Articolo di Manlio Dinucci pubblicato con postilla sul sito www.eddyburg.it il 7 settembre 2014, che l’ha ripreso a sua volta dallo stesso articolo pubblicato in pari data su “Il Manifesto”.
Manlio Dinucci
La Dichiarazione finale del Summit – articolata in 113 punti redatti a Washington dopo aver consultato al massimo i principali alleati (Gran Bretagna, Germania, Francia) – impegna i 28 membri della Nato, ai punti 14/15, a «invertire la tendenza al declino dei bilanci della difesa».
Ciò perché «la nostra sicurezza e difesa dipendono complessivamente sia da quanto che da come vi spendiamo».
Occorrono «accresciuti investimenti» per realizzare «i nostri obiettivi prioritari in termini di capacità»: a tal fine «gli Alleati devono dimostrare la volontà politica di fornire le capacità richieste e dispiegare le forze che sono necessarie».
Per fornire le capacità richieste resta «indispensabile una forte industria della difesa in tutta l’Alleanza», soprattutto «una più forte industria della difesa in Europa e una accresciuta cooperazione industriale attraverso l’Atlantico: gli sforzi della Nato e della Eu per rafforzare le capacità della difesa sono infatti complementari».
Il documento ricorda quindi agli alleati che essi si sono impegnati a destinare al bilancio della difesa come minimo il 2% del loro prodotto interno lordo.
Finora, oltre agli Usa che investono nel militare il 4,5% del loro pil, hanno raggiunto la soglia del 2% solo Gran Bretagna, Grecia ed Estonia.
L’Italia vi destina l’1,2%. Una percentuale apparentemente ridotta, falsata dall’ingannevole parametro spesa militare/pil: in realtà, trattandosi di denaro pubblico, quella militare va rapportata alla spesa pubblica.
Secondo i dati ufficiali relativi al 2013, pubblicati dalla Nato nel febbraio 2014, l’Italia spende per la «difesa» in media 52 milioni di euro al giorno (avete letto bene!).
Tale cifra però, precisa la Nato, non comprende diverse altre voci.
In realtà, calcola il Sipri, la spesa militare italiana (all’undicesimo posto su scala mondiale) ammonta a circa 70 milioni di euro al giorno.
[Lo Stockholm International Peace Research Institute (Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma, SIPRI) è un istituto internazionale indipendente, fondato nel 1966 per commemorare i 150 anni di pace ininterrotta in Svezia, che si occupa di peace studies.
Il suo compito è quello di condurre ricerche scientifiche in materia di conflitti e cooperazione, di importanza per la pace e la sicurezza internazionale, allo scopo di contribuire a una comprensione delle condizioni per soluzioni pacifiche ai conflitti internazionali e per una pace stabile.]
Impegnandosi a portare la spesa militare italiana al 2% del pil, il governo Renzi si è impegnato a farla salire a oltre 100 milioni al giorno.
Qualcuno potrebbe dire «verba volant».
L’impegno non è però formale: la Dichiarazione del Summit prevede infatti che «gli Alleati verificheranno annualmente i progressi compiuti sul piano nazionale» in apposite riunioni dei ministri della difesa e nei futuri summit dei capi di stato e di governo.
Tutti gli alleati, infatti, dovranno «assicurare che le loro forze terrestri, aeree e navali siano conformi alle direttive Nato in materia di dispiegabilità e sostenibilità» e possano «operare insieme in maniera efficace secondo gli standard e le dottrine Nato».
Ad esempio, poiché il governo Renzi ha impegnato l’Italia (anche qui scavalcando il Parlamento) a partecipare sia allo schieramento di forze militari nell’Est europeo in funzione anti-Russia, sia alla coalizione dei dieci paesi che, ufficialmente per combattere l’Isis, interverranno militarmente in Iraq e Siria, dovrà ovviamente essere l’Italia ad assicurare con adeguati investimenti aggiuntivi la «dispiegabilità e sostenibilità» delle forze aeree ed altre inviate in quel teatro bellico.
Oltre ad aumentare la spesa militare, il governo Renzi (sempre scavalcando il Parlamento) si è impegnato a mantenere forze militari in Afghanistan e a far parte dei «donatori» che forniranno a Kabul (leggi alla casta dominante) un aiuto economico di 4 miliardi di dollari annui.
Si è impegnato allo stesso tempo a partecipare a uno speciale fondo di sostegno per il governo di Kiev, candidato a entrare nella Nato insieme a Georgia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Macedonia, allargando ulteriormente l’Alleanza «atlantica» ad est.
Questi e altri impegni, assunti dal governo Renzi al Summit Nato, non solo trascinano l’Italia in nuove guerre e in un sempre più pericoloso confronto militare con la Russia, ma provocano un aumento della spesa militare diretta e indiretta che sottrae ulteriori risorse alla spesa sociale e alla lotta contro la disoccupazione.
Che cosa si aspetta a fare di questa materia un fronte di lotta politico e sindacale?
Che scendano in piazza i girotondini?
postilla I venti di guerra che soffiano nell’affannoso tentativo di uscire dalla crisi nella quale il finanzcapitalismo ha gettato il mondo evocano altri momenti della storia.
Per uscire dalla crisi del 1929 si manifestarono di fatto due linee alternative: quella roosveltiano-keynesiana del New Deal, e cioè di un investimento pubblico (economico, politico, culturale amministrativo) dedicato a risanare alcune rilevanti sacche di degrado economico, territoriale e sociale) che il Mercato lasciava all’abbandono, alimentando in tal modo la domanda interna e del rilancio della produzione di armamenti.
Le circostanze europee (a parere di alcuni a causa dell’irrisolto conflitto tra il tentativo di rovesciare il sistema capitalistico-borghese la difesa a ogni costo della sua permanenza), condussero la storia a scegliere la seconda strada.
Allora la partita fu vinta perché due grandi forze mondiali, in disputa per l’egemonia, trovarono le ragioni e la volontà di allearsi.
Quell’alleanza si spezzò presto.
Non se ne vede un’analoga all’orizzonte, perché tale non può chiamarsi l’allineamento servile dell’Europa alla volontà degli USA.
E neppure si vedono se non pallidissime tracce nella volontà europea di riprendere, per uscire dalla crisi ormai endemica, qualcosa che assomigli al New deal roosveltiano.