(da http://roma.repubblica.it/cronaca/2015/06/24/news/stadio_della_roma_vertice_al_ministero_con_delrio-117578484/) Nuovo incontro sullo stadio della Roma, a una settimana dalla presentazione ufficiale del progetto. “I costruttori e Pannes hanno assicurato al ministro Delrio, e io ne sono molto soddisfatto perché era quello che chiedevo, che dal momento della posa della prima pietra in 22 mesi si potrà giocare la prima partita. Io ho ribadito comunque che non si giocherà nessuna partita se tutte le opere pubbliche non saranno completate“, ha commentato il sindaco di Roma, Ignazio Marino, al termine della riunione con il ministro Graziano Delrio al dicastero di Porta Pia, a cui hanno partecipato anche l’imprenditore e costruttore Luca Parnasi, il responsabile del progetto dello stadio della Roma, Mark Pannes, insieme agli assessori capitolini Giovanni Caudo (Urbanistica) e Guido Improta (Trasporti). “Siamo molto contenti e continueremo su questa strada con la massima trasparenza, un grande sforzo e un grande coordinamento tra professionisti: l’obiettivo è quello di arrivare quanto prima alla posa della prima pietra. È un investimento totalmente privato da oltre un miliardo e mezzo che non peserà assolutamente sul bilancio del Comune“, ha aggiunto Parnasi, ad di Eurnova Spa. Per Delrio si tratta di ”un lavoro molto buono, che tiene insieme qualità progettuale e interesse pubblico”. Il ministro si è informato in particolare sulla sostenibilità del progetto e sui collegamenti al sito con le altre aree urbane attraverso il trasporto privato e pubblico, giudicando ”molto positivamente l’investimento di 300 milioni per la mobilità su ferro”. ”Una sfida non solo di Roma ma di tutto il Paese – ha inoltre affermato il ministro – per dimostrare al mondo che siamo capaci di costruire un’opera bella e complessa con risorse definite e tempi certi“. Marino ha riferito ancora il giudizio di Delrio, arrivato al ministero in bicicletta: “Per il ministro è un progetto davvero avveniristico, la […]
Archivi Giornalieri: 24 Giugno 2015
(ANSA del 23 giugno 2015, ore 17:48) – Brillano nella notte e illuminano la salute dei nostri territori: le lucciole, Coleotteri Lampiridi, sono l’indicatore del benessere dell’ambiente e quindi della sua biodiversità. Così inizia oggi ad Assisi nella Selva Sacra di San Francesco “La notte delle lucciole” proprio in occasione della magica ‘notte di San Giovanni’, tra il 23 e il 24 giugno: è il primo appuntamento del tour estivo per i cittadini alla scoperta delle lucciole, organizzato dal Corpo Forestale dello Stato, in 27 Riserve Naturali dislocate in tutto il Paese. “L’iniziativa ha una doppia valenza – spiega il comandante Alessandro Bottacci, responsabile dell’Ufficio per la Biodiversità del CFS – le lucciole sono la cartina di tornasole della qualità dell’ambiente, sono minacciate dai pesticidi e dall’inquinamento luminoso e la loro presenza indica la buona salute dell’ambiente. Inoltre è la possibilità per i cittadini di conoscere il mondo notturno dei boschi dove gran parte della natura prende vita nella notte“. In Italia le lucciole sono diminuite notevolmente negli ultimi 10 anni, in particolare ai margini delle città e in molti ambienti agricoli; le cause principali sono i pesticidi che agiscono sulle larve, la cementificazione che distrugge i loro habitat e l’aumento di luce artificiale. Il prossimo appuntamento alla scoperta di “questi indicatori ecologici” e di come tutelarli è in programma nella Riserva Naturale di Tocchi a Siena il 25 giugno. Sul sito www.corpoforestale.it è possibile consultare l’elenco degli appuntamenti e tutte le informazioni utili, che si riportano comunque di seguito.
Il 14 giugno 2015 le associazioni ambientaliste ternane, con in testa il Circolo VAS di Terni, hanno trasmesso al Sindaco la seguente richiesta di ordinanza urgente. AL SINDACO DEL COMUNE DI TERNI Ogg. : RICHIESTA DI ORDINANZA URGENTE Intervenire negli impianti sportivi situati in zone altamente inquinate. Intervenire nei giardini pubblici a rischio. La città di Terni é ormai da tempo considerata una delle città più inquinate d’Italia come risulta da vari studi effettuati sull’alta concentrazione di polveri sottili e metalli pesanti,spesso oltre il livello di guardia. Là dove lo stesso ISPRA sottolinea che “il ruolo dei soggetti pubblici che devono garantire la produzione e la diffusione delle informazioni ambientali è centrale” (Doc. dicembre 2010 ), non è’ ai stata effettuata una benché minima attività di informazione da parte delle istituzioni locali nei confronti della cittadinanza ternana sui gravi danni che l’inquinamento reca alla salute pubblica, danni peraltro rilevati da autorevoli studi, primo fra tutti quello eseguito dall’ISS (“Sentieri”). Tutto ciò non può essere giustificato in alcun modo visto che Terni subisce da diversi anni le conseguenze di un’industralizzazione fuori controllo. Alcuni quartieri tra i più inquinati della città, quali Prisciano, Borgo Bovio, Borgorivo, Polymer e Maratta, ospitano impianti sportivi frequentati anche da bambini ,esponendo gli utenti a gravi rischi per la salute. Naturalmente nel periodo estivo i rischi aumentano poiché, essendo l’attività sportiva praticata all’aria aperta, l’organismo umano assorbe in maniera diretta gli elementi inquinanti. L’attività sportiva, se svolta con moderazione, è fondamentale per il raggiungimento del benessere psico-fisico, molto importante nella società contemporanea contraddistinta da un alto disagio psicologico e sociale. Gli impianti sportivi situati nelle aree maggiormente inquinate della città vanno perciò monitorati attentamente e costantemente e, se necessario,chiusi fino alla bonifica ambientale dei siti inquinanti. Quanto sopra vale anche per i […]
(ANSA del 19 giugno 2015, ore 16:30) – Italia sempre più calda, con piogge abbondanti in inverno e rischio siccità in estate. È il quadro dipinto, in uno scenario sul clima del nostro Paese per la fine del secolo, da alcuni scienziati del Centro EuroMediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) in un articolo pubblicato nella rivista International journal of climatology. Si parla di un aumento della temperatura media di 3,2 gradi (differenza tra il periodo 1971-2000 e 2071-2100) e un incremento di precipitazioni nelle stagioni fredde e una diminuzione in quelle calde. I risultati della ricerca mostrano scenari climatici sull’Italia per valutare le variazioni di temperature e precipitazioni per il secolo in corso e i relativi impatti. I dati – viene spiegato dal Cmcc – sono ”associabili al rischio alluvioni per quanto riguarda le stagioni invernali e ai problemi” relativi a ”la gestione delle risorse idriche nelle stagioni estive e primaverili soprattutto nelle regioni settentrionali” del Paese, ”con particolari implicazioni sia per la disponibilità d’acqua ad uso civile, sia per altri usi come per i settori agricolo e industriale”. Il Cmcc spiega che, grazie agli ‘‘avanzamenti della ricerca scientifica’‘, queste ”informazioni per i decenni a venire” saranno ‘‘di grande importanza per i decisori pubblici”: è come fare ”uno zoom su una parte della Terra”, per studiare i cambiamenti climatici attuali e futuri su scala regionale utilizzando modelli numerici che consentono di raggiungere ”un livello di dettaglio sufficiente ad analizzare il clima di una determinata area del Pianeta”, come per esempio l’Italia. Gli scienziati del Cmcc e del Cira (Centro italiano ricerche aerospaziali) di Capua che hanno condotto la ricerca sono Edoardo Bucchignani, Myriam Montesarchio, Alessandra Lucia Zollo e Paola Mercogliano.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo quanto ci ha scritto il 19 giugno 2015 Franco Pedrotti. La Provincia di Bolzano ha fatto la richiesta di apertura della caccia nel Parco Nazionale dello Stelvio, come si evince dalla richiesta presentata qualche giorno fa alla Commissione dei 12 a Roma. Nel 1964 la Regione Trentino Alto Adige aveva approvato la legge regionale n. 30 del 7 settembre 1964, con la quale veniva ammessa la caccia in più della metà dei settori di Trento e Bolzano del Parco Nazionale dello Stelvio, Oltre a cervo, camoscio e capriolo, si potevano cacciare addirittura le marmotte, e inoltre era permessa la caccia al canto al gallo forcello e al gallo cedrone (SIC !). A titolo di esempio, soltanto nel 1968 vennero abbattuti 20 capi di gallo forcello, 5 in provincia di Trento e 15 in quella di Bolzano. Nel 1981 la Provincia di Bolzano ha adottato un sorprendente provvedimento: la caccia a lepre, lepre bianca, volpe, tasso, martora, francolino di monte, cesena, tordo, storno, merlo e altre specie “minori”. Tralasciando altri particolari (raccolti nel libro di Franco Pedrotti: Vicende storiche del Parco Nazionale dello Stelvio, Trento, TEMI, 2005), si deve ricordare che il WWF, tramite la Sezione di Trento, presidente Francesco Borzaga, ricorse più volte al Consiglio di Stato e nel 1983 ottenne l’abolizione della caccia nel Parco nazionale dello Stelvio. Ora siamo di nuovo al punto di partenza, la provincia di Bolzano ha chiesto l’apertura della caccia in sede di Commissione dei 12, nella seduta di ieri. La legge nazionale sulle aree protette vieta la caccia nei parchi, nazionali, regionali e provinciali. Come è noto, nei parchi naturali della Provincia di Bolzano e di Trento sono aperte alcune forme di caccia; pertanto, tali parchi, non dovrebbero neppure essere inseriti nell’elenco ufficiale delle aree protette italiane.