Approvato il PIT ritornato originale, così come era stato redatto dall’assessore Marson

 

Dal sito “Informa Arezzo” riprendiamo il seguente articolo pubblicato ieri, che ci informa sulla approvazione del Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) con valenza di Piano Paesaggistico della Regione Toscana, avvenuta ieri.

Dopo un’intera giornata di discussione il Consiglio regionale della Toscana ha approvato definitivamente il piano del paesaggio, al centro di numerose polemiche, con alcune modifiche apportate da un maxiemendamento firmato dal governatore Enrico Rossi insieme alla maggioranza. 

Per tutto il giorno rappresentanti del settore lapideo hanno seguito i lavori d’aula. 

Al termine della giornata il Consiglio toscano si è espresso a maggioranza con 15 voti contrari del centrodestra. 

Il provvedimento prevede, tra l’altro, il divieto di escavare sulle vette integre sopra il 1200 metri, e la verifica della compatibilità paesaggistica come condizione vincolante per il rilascio delle autorizzazioni per le nuove attività estrattive, riattivazione di cave dismesse (solo se gli strumenti urbanistici comunali prevedono la destinazione estrattiva), e ampliamenti (fino al 30% del volume) o varianti di quelle esistenti. 

Sulla salvaguardia delle coste, altro aspetto al centro delle polemiche, il piano paesaggistico prevede, entro 300 metri dalla battigia, la realizzazione di nuove strutture, che dovranno essere a carattere temporaneo e removibili tali da garantire il ripristino dei luoghi, e senza compromettere l’accessibilità e la fruibilità delle rive. 

Non deve inoltre comportare l’impermeabilizzazione permanente del suolo. 

Adeguamenti, ampliamenti di strutture esistenti (compresi cambi di destinazione d’uso previsti negli strumenti urbanistici) e gli impianti sportivi scoperti, non devono interessare gli arenili, le spiagge, le dune fisse e mobili. Interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente possono comportare impegno di suolo non edificato a condizione che non determinino un incremento complessivamente maggiore del 10% della superficie coperta dalle strutture edilizie esistenti. 

Il Piano del paesaggio: quadro completo e articolato 

Frutto di un lavoro durato 4 anni, adottato nel luglio 2014 con i voti contrari di Fratelli d’Italia e Udc e l’astensione di Forza Italia, Ncd e Più Toscana, il Pit (Piano di Indirizzo Territoriale) con valenza di Piano Paesaggistico intende governare le trasformazioni. 

Intende cioè offrire, secondo il presidente Enrico Rossi, una “cornice di regole certe finalizzate a mantenere il valore del paesaggio anche nelle trasformazioni di cui è continuamente oggetto”.

  Tra i suoi obiettivi la “promozione e realizzazione di uno sviluppo socio-economico sostenibile e durevole e di un uso consapevole del territorio regionale”, anche attraverso la “riduzione dell’impegno di suolo, la conservazione e il recupero degli aspetti e dei caratteri peculiari dell’identità sociale, culturale e ambientale del territorio dai quali dipende il valore del paesaggio toscano”. 

Rispetto agli altri strumenti di pianificazione regionale, concepiti come atti di indirizzo, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio e alla pianificazione concertata con il Ministero competente, il Pit è un Piano sovraordinato cui sono tenuti a conformarsi piani e programmi sia regionali che locali. 

I vincoli vigenti, quelli apposti attraverso specifici decreti nel corso del tempo e quelli previsti dalla cosiddetta legge Galasso per determinate categorie di beni (territori costieri, fiumi, torrenti e corsi d’acqua, territori coperti da foreste e boschi, ecc.) sono contestualizzati nel territorio regionale. 

La Toscana ha scelto di redigere il proprio Piano paesaggistico come integrazione a quello già vigente di indirizzo territoriale, avviando nel 2007 un procedimento ad hoc. 

Lo stesso termine ”integrazione” evidenzia l’intenzione di far convivere norme di indirizzo (a scala regionale) con norme anche prescrittive (su scala più dettagliata). 

L’integrazione paesaggistica del Pit adottata nel 2009 senza la preventiva intesa sui contenuti con il Ministero competente, si è rivelata troppo difforme da quanto richiesto in sede di co-pianificazione Stato-Regione ed è stata per questo motivo non riconosciuta dal Ministero stesso.

Nel 2011 è stata quindi avviata la redazione del nuovo Piano, sempre nella forma di integrazione paesaggistica al Pit vigente, perché si riconosce l’importanza di tenere uniti i dispositivi di pianificazione del territorio e di pianificazione del paesaggio. 

Il Piano si configura come uno strumento di pianificazione regionale che contiene sia la dimensione territoriale, sia quella paesistica. 

La componente paesaggistica mantiene, quindi, una propria identità evidenziata e riconoscibile. 

Il raccordo tra territorio e paesaggio è stato individuato nelle cosiddette “invarianti strutturali” (beni comuni irrinunciabili), già presenti nel Pit vigente, riformulate perché fossero in grado di descrivere le basi strutturali del paesaggio, e del “patrimonio” territoriale toscano, quale esito della costruzione di lunga durata di un equilibrio fra natura e cultura. 

Il Piano si articola su due livelli: quello regionale e quello d’ambito. 

Il livello regionale è a sua volta organizzato in una parte che riguarda il territorio, trattato attraverso le “invarianti strutturali” e una parte che riguarda i “beni paesaggistici” formalmente riconosciuti in quanto tali. 

Il livello regionale comprende gli “abachi delle quattro invarianti”, ossia la lettura organica del territorio toscano e dei suoi paesaggi, basata sull’approfondimento e l’interpretazione dei caratteri e delle relazioni che strutturano le quattro diverse invarianti. 

– Invariante 1: è pertinente alla base fisica del paesaggio, alla sua ossatura; 

  • Invariante 2: è riferita ai caratteri ecosistemici del paesaggio; 
  • Invariante 3: definisce il carattere policentrico e reticolare dei sistemi insediativi, infrastrutturali e urbani; 
  • Invariante 4: traccia i caratteri identitari dei paesaggi rurali. 

Le invarianti, nei diversi elaborati di Piano, codificano una serie di regole da seguire nella trasformazione del paesaggio per mantenerne la struttura. 

Il lavoro conoscitivo e interpretativo sull’intero territorio regionale ha costituito il riferimento essenziale anche per la cosiddetta “vestizione dei vincoli”, ovvero la parte del Piano che tratta i “beni paesaggistici” formalmente riconosciuti come tali e vincolati da decreti e leggi. 

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio prevede che il Piano riconosca gli aspetti, i caratteri peculiari, le caratteristiche paesaggistiche del territorio regionale e ne delimiti i relativi ambiti, in riferimento ai quali predisporre specifiche normative d’uso ed obiettivi di qualità. 

Per l’individuazione degli ambiti sono stati valutati i seguenti elementi: 

  • i sistemi idro-geomorfologici;
  • i caratteri eco-sistemici; 
  • la struttura insediativa e infrastrutturale di lunga durata; 
  • i caratteri del territorio rurale; 
  • i grandi orizzonti percettivi;
  • il senso di appartenenza della società insediata; 
  • i sistemi socio-economici locali; 
  • le dinamiche insediative e le forme dell’intercomunalità. 

La valutazione di questi diversi elementi ha portato all’individuazione di 20 Ambiti nel rispetto dei confini comunali con la sola eccezione di Castelnuovo Berardenga per la particolare configurazione territoriale. 

Per ogni ambito è stata redatta una specifica scheda che approfondisce le elaborazioni di livello regionale ad una scala di maggior dettaglio. 

Gli Ambiti di paesaggio della Toscana sono:

  1. Lunigiana 
  2. Versilia e costa apuana 
  3. Garfagnana e Val di Lima 
  4. Lucchesia 
  5. Val di Nievole e Val d’Arno inferiore 
  6. Firenze-Prato-Pistoia 
  7. Mugello 
  8. Piana Livorno-Pisa-Pontedera 
  9. Val d’Elsa
  10. Chianti 
  11. Val d’Arno superiore
  12. 12.Casentino e Val Tiberina 
  13. Val di Cecina
  14. Colline di Siena 
  15. Piana di Arezzo e Val di Chiana 
  16. Colline Metallifere 
  17. 17.Val d’Orcia e Val d’Asso
  18. Maremma grossetana 
  19. Amiata 
  20. Bassa Maremma e ripiani tufacei -(f.cio)

Questo il commento di Monica Sguerri (RC) 

Piano paesaggistico. 

Nella forma una “catastrofe”, nell’esito un buon risultato. 

Una catastrofe perché per la prima volta si usa il mezzo di un “maxiemendamento” per annullare mesi di lavoro della commissione, anche se a mio giudizio lavoro in commissione con esito devastante. 

Nel merito una marcia indietro (positiva) rispetto alle “picconature” del Pd in commissione. 

È stata necessaria la tenacia dell’Assessore Marson, l’intervento diretto del Presidente Rossi e non ultimo il tour de force per 4 giorni al Ministero dei Beni Culturali (co pianificatore insieme alla Toscana) per tornare semplicemente e sostanzialmente alla versione di luglio. 

Nella sostanza ritrovo infatti nel maxi emendamento accolto il merito degli emendamenti più rilevanti che io avevo già presentato e che chiedevano di ripristinare il testo adottato a luglio. 

Questo quanto avvenuto fra ieri e oggi. 

Una situazione questa che ha registrato fortissime e contrapposte pressioni di coloro che hanno manifestato sotto il Consiglio, quelle dei potentati del marmo e quelle più ragionate ma ferme e ampiamente partecipate di quel mondo ampio e variegato che cerca di difendere il territorio e il paesaggio e che ci chiedeva di tornare alla versione del Piano adottata a luglio, e che ha visto la consegna di oltre 100.000 firme sulla petizione “Salviamo le Apuane”, promossa da Avaaz.

Così Monica Sgherri – esponente di Rifondazione Comunista e capogruppo in Consiglio Regionale. 

Con grande fatica abbiamo “incrociato” i testi: quello adottato a luglio, quello con le proposte di modifica della Giunta a seguito delle Osservazioni, quello “picconato” dai consiglieri PD in commissione e quanto uscito emendato frutto della collaborazione col Ministero. 

Il risultato ci porta da dire che, se è pur vero che ormai siamo abituati a vedere molti recitare tutte le parti in commedia pur di rimanere aggrappati al carro del vincitore, ci appare davvero difficile che la triade picconatrice del piano adottato a luglio (cioè i consiglieri De Robertis, Pellegrinotti e Tortolini) possa riconoscersi nel piano dopo il passaggio romano! 

Quest’ultimo infatti è un sostanziale ritorno proprio alla versione adottata a luglio, soprattutto per quanto riguarda i punti controversi e “picconati” in commissione e quindi un accoglimento sostanziale di quanto chiedevo con i miei emendamenti, presentati e ignorati in quella sede (in particolare nella Disciplina di Piano e in quella dei Beni Paesaggistici): cancellato il tentativo di aggirare le norme per l’escavazione sopra i 1200 metri, salvaguardati i circhi glaciali e vette e crinali integri sotto i 1200 metri e contestualmente regolata l’attività di escavazione. 

Per quanto riguarda la riattivazione delle cave dismesse esprimo grande soddisfazione perché è stato accolto quanto chiedevo, ossia che fosse eventualmente riattivata solo l’area di cava autorizzata con LR36/80 e non l’intera cava (magari secolare) e che questo limite valesse anche per il calcolo del 30% del marmo ulteriormente scavabile (e non sull’intero scavato della cava negli anni come era uscito dalla commissione). 

Per quanto riguarda la fascia costiera, cancellato l’emendamento “cementificatore” inserito in tutte le schede del sistema costiero (ad eccezione di quella Parco dell’Uccellina), dove si dava il via a una massiccia edificazione con ampliamenti, cambio di destinazione, ecc., cancellata la possibilità di realizzazione di nuovi interventi sugli arenili.

Un buon risultato quindi, grazie al lavoro dell’assessore Marson, qualificato e tenace, all’impegno di contrasto e costante informazione e denuncia che noi abbiamo fatto (che ha contribuito al fatto che la demolizione del piano in Commissione non avvenisse nel silenzio assoluto delle sue “segrete stanze”), ma anche della mobilitazione ampia, multiforme e variegata di associazioni, movimenti, e partiti, un “mondo” che si caratterizza per la scelta di assumere la salvaguardia di ambiente e paesaggio come motore di sviluppo sostenibile e qualificato, e non come freno. 

Il difficile inizia ora ed è consegnato alla buona applicazione del Piano, al controllo e alla vigilanza pubblica che deve continuare, al protagonismo delle popolazioni che non si deve sopire: ora saranno i Consigli Comunali ad approvare i piani di bacino che normano come e quanto scavare. 

Ora piani di bacino, piani di recupero e valorizzazione paesaggistica e progetti di recupero saranno sottoposti a valutazione paesaggistica con parere vincolante da una commissione regionale appositamente istituita. 

È la sconfitta del partito renziano, che al di là della facciata rinnovatrice nasconde invece una visione sviluppista di sfruttamento del territorio attenta solo ai grandi interessi.

 

 

 

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