Permesso di costruire per le strutture all’aperto, la Consulta boccia norma del decreto Fare

 

Su questo stesso sito il 27 dicembre 2013 è stato pubblicato un articolo dal titolo «Il condono per gli stabilimenti balneari», che dava notizia del “benefit” concesso a campeggi e villaggi turistici grazie al 4° comma dell’art. 41 sulle case mobili inserito nel cosiddetto “Decreto del fare” (D.L. n. 69 del 21 giugno 2013), poi convertito nella legge n. 98 del 9 agosto 2013 (http://www.vasonlus.it/?p=3109).

Ad esso ha fatto seguito un articolo pubblicato il 30 maggio 2014 dal titolo «Convertito in legge il decreto sul “Piano Casa” con l’emendamento che consente di realizzare senza alcun permesso “case mobili” in strutture ricettive all’aperto» ( http://www.vasonlus.it/?p=5505).

Il 4° comma dell’art. 41 del D.L. n. 69/2013, convertito con modificazioni dal 1° comma dell’art. 1 della legge n. 98/2013, è stato impugnato dalla Regione Veneto presso la Corte Costituzionale.

L’articolo pubblicato con questo titolo il 28 luglio 2015 sul sito “Casa e Clima” spiega le ragioni per cui con la Sentenza della Corte Costituzionale n. 189 del 9 giugno 2015, depositata il 24 luglio 2015, è stato accolto il ricorso della Regione Veneto.

Con la sentenza n. 189/2015 depositata il 24 luglio, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 41, comma 4, del decreto Fare (decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98). 

Questa norma ha novellato l’art. 3, comma 1, lettera e.5), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia – Testo A) e secondo la Regione Veneto che l’ha impugnata (LEGGI TUTTO), ove sia intesa nel senso di includere tra gli interventi di nuova costruzione per i quali è richiesto il permesso di costruire l’installazione di «manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee», «ancorché siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno dei turisti», sarebbe in contrasto con l’art. 117, terzo e quarto comma, in quanto sottrarrebbe illegittimamente i richiamati interventi alla competenza delle Regioni in specie in materia di turismo.

LA CORTE COSTITUZIONALE DÀ RAGIONE AL VENETO. La Consulta ha giudicato fondata la questione di illegittimità costituzionale posta dalla Regione Veneto. 

La norma impugnata si inserisce nell’ambito della disciplina urbanistico-edilizia, dettata dal legislatore statale all’art. 3 (L) del d.P.R. n. 380 del 2001, in tema di realizzazione di strutture mobili configurate come «interventi di nuova costruzione», in quanto tali subordinati al conseguimento di specifico titolo abilitativo costituito dal permesso di costruire.

Secondo la Corte costituzionale questa norma impugnata presenta «vizi di illegittimità costituzionale. Essa, infatti, nella parte in cui stabilisce che costituiscono “interventi di nuova costruzione” l’installazione di manufatti leggeri anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee, “ancorché siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti”, estende, con norma di dettaglio, l’ambito oggettivo degli “interventi di nuova costruzione”, per i quali è richiesto il permesso di costruire». 

VIOLATE LE COMPETENZE REGIONALI. La norma contestata individua, osserva la Consulta, «specifiche tipologie di interventi edilizi, realizzati nell’ambito delle strutture turistico-ricettive all’aperto, molto peculiari, che peraltro contraddicono i criteri generali (della trasformazione permanente del territorio e della precarietà strutturale e funzionale degli interventi) forniti, dallo stesso legislatore statale, ai fini dell’identificazione della necessità o meno del titolo abilitativo.

In tal modo, la norma impugnata sottrae al legislatore regionale ogni spazio di intervento, determinando la compressione della sua competenza concorrente in materia di governo del territorio, nonché la lesione della competenza residuale del medesimo in materia di turismo, strettamente connessa, nel caso di specie, alla prima».

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