Archivi Giornalieri: 7 Giugno 2015
Riportiamo l’importante sentenza della Sezione Sesta del Consiglio di Stato n. 2106 del 27 aprile 2015, che è stata pubblicata il 28 maggio 2015 sulla Rivista telematica di diritto ambientale Lexambiente con la seguente segnalazione e massima di Fulvio Albanese. Caccia e animali. La quota ex art. 10, c. 3, l. 157/1992 da destinare a protezione della fauna selvatica sottratta all’attività venatoria, non va intesa come quota massima. Le quote di territorio ex art. 10, comma 3 che la legislazione statale 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e regionale di recepimento, destina a protezione della fauna selvatica, non rappresentano limiti massimi invalicabili in grado di condizionare il potere dell’Amministrazione di individuare i confini delle aree da destinare a parco nazionale. Si tratta, al contrario, di soglie minime di protezione, che, come tali, possono essere superate, specie laddove vengano in considerazione territori di particolare importanza sotto il profilo faunistico e naturalistico. In altri termini, fermo restando l’obbligo di destinare, anche in assenza di aree di particolare pregio naturalistico, alla protezione della fauna selvatica almeno una percentuale, dal 20 al 30%, di territorio regionale, nulla impedisce allo Stato o alla Regione di estendere la percentuale di protezione e di sottrarre all’attività venatoria, nella delimitazione dei confini dei Parchi nazionali, aree più estese rispetto a quelle minime previste da tali norme. ****************** IL FATTO Con delibera n. 552 del 23 dicembre 2002 il Consiglio Regionale della Basilicata ha approvata la “Intesa con il Ministero dell’Ambiente ai sensi delle leggi nn. 394/91 e 426/98, preliminare alla istituzione del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano – Val D’Agri – Lagonegrese”, che è poi avvenuta con Decreto del Presidente della Repubblica dell’8 dicembre 2007. Con ricorso n. 3221 del 2009 la Federcaccia della Regione […]
(ANSA del 6 giugno 2015, ore 10:05) – Le associazioni ambientaliste lanciano un appello alle grandi potenze economiche: è ”emergenza clima” e i leader del G7 dovrebbero ”inviare un forte segnale politico a sostegno di una più decisa azione dei governi nel contrasto dei cambiamenti climatici in corso”. Legambiente e le associazioni di tutti i sette Paesi membri – Germanwatch (Germania), Union of Concerned Scientists (USA), Réseau Action Climat (Francia), E3G (Regno Unito), Kiko Network (Giappone), Environmental Defence (Canada) – lo chiedono alla vigilia del vertice G7 di Elmau in Germania in un appello alla creazione di ”una situazione di fiducia a sostegno della transizione energetica”. I governi del G7, spiegano le associazioni, ”hanno la responsabilità di assumersi impegni più ambiziosi nella lotta ai cambiamenti climatici, attraverso una rapida decarbonizzazione delle loro economie e il sostegno finanziario ai Paesi più poveri”. Per questo ”impegni ambiziosi da parte del G7 sono fondamentali per rendere possibile il raggiungimento di un nuovo accordo globale sul clima il prossimo dicembre a Parigi”. ”Per evitare scenari climatici ingestibili – osservano – le emissioni derivanti dai combustibili fossili devono essere gradualmente eliminate a favore di un’economia globale alimentata da fonti rinnovabili. È giunto il momento che il G7 acceleri questo processo concordando di guidare l’eliminazione globale delle emissioni da fonti fossili entro il 2050”. In particolare viene chiesto ”ai leader del G7 di abbandonare il ricorso al carbone”. ”Anche l’Italia deve fare la sua parte – dichiara il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza – Matteo Renzi deve immediatamente fermare i progetti di trivellazione nell’Adriatico e nel Canale di Sicilia. Il governo italiano deve finalmente adottare un ambizioso Piano d’azione nazionale sul clima che abbia l’efficienza energetica e le rinnovabili come pilastri fondamentali”. I leader delle economie più avanzate del mondo, dice il Wwf, “devono […]