Brebemi, i primi 3 mesi sono un flop: accessi dimezzati rispetto al previsto e conti a rischio

Immagine.Logo Regione Lombardia Su questo stesso sito il 18 settembre 2014 sono stati pubblicati i tre seguenti articoli dedicati alla autostrada Brescia-Milano nota come BreBeMi:

Brebemi, cartello “sleale”? Per i giudici non lo è”( http://vasonlus.it/?p=7217)

La BREBEMI è deserta, ma non è una notizia” (http://vasonlus.it/?p=7226)

La Brebemi e le corsie deserte. Maroni: aspettate a giudicare” (http://vasonlus.it/?p=7234)

Continuiamo ad approfondire l’argomento con l’articolo di Matteo Pucciarelli pubblicato il 26 ottobre su “La Repubblica”.

 Immagine.Matteo Pucciarelli

Matteo Pucciarelli

Alla voce ‘finanziamento pubblico’, la tabellina delle informazioni generali sul sito di Brebemi scrive zero euro. 

Orgogliosamente in maiuscolo. 

L’autostrada di 62 chilometri costruita con i soldi dei privati, si era detto. 

Il cosiddetto ‘project financing’. 

La realtà e un po’ diversa e soprattutto – tre mesi dopo l’apertura del collegamento parallelo alla A4 tra Milano e Brescia – i conti cominciano già a scricchiolare: troppe poche auto rispetto alle previsioni, e le tariffe più care del doppio rispetto alla A4 non bastano a metterci una pezza. 

E se non ci sono e continueranno a non esserci abbastanza ‘clienti’ chi ci andrà a rimettere? 

Di sicuro i finanziatori. 

Che sono soprattutto pubblici.

Degli 1,818 miliardi di euro di prestiti, 820 arrivano dalla Cassa depositi e prestiti (cioè il ministero dell’Economia) e 700 dalla Banca europea investimenti (cioè gli Stati della Ue, ma è stata la Sace spa a fare da garante, che a sua volta è in mano alla Cassa depositi e prestiti, a sua volta…). 

La vicenda è complicata ma per rendersi conto che le cose non siano partite per il verso giusto — e rischiano di finire peggio — basta andarsi a vedere quant’è costata l’opera. 

Le previsioni parlavano di 800 milioni di euro di spesa. 

Il conto finale si è triplicato: 2,439 miliardi di euro, interessi compresi. Ogni chilometro di asfalto è costato 38 milioni di euro.

Per ripagare il costo, la società di progetto (composta da banche con Intesa in primis, società autostradali, costruttori con Gavio in testa, camere di commercio, comuni e province) ha puntato tutto su una concessione ventennale e relativi introiti del pedaggio con un ipotetico guadagno dalla vendita alla fine del periodo. 

Le stime per rientrare almeno dai costi erano di 40mila transiti nei primi sei mesi, 60mila dal gennaio 2015. 

E invece i numeri (ufficiosi) dicono altro: meno di 20mila accessi giornalieri, e per di più limitati a una sola parte del tracciato; la utilizzano più che altro i pendolari, insomma.

E non a caso i bandi per aprire le due stazioni di servizio previste sono andati deserti: il mercato tra auto e tir, insomma, aveva (e ha) già emesso sentenza.

Di sicuro le banche private si erano già tutelate in anticipo. 

Perché è vero che hanno anche investito di tasca propria, ma contemporaneamente ci hanno guadagnato. 

Infatti il miliardo e mezzo di finanziamento pubblico non è andato direttamente alla società, ma è passato prima dal consorzio di banche dietro il progetto (Intesa, Unicredit, Mps, Centrobanca e Credito Bergamasco) che a sua volta lo ha rigirato a Brebemi Spa ad un tasso più elevato, un bel 7,8 per cento. 

Adesso si prova a correre ai ripari, chiedendo però un ulteriore intervento pubblico al governo: una defiscalizzazione da 490 milioni di euro per Iva, Ires e Irap, che per il momento e nonostante il pressing che arriva da più parti il ministero dell’Economia non se l’è sentita di firmare; e in aggiunta, un allungamento di ulteriori dieci anni della concessione. 

La verità – dice Eugenio Casalino del M5S – è che il progetto era insostenibile e l’opera irrealizzabile nonché inutile. Solo la provvista a tasso agevolato e l’eventuale defiscalizzazione statale renderanno l’opera una grande occasione. Per i privati però“.

 Immagine.Eugenio Casalino

Eugenio Casalino

L’altro tema, poi, è quello legato al conflitto di interessi di Francesco Bettoni, presidente di Brebemi.

 Immagine.Francesco Bettoni

Francesco Bettoni

Chiede prestiti alle banche per realizzare la A35 – spiega Dario Balotta di Legambiente – e poi li concede come consigliere di Ubi. Decide di espropriare oltre un centinaio di aziende agricole, espropri che hanno fatto lievitare i costi dell’opera, e allo stesso tempo è uno dei maggiori componenti nazionali e locali del mondo agricolo.

Progetta nuove autostrade e contemporaneamente amministra alcune di quelle esistenti“.

 Immagine.Dario Balotta

Dario Balotta

Accuse alle quali Bettoni ha risposto dicendo di aver sempre operato nel rispetto della legge. 

Resta da capire cosa succederà in caso di bancarotta, o di restituzione della concessione. 

Su chi ricadranno i debiti? 

Il contratto di concessione è secretato, per cui non esiste una risposta certa. 

Anche se il sospetto è semplice: pagheranno i contribuenti, ancora una volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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