Archivi Giornalieri: 8 Aprile 2015
Su vari siti il 29 marzo 2015 è stato pubblicato con questo titolo il seguente articolo, che dà il paio a quello di Giorgio Nebbia ripubblicato oggi come retro dell’ultimo numero della rivista “Verde Ambiente” (http://www.vasonlus.it/?p=13267&preview=true) Aldilà della retorica istituzionale, Expo 2015 rappresenta la più chiara manifestazione di un modello di sviluppo insostenibile. Nonostante l’obiettivo di voler nutrire il pianeta, la filosofia che ha ispirato e ha dato gambe a tutta la kermesse riprende e rilancia un sistema agroalimentare incapace di rispondere alle esigenze di sovranità alimentare, di equo accesso ad un’alimentazione di qualità, di sostenibilità ambientale davanti alle grandi crisi ecologiche del nostro tempo. Proprio per questo, come organizzazioni e reti della società civile delle più diverse provenienze, denunciamo questo tentativo di manipolazione chi attraverso il quale, istituzioni come imprese private, cercano di rinnovare l’immagine di un sistema strutturalmente insostenibile. I cantieri verso Expo 2015 sono stati un insulto ai diritti del lavoro e alla sostenibilità ambientale. Turni inaccettabili, paghe orarie da miseria, e un pesante impatto sul territorio, in termini di cementificazione e quindi consumo di suolo[1], infrastrutture inutili e emissione di gas climalteranti, sono già l’evidente espressione dell’incoerenza dell’iniziativa: con buona pace del rilancio e della rivalorizzazione dei nostri terreni agricoli e di una vera lotta al cambiamento climatico. Expo, che vuole nutrire il pianeta, si basa su una kermesse che consuma territorio ed emette gas climalteranti. Il tutto con ingenti investimenti pubblici[2], alcuni dei quali finiti sotto la lente della procura perché in odor di mafia. Al di là della questione legalità attorno ai cantieri dell’area fieristica Expo e delle infrastrutture ad esso collegate o con esso giustificate, è ancora una volta la filosofia delle “grandi opere” ad essere validata come unica strada percorribile per rilanciare l’economia nei territori, dove urbanizzazione, cementificazione e infrastrutturazione […]
Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente articolo che ci ha trasmesso Franco Cuomo del Circolo Territoriale di VAS di Vico Equense “Giovanni Esposito”. Qualcuno dirà che non sono mai contento, qualche altro che sono perennemente infelice, qualche altro ancora che non sono utile a me stesso e all’altra metà del cielo e che sono vecchio, decrepito, insomma un relitto umano. Smentisco, non sono giovanissimo ma mi sento molto utile ancora a molti e ho cura di me stesso e di altri e proprio per questo mentre mi godevo la pensione passeggiando giù alla marina di Seiano, alle Calcare per la precisione, insieme ad alcuni amici, non ho potuto fare a meno di vedere quegli orrendi lampioni da autostrada di periferia urbana piantati in maniera selvaggia e senza alcun criterio lungo quel tratto di spiaggia e, sulla sabbia, i resti di tubi di plastica bianche e azzurri sparsi d’ovunque. Ho provato una pena profonda per il mio territorio, non ho avuto neanche la voglia di fotografarli quei lampioni tanto sono brutti, chi vorrà vederli non faticherà molto a notarli. Chi li ha scelti? Chi ha potuto pensare che quel tipo di illuminazione potesse essere sistemato in un posto simile? Chi li ha commissionati? Ma li ha visti qualcuno prima di interrarli? I raffinatissimi assessori che pure si dice facciano parte di questa Giunta hanno permesso un simile acquisto? Quella spiaggia un tempo era una pietraia assolata, che si concludeva con le rovine cinquecentesche di un vecchio arsenale, con alle spalle piccoli vigneti e ulivi e fichi d’india. Oggi, dalla Torretta normanna al vecchio arsenale è solo un continuum di baracche di legno, di ferro arrugginito, di cancelli davanti alle quali spesso sono state gettate colate di cemento per improbabili piattaforme e ancora più improbabili ristoranti o paninoteche o bar che […]
Fiera delle Vanità o fiera dei bisogni ? di Giorgio Nebbia La grande esposizione universale di Milano sta viaggiando verso l’imminente inaugurazione (che avverrà il prossimo Primo Maggio) in mezzo a vasti dibattiti che vanno dalle speranze di crescita del prestigio internazionale dell’Italia produttiva e dell’arrivo di soldi in modo da alleviare la nostra crisi economica, alle critiche sulla organizzazione e a domande su quello che succederà dei vasti spazi occupati dall’EXPO quando sarà finita. In questi dibattiti, a mio parere, si parla poco della vera finalità dell’esposizione che, come dice il nome, dovrebbe proporsi di “esporre” i mezzi per raggiungere i grandi generosi obiettivi di “Nutrire il pianeta” e di assicurare “Energia per tutti”. L’EXPO 2015 rientra nel filone delle esposizioni e fiere merceologiche che si propongono di far conoscere e diffondere manufatti e tecnologie sviluppate nei vari paesi. Per “nutrire il pianeta” occorrono trattori e concimi, processi per trasformare i prodotti dell’agricoltura e della zootecnia attraverso innumerevoli operazioni di conservazione e di modificazione fisica e chimica (si pensi alla trasformazione del latte in burro e formaggio, dei chicchi di grano in pasta e pane, delle carcasse degli animali in carne in scatola, dei pomodori in conserve, eccetera). E occorre acqua ricavata dalle sorgenti o distribuita dagli acquedotti, e energia, la merce per eccellenza ricavata da carbone o petrolio, da gas naturale o dal moto delle acque o dai pannelli fotovoltaici. E poi occorrono navi e camion che trasportano i prodotti ai supermercati e alle botteghe fino ai mercatini di villaggio, tutta una catena di scambi in cui si formano scorie e rifiuti inquinanti. Questa è la storia naturale del cibo che arriva alle famiglie e alla ristorazione collettiva. Le esposizioni di merci hanno radici antichissime da quando i mercanti hanno cominciato a presentare le proprie merci sulle […]