Perché difendo la chiusura di Pompei a Capodanno

Articolo di Tomaso Montanari pubblicato il 28 dicembre 2014 su “La Repubblica”.

Immagine.Tomaso Montanari

Tomaso Montanari

SIAMO davvero un Paese singolare: da tre giorni infuria la polemica sugli scavi di Pompei chiusi a Natale e a Capodanno (e il 1° maggio: come tutti gli altri musei e siti monumentali statali). 

E allora? 

Il Louvre chiude il 1° gennaio, il 1° maggio, l’11 novembre (armistizio della Grande Guerra) e il giorno di Natale.

IL British Museum chiude il 24, 25, 26 dicembre e il Venerdì Santo. 

Il Metropolitan di New York è chiuso a Natale e a Capodanno, oltre che nel giorno del Ringraziamento e il primo lunedì di maggio. 

Si potrebbe continuare a lungo: notando anche che moltissimi grandi musei del mondo chiudono anche un giorno ogni settimana (il Louvre di martedì), mentre Pompei è aperta sempre, 362 giorni all’anno.

Insomma, dall’elenco dei mille veri scandali del povero patrimonio culturale italiano possiamo depennare almeno questa polemichetta natalizia, tristanzuola e provinciale. 

La netta sensazione è che anche in questo caso abbia colpito la proverbiale pigrizia della macchina italiana dell’informazione: lo “scandalo Pompei” è ormai diventato come le “bombe d’acqua”, il “bollino rosso” sui giorni del rientro e altri topoi di larghissimo consumo. 

Luoghi comuni che ci sollevano dall’ingrato compito di pensare. 

E invece si parla pochissimo del fatto che a Pompei sono appena state riaperte dodici domus , e che finalmente funziona la governance formata dal generale Giovanni Nistri, a capo del Grande Progetto, e da Massimo Osanna, a capo della Soprintendenza Speciale.

 Immagine.Giovanni Nistri

Giovanni Nistri

 Immagine.Massimo Osanna

Massimo Osanna

Naturalmente Pompei non è il migliore dei mondi possibili: basta notare che per trovare gli orari dei musei stranieri che ho citato in apertura ho impiegato 4 minuti in tutto, mentre il sito web di Pompei dice che gli scavi sono aperti «tutti i giorni», senza menzione dei tre sacrosanti giorni di chiusura. 

E questo, sì, che è uno scandalo: e si vorrebbe tanto un ministro per i Beni culturali meno attratto da twitter e più dedito a curare gli spettrali siti Internet del nostro patrimonio.

Ma sgolarsi sullo “scandalo di Pompei” permette di rimanere alla top ten del patrimonio, cioè a quei pochi luoghi che fanno notizia qualunque cosa se ne scriva. 

E di rimanere comodamente seduti in poltrona, attaccati alla rete e senza guardare al di là del proprio naso. 

Per rimanere in Campania chi si pone, per non fare che un esempio, il problema clamoroso del Rione Terra di Pozzuoli? 

Immagine.Mappa Pozzuoli romana

Mappa della Pozzuoli romana. Pianta generale

Immagine.Rione Terra

Rione Terra

Una città romana estesissima, a tratti ancora più conservata di Pompei e che culmina spettacolarmente nel tempio marmoreo di Augusto, trasformato in cattedrale. 

Una città in gran parte recuperata grazie alla competenza e all’abnegazione dell’archeologa Costanza Gialanella: ma mai aperta al pubblico per l’incapacità e il disinteresse della Regione Campania, che pure ha finanziato il restauro.

 Immagine.Costanza Gialanella

Costanza Gialanella

E che dire delle duecento (!) chiese monumentali del centro di Napoli, completamente chiuse e inaccessibili da decenni, spesso dal terremoto del 1980? 

L’elenco sarebbe infinito, e coprirebbe tutta l’Italia. 

Perché il nostro è davvero un patrimonio negato: ma non per i tre giorni in cui Pompei chiude.

Siamo seri.

 

 

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