L’ordine del giorno che con il parere favorevole del Governo vorrebbe dare nuovamente via libera alla sperimentazione in pieno campo di sementi OGM

 

Oggi è previsto il voto nell’assemblea del Senato della Legge di delegazione europea.

È stato presentato in aula il seguente Ordine del giorno, che ha già ricevuto il parere favorevole del Governo, con il quale si cerca di dare nuovamente via libera alla sperimentazione in pieno campo di sementi OGM.

È a è a firma della senatrice a vita Elena Cattaneo, seguita da Luigi Zanda (PD), Emilia De Biasi (PD), Giuseppe Schifani (NCD), Roberto Formigoni (NCD), Paolo Romani (FI) e Bianconi. 

ORDINE DEL GIORNO

G1.100 (testo 2)

Cattaneo, Zanda, Romani, Schifani, De Biasi, Formigoni, Bianconi

Il Senato,

premesso che:

il disegno di legge in discussione AS 1758 recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea; Legge di delegazione europea 2014» dispone al primo comma dell’articolo uno che «il Governo e` delegato ad adottare secondo le procedure, i princıpi e i criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, i decreti legislativi per l’attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B alla presente legge»;

all’allegato B della presente legge il penultimo punto, il numero 54, aggiunto al testo d’iniziativa del Governo dalla 14ª Commissione permanente in sede referente, si individua la seguente direttiva tra quelle oggetto di recepimento: «54) (UE) 2015/412 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio (senza termine di recepimento)»;

– in Italia, da oltre dieci anni, in controtendenza con le tradizioni d’eccellenza scientifica di settore del Paese e al contrario di quanto avviene nei maggiori Paesi europei, non e` possibile fare ricerca scientifica pubblica sperimentando in pieno campo le innovazioni biotecnologiche scoperte dagli scienziati italiani;

– il divieto è in contrasto con l’interesse nazionale e con le indicazioni dell’Unione Europea contenute nella stessa direttiva (UE) 2015/412 di cui si dispone il recepimento che, nel lasciare liberi gli Stati di regolamentare a piacere sul loro territorio le piante geneticamente modificate, raccomanda di favorire la ricerca scientifica nell’interesse dell’economia agricola europea e mondiale;

– inoltre, la direttiva dispone che l’Autorità e gli Stati membri dovrebbero perseguire la formazione di una vasta rete di organizzazioni scientifiche in rappresentanza di tutte le discipline, comprese quelle relative alle tematiche ecologiche;

– la direttiva raccomanda che la Commissione e gli Stati membri garantiscano la messa a disposizione delle risorse necessarie per la ricerca indipendente sui rischi potenziali che possono insorgere a seguito dell’emissione deliberata o dell’immissione in commercio di OGM e a fare in modo che i ricercatori indipendenti abbiano accesso a tutta la documentazione pertinente, nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale;

– nuovi finanziamenti specifici devono essere assegnati per rendere possibili le valutazioni d’impatto ambientale delle innovazioni che vengono sperimentate in campo;

– le sperimentazioni e le valutazioni d’impatto ambientate devono essere condotte in maniera comparata tra le diverse tipologie di coltivazioni. Questo vuol dire che una pianta modificata va valutata rispetto alla stessa pianta coltivata in maniera tradizionale, o secondo le procedure dell’agricoltura biologica. Quindi la valutazione d’impatto non è assoluta, ma relativa al carico ambientale prodotto dai tre tipi dı` coltivazioni;

– l’Italia ha accumulato uno spaventoso ritardo nelle discipline dell’innovazione agronomiche che si traducono anche nell’assenza di aziende sementiere italiane anche di medie dimensioni, tanto che tutti i semi di piante orti col e ci arrivano dall’estero;

– se la ricerca pubblica italiana continuerà a vedersi proibita ogni possibilità di sperimentare piante ingegnerizzate di interesse nazionale, a fame le spese saranno la tutela della biodiversità agraria italiana che, senza ricerca, continuerà a ridursi; la possibilità di limitare l’impatto della chimica sulle coltivazioni nazionali; l’ulteriore invasione da parte di semi e piante di provenienza estera con le logiche conseguenze di inquinamento per le nostre coltivazioni (si vedano i casi, della distruzione delle palme per il punteruolo rosso, di castagni, noccioleti, fino all’ultimo episodio di Xylella, un parassita importato con semi e piante d’importazione) e complessivamente la possibilità di rendere l’Italia un Paese più competitivo nel settore;

– preservare e implementare la biodiversità dell’agricoltura del Paese significa consentire alla ricerca pubblica la sperimentazione di due tipologie di piante geneticamente modificate:

a) le piante transgeniche, cioè quelle in cui vengono trasferiti geni presenti in specie diverse, che sono esenti da brevetti delle grandi multinazionali sementiere;

b) le piante non-transgeniche in cui sono trasferiti geni da altre piante della stessa specie o in cui funzioni della stessa pianta vengono spente anche usando le nuovissime tecnologie di evoluzione guidata;

– sono necessari investimenti mirati per lo sviluppo di tecnologie che descrivano le informazioni contenute nel DNA di piante d’interesse specifico per l’agricoltura italiana e dei suoi prodotti tipici, riguardanti i sistemi di difesa dai parassiti;

– il principale problema dei cultivar italiani è la loro suscettibilità alle malattie da parassiti, rispetto ai quali i recenti progressi delle conoscenze scientifiche sui sistemi genetici di difesa acquisiti evolutivamente dai genomi, potrebbero consentire di dotare le piante della capacità di resistere ai parassiti anche senza dover inserire geni estranei; in altre parole esiste un potenziale straordinario di sviluppo conoscitivo e innovativo che può scaturire dallo studio dei meccanismi di difesa delle piante, che fino ad ora e` stato poco sfruttato dalla ricerca biotecnologica;

– il melo è un esempio di pianta nelle quali le modifiche (intese come silenziamenti di .geni di cui al precedente punto b) garantiscono un vantaggio per i consumatori e non più solo per i produttori, con la consistente riduzione nell’uso di fungicidi;

– allestire una pianta che deriva dall’incrocio tra varietà commerciali e varietà selvatiche permetterebbe di accelerare di vari decenni l’ottenimento di una pianta che potrebbe nascere da un normale incrocio tra le due varietà, ma solo in un tempo troppo lungo, tempo durante il quale la pianta verrebbe ulteriormente appesantita dal già enorme carico di fungicidi che affliggono le coltivazioni;

– esempi analoghi di come ridurre l ’allarme sociale per l’uso di pesticidi potrebbero essere le viti che evitano l’impiego di metalli pesanti come l’ossido di rame usato come fungicida a livello internazionale anche perché l’Italia non consente (a differenza della Germania) di fare miglioramento genetico mirato (non-transgenico) sulle piante di vite. Va ricordato che il rame essendo un metallo pesante resta nei terreni per varie decine di anni e che queste pratiche andrebbero scoraggiate a differenza di quanto accade ancora oggi per le coltivazioni biologiche di vite. Lo stesso problema deve essere affrontato per altre coltivazioni tipiche nazionali come il riso Carnaroli aggredito da altri tipi di funghi e la cui coltivazione sta ora scomparendo;

– in tal senso queste tecnologie mirano a preservare la biodiversità vegetale delle coltivazioni tipiche nazionali, impegna il Governo:

1) a rilanciare, recependo la direttiva (VE) 2015/412, la ricerca biotecnologica agraria pubblica in Italia, prevedendo una disciplina per riprendere la sperimentazione in campo aperto delle innovazioni studiate in ambito pubblico, a tal fine valutando la possibilità di:

– approvare i protocolli sperimentali di messa in campo relativi a ogni singola pianta, pronti dal 2007;

– istituire una Commissione di valutazione delle richieste di sperimentazione, composta anche dai ricercatori più prestigiosi e qualificati, sulla base delle migliori liste di pubblicazioni internazionali;

2) individuare sul territorio dei campi sperimentali di interesse nazionale, differenziati in modo da poter rappresentare le differenti aree climatiche del Paese;

3) assegnare nuovi finanziamenti specifici per rendere possibili le ricerche su nuove piante e microrganismi utili in agricoltura, con particolare riferimento alle tecniche di garanzia della tutela della salute e alla lotta nei confronti dell’abuso di fertilizzanti chimici di cui sono conosciute le negatività, oltre che sulle valutazioni di impatto ambientale delle innovazioni che vengono sperimentate in campo;

4) attuare la ricerca sulle piante geneticamente migliorate che si occupi di:

– piante transgeniche esenti da brevetti delle grandi multinazionali sementiere, così da proteggere l’agroalimentare nazionale,

– piante e microrganismi utili per aumentare la fertilità dei suoli che hanno ricevuto geni da piante della stessa specie o, ancora

– piante con geni della pianta stessa spenti al fine di dotarle della capacità di resistere ai parassiti senza dover inserire geni estranei.

 

 

 

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