Archivi Giornalieri: 16 Marzo 2015
(ANSA del 15 marzo 2015, ore 13:04) – L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha concluso l’esame della mappa stilata dalla Sogin delle aree su cui potrebbe essere costruito il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Come la mappa, anche la relazione dell’Ispra è ‘top secret’ ed è stata consegnata ai ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico. Sul proprio sito web l’Ispra spiega infatti che la relazione, “considerata la riservatezza attribuita dalla Sogin“, è anch’essa riservata “e sarà tale sino alla pubblicazione della Carta da parte della Sogin“. La società di Stato che si occupa dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi aveva consegnato ad Ispra il 2 gennaio scorso la mappa delle aree potenzialmente idonee a ospitare il Deposito Nazionale Nucleare per circa 75mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e media intensità. Secondo il timing stabilito dalla procedura, l’Ispra aveva due mesi – quindi ha ritardato di una decina di giorni – per verificare il rispetto da parte di Sogin dei criteri indicati nella ‘Guida tecnica per la localizzazione’ stilata dall’Ispra e poi validarla. Ora, nell’arco di un mese, è atteso il nulla osta dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico per rendere pubblica la Carta e il Progetto preliminare. La Sogin stima un investimento di circa 1,5 miliardi di euro per la realizzazione del Deposito, circa 1.500 occupati l’anno per quattro anni e 700 posti di lavoro per la gestione. Quindici i criteri di esclusione delle aree su cui potrà essere costruito il deposito all’interno di un Parco tecnologico (che prevede un centro di ricerca, aperto a collaborazioni internazionali, per attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato). Escluse aree vulcaniche attive o quiescenti, località a […]
Su questo stesso sito il 27 dicembre 2014 è stato pubblicato un articolo dal titolo “Il Pd vuole ‘ridisegnare’ l’Italia: ecco le Regioni che spariranno” (http://www.vasonlus.it/?p=10132). Il seguente articolo ci fa sapere che la proposta di legge di Morassut e di Ranucci sta andando avanti.
Il Consiglio regionale della Toscana sta decidendo in questi giorni se dare ad una delle regioni più ammirate in Italia e nel mondo un piano paesaggistico degno, cioè rigoroso, avanzato, che tuteli in modo attivo, secondo l’art. 9 della Costituzione, quello straordinario patrimonio stratificato nei secoli e nei millenni. Oppure se approvare un piano che di fatto accoglie le istanze espresse da quanti vogliono proseguire nello sfruttamento speculativo delle coste, delle colline, delle zone boschive, delle cave, dei bacini fluviali, “uccidendo” quel mirabile palinsesto millenario. Il passaggio è strategico: la Toscana può rappresentare un esempio positivo per tutti sul piano paesaggistico e territoriale, oppure dare, all’opposto, un segnale politico e culturale negativo disastroso a tutto il mondo, tornando ad assecondare (e non a governare) processi in atto da anni che ne consumano e ne dissipano i beni primari, a cominciare dal suolo. Processi che nel boom edilizio, totalmente speculativo, fra 2000 e 2008 hanno intaccato a fondo pure la bellezza toscana, la sua identità e diversità. Patrimonio, quest’ultimo, anche economico ciecamente deturpato, dalle Apuane alla Versilia, dall’Aretino alla Maremma, per interessi immediati, senza minimamente pensare al futuro. Per questo rivolgiamo un ultimo accorato, vibrante appello al Consiglio regionale toscano affinché non indebolisca gli strumenti di tutela di un piano paesaggistico così a lungo studiato e approfondito in anni di “buona urbanistica”, rendendo tutto quanto inutile. Per questo rivolgiamo con forza lo stesso appello al ministro Dario Franceschini e al sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni affinché non lascino perpetrare questo nuovo e più generale attentato alla bellezza storica dei paesaggi toscani. Il piano proposto dalla Giunta regionale toscana, dal presidente Enrico Rossi, dall’assessore Anna Maarson, nasce dal Codice per il Paesaggio e dalla co-pianificazione da esso prescritta fra Ministero e Regioni. Il MiBACT vi è dunque direttamente implicato e ne è […]
Il seguente articolo di Alberto Vitucci, pubblicato con questo titolo il 13 marzo 2015 su “La Nuova Venezia”, attesta che il presidente della Autorità Portuale di Venezia Paolo Costa ha una “interpretazione” tutta sua della gerarchia delle fonti del diritto amministrativo, perché ne capovolge i vertici, subordinando la normativa comunitaria alla legge italiana, la quale peraltro non prevede affatto che debba essere comunque non solo “prioritario” il progetto del canale Contorta, benché bocciato in sede di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), né che sia questo l’intervento che possa espressamente andare in deroga alla normativa comunitaria rispetto ad altri progetti alternativi, meno invasivi e sicuramente rispettosi di tutta la normativa vigente in materia. Paolo Costa «Il Contorta si può fare anche se avesse un’incidenza negativa sull’ambiente e sul sito di importanza comunitaria. Perché rappresenta un “intervento di interesse pubblico” che la legge prevede sia prioritario». È la tesi sostenuta dal presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa nella lettera di accompagnamento alle risposte inviata ieri alla commissione Via. Costa ha scritto ai ministri dell’Ambiente Gianluca Galletti, delle Infrastrutture e Trasporti Lupi, oltre che al presidente della Regione Luca Zaia e al commissario Vittorio Zappalorto. «La tutela della sicurezza della navigazione», scrive Costa, «perseguita come prioritaria dal governo con il decreto Clini-Passera può essere considerata come intervento di rilevante interesse pubblico, che la legge italiana contempla come deroga alla normativa comunitaria». In mancanza di alternative, insomma, il progetto si potrebbe fare comunque. E le alternative sul tappeto, precisa Costa, non sono ricevibili per motivi «tecnici». Ancora, si tratta di dar corso a una direttiva del Comitatone – l’unico convocato a Roma senza il sindaco, sostituito dal commissario – che non prevede, dice Costa, di individuare «siti alternativi alla Marittima», ma «vie d’accesso alternative alla Marittima». Scartate dal Porto Marghera e il Lido […]