Editoriale di Giorgio Nebbia Pubblicato con questo titolo l’11 maggio 2015 su “Eddyburg”. Giorgio Nebbia L’unica applicazione “commerciale” dell’energia solare, capace, cioè di “far soldi” (che è l’unica cosa che molti chiedono al Sole), consiste nei pannelli fotovoltaici, dispositivi capaci di trasformare, senza parti in movimento, la radiazione solare in elettricità. Sono quelle distese di pannelli che si vedono nella campagne, sui tetti di molte case e edifici, capaci di produrre circa 100-120 chilowattore di elettricità per ogni metro quadrato di superficie esposta al Sole, in un anno. “In un anno”, ma in quantità molto diverse a seconda delle ore del giorno e delle stagioni, a seconda che il cielo sia limpido o nuvoloso. La possibilità di ottenere energia dal Sole dipende da una catena di rapporti commerciali che comincia con i produttori delle celle fotovoltaiche vere e proprie e dei pannelli, poi passa attraverso chi importa i pannelli, chi va a convincere i governanti ad assicurare incentivi finanziari, chi vende pannelli solari porta a porta promettendo sicuri guadagni, chi assicura il montaggio e la manutenzioni dei pannelli, chi vende i dispositivi capaci di trasformare l’elettricità a basso voltaggio, prodotta dai pannelli, nell’elettricità a 220 volts come vogliono i frigoriferi, i televisori, le cucine e gli scaldabagno elettrici. Infine la catena continua con chi predispone la “vendita” dell’elettricità solare, ad alto prezzo, alle società elettriche che in cambio cedono, quando il Sole è assente, a prezzi più bassi l’elettricità ai venditori solari; la differenza fra i due prezzi è pagata da tutti noi. Il principale inconveniente dell’elettricità solare sta proprio nel fatto che essa viene prodotta di più nelle ore centrali della giornata e d’estate, quando è bassa la richiesta, ed è scarsa o assente nella notte e nei mesi invernali quando invece è elevata la richiesta da parte […]