Amianto, 85 anni per completare le bonifiche

Articolo pubblicato con questo titolo il 9 febbraio 2015 sul sito “Casa&Clima.com”.

Per completare lo smaltimento degli oltre 32 milioni di tonnellate di amianto ancora presenti in varie forme in stabilimenti ed edifici pubblici e privati in Italia, ci vorranno 85 anni. 

Attualmente la bonifica prosegue al ritmo di circa 380mila tonnellate dismesse ogni 12 mesi. 

A 23 anni dalla messa al bando di ogni attività di estrazione, commercio, importazione, esportazione e produzione nella penisola, il tema della bonifica della fibra killer è ancora di grande attualità e ha avuto un ruolo centrale nei lavori della terza Consensus Conference italiana per il controllo del mesotelioma maligno della pleura, che per due giorni ha riunito a Bari i maggiori esperti della patologia insieme a giuristi, giornalisti, rappresentanti delle associazioni delle vittime e delle istituzioni, tra cui l’Inail e il ministero della Salute. 

OLTRE 35MILA I SITI ANCORA DA BONIFICARE. Stando ai dati del ministero dell’Ambiente, aggiornati alla fine di novembre, i siti che devono ancora essere bonificati sono 35.521, 1.957 quelli già bonificati e 571 quelli parzialmente bonificati. 

Immagine.Bonifica amianto sui tetti

Oltre a Casale Monferrato, dove la fabbrica della Eternit ha provocato più di 1.700 vittime, tra le aree più a rischio figura anche Bari, che fino al 1985 ha ospitato lo stabilimento della Fibronit, fabbrica di elementi per l’edilizia a base di amianto, collocata fra tre popolosi quartieri del capoluogo pugliese. 

Altri siti di interesse nazionale sono Broni-Fibronit (Pavia), Priolo-Eternit Siciliana (Siracusa), Balangero-Cava Monte S.Vittore (Torino), Napoli Bagnoli-Eternit, Tito-ex Liquichimica (Prato), Biancavilla-Cave Monte Calvario (Catania) e Emarese-Cave di Pietra (Aosta). 

L’Italia è al vertice della task force europea per la sorveglianza attiva dell’amianto, un killer silenzioso che nel nostro Paese miete circa tremila vittime ogni anno, 1.500 delle quali per mesotelioma. 

È il ‘cancro marker’ dell’esposizione all’amianto – hanno spiegato i presidenti della conferenza, Giorgio Scagliotti, direttore del dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, e Carmine Pinto, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) – In 15 anni, fra il 1993 e il 2008, in Italia si sono registrati più di 15mila casi di questa neoplasia particolarmente aggressiva. Purtroppo la percezione del rischio è ancora bassa”. 

Come precisato da Pinto, “i tempi di latenza della malattia sono molto lunghi. Possono andare da 20 a oltre 45 anni dall’inizio dell’esposizione. L’età media alla diagnosi, infatti, è di circa 70 anni. E le ricadute sociali e giudiziarie non possono essere trascurate. L’amianto è un agente cancerogeno certo, oltre che per il mesotelioma pleurico, anche per polmoni, laringe, ovaio, peritoneo, pericardio, tunica vaginale del testicolo, colon-retto, esofago, stomaco e faringe”. 

MIGLIORAMENTI NEI TRATTAMENTI E NEL CONTROLLO DEI SINTOMI. Negli ultimi anni si è registrato un miglioramento nell’efficacia dei trattamenti e nel controllo dei sintomi del mesotelioma. 

Buona parte di questi risultati – ha spiegato Scagliotti – va ricondotta all’introduzione dei farmaci chemioterapici. La terapia medica, infatti, oggi rappresenta il riferimento nel trattamento del mesotelioma”. 

Per la prima volta, inoltre, i ricercatori del dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, in collaborazione con i colleghi dell’Ospedale San Antonio e Biagio di Alessandria, hanno sperimentato una nuova tecnica mirata per identificare i geni mutati responsabili della ridotta sopravvivenza nel mesotelioma. 

In questo modo – ha aggiunto Scagliotti – è stato individuato un alto numero di mutazioni geniche legate alla precoce progressione del tumore e alla riduzione della sopravvivenza. L’identificazione di queste alterazioni consentirà di valutare il ruolo delle terapie a bersaglio molecolare in questa neoplasia”.

 

 

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