La grande famiglia Tredicine che monopolizza la città eterna

Articolo di Dam. Ver. pubblicato il 7 marzo 2014 su “iltempo.it” con questo titolo ed il seguente sottotitolo: “Tra verità e leggenda, il nome della famiglia Tredicine spunta sempre fuori quando si parla di ambulanti”.

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Tra verità e leggenda, il nome della famiglia Tredicine spunta sempre fuori quando si parla di ambulanti. 

Del resto, il capostipite, Donato, arrivato a Roma dalla piccola regione montuosa dell’Abruzzo negli anni Sessanta, si guadagnava da vivere vendendo caldarroste per strada. 

Quelle caldarroste che, ancora oggi, appartengono quasi esclusivamente alla «famiglia» e costituiscono un business di diversi milioni di euro: in base a stime più che attendibili, una postazione in un’area prestigiosa del centro frutta anche 20-30 mila euro al mese. 

Qualche anno dopo i suoi cinque figli, Mario, Alfiero, Elio, Dino ed Emilia, raggiunsero il papà nella Capitale contribuendo tutti in qualche modo a rafforzare l’impero. 

Oggi, come ieri, sono titolari di licenze, di banchi di abbigliamento, di camion bar in centro storico. 

Quelle licenze (delle 70 in centro almeno la metà sarebbero direttamente o indirettamente riconducibili a Tredicine) a volte le vendono o danno in affitto gli spazi ad altri venditori ambulanti. 

E la vendita di una licenza, lo abbiamo già detto, può portare fino ad un milione di euro nelle casse della famiglia. 

Alcuni ambulanti hanno parlato negli anni di minacce e pressioni subite dai Tredicine, ma i diretti interessati hanno sempre negato né dalla magistratura è mai arrivata una condanna definitiva. 

Quello che si sa è che la famiglia, nel settore degli ambulanti, è l’indiscussa numero uno. 

E qualcuno di loro non disdegna affatto un posto nelle associazioni sindacali per contare un po’ di più anche nei confronti della politica, a parte Giordano Tredicine, figlio di Elio, che la politica la fa davvero da diversi anni. 

Alfiero Tredicine è presidente di Apre-Confesercenti, Mario è vicepresidente dell’Upvad-Confcommercio. 

Uno da una parte, uno dall’altra a sedersi ai tavoli insieme a sindaco, assessori, consiglieri vari e a discutere su proposte di riassetto e di riforma del settore. 

Dino, l’altro fratello, è vicepresidente della Fivag-Cisl, un’associazione che rappresenta un gruppo di operatori ambulanti e che aderisce alla Cisl. 

Nulla di male, certo, ma quanto meno può venire il sospetto che non si riesca sempre ad essere obiettivi nel dover discutere con l’Amministrazione decisioni sul settore, specie se peggiorative per la categoria (vedi riposizionamento dei camion bar).

Anche nelle associazioni sindacali i Tredicine, abbiamo visto, occupano ruoli di tutto rispetto e la loro voce risuona alta quando c’è da discutere di questioni fondamentali. 

Nel caso delle bancarelle natalizie di piazza Navona, il I Municipio ha condotto con i rappresentanti sindacali un’estenuante trattativa che ha portato l’Amministrazione a ritardare di un anno il bando pubblico per assegnare le postazioni del mercatino più antico di Roma e gli operatori a riaprire, sempre gli stessi, con in testa i Tredicine, apportando solo qualche miglioria ai banchi.  

Segno che a volte, la voce grossa paga.

 

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