questi temi.

Chiaramente, politici e diplomatici da soli non possono rispondere efficacemente alle sfide che il mondo deve affrontare.

Quello di cui il mondo ha bisogno è l’impegno dei leader politici, degli imprenditori e della società civile; in mancanza di questo l’effettiva attuazione della Convenzione Onu sui corsi d’acqua è impossibile.

Questo è troppo spesso trascurato, ma rappresenta la chiave per il successo a lungo termine della cooperazione, che genera vantaggi per tutti. La partecipazione inclusiva delle parti interessate (incluse le comunità coinvolte), e lo sviluppo della capacità di identificare, valutare e condividere i benefici delle risorse idriche transfrontaliere, dovrebbero essere parte integrante di qualsiasi strategia per ottenere un’efficace collaborazione multilaterale.

 

 

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