Archivi Giornalieri: 7 Ottobre 2015
Già quest’anno in Africa del Sud, Asia e America centrale almeno 10 milioni di persone soffrono la fame e così sarà anche nel 2016. A piegare i più poveri sono siccità e piogge anomale che distruggono i raccolti. Terreni arsi da temperature da record e per le conseguenze di un ‘El Nino’ che quest’anno potrebbe essere tra i più forti mai registrati. L’allarme viene dall’organizzazione Oxfam che ha pubblicato il rapporto ‘Entering Uncharted Waters: El Niño and the threat to food security’ – Entrare in acque inesplorate: El Nino e la minaccia per la sicurezza alimentare. L’ong sottolinea come El Nino, un fenomeno climatico che accade ogni 7-8 anni, parte dall’oceano Pacifico e porta condizioni climatiche estreme in diverse parti del mondo, da forti precipitazioni in Sud America a siccità in Australia, sud est Asiatico e sud Africa, nel 2015 potrebbe raggiungere una ‘potenza’ da record. Secondo le previsioni dovrebbe raggiungere il picco tra ottobre e gennaio 2016 e potrebbe superare El Nino del 1997-1998, il più forte registrato recentemente, che provocò caos climatico e disastri umanitari, dal Perù all’Indonesia, con siccità, inondazioni e incendi forestali, duemila morti e circa 33 miliardi di dollari danni. Nella sola Etiopia, avverte Oxfam, 4,5 milioni di persone hanno bisogno di aiuti alimentari a causa delle scarse piogge di quest’anno. Inondazioni e siccità hanno invece tagliato di oltre un quarto la produzione di mais in Malawi, dove dall’inizio del 2016 ci saranno un paio di milioni di persone a combattere per un boccone di cibo. Nello Zimbabwe la siccità ha ridotto il raccolto di mais del 35%. Ma le conseguenze del clima anomalo si fanno sentire anche in America Centrale, dove la produzione di mais è crollata a causa di due anni di siccità legati a El Nino facendone lievitare il costo; in […]
Con la sentenza n. 3505/2015 depositata il 14 luglio, la quarta sezione del Consiglio di Stato dice la sua in merito alla distinzione tra il restauro e il risanamento conservativo, da un lato, e la ristrutturazione edilizia, dall’altro. Per quanto riguarda il restauro e il risanamento conservativo, di cui all’art. 3, c. 1, lett. c) del DPR 380/2001, si tratta di un’attività rivolta «… a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali (di esso) …, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili …». Poiché il restauro ed il risanamento implicano anche «…il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso…», l’eliminazione di elementi o estranei, o deteriorati di tale organismo preesistente non consente di fare confusione con la ristrutturazione edilizia. Infatti, osserva Palazzo Spada, “quest’ultima si configura nel rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio e nell’alterazione dell’originaria fisionomia e consistenza fisica dell’immobile, incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e risanamento, che invece presuppongono la realizzazione di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio (nella sua lata accezione di componenti strutturali originali o meramente riproduttivi) e la distribuzione interna della sua superficie”. SENTENZA N. 3968/2013. Di recente la quarta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3968 del 25 luglio 2013, “ha ribadito i capisaldi dell’istituto, riconoscendo il restauro ed il risanamento, fin dall’art. 31 della l. 5 agosto 1978 n. 457, in quell’insieme sistematico di opere anche sulla struttura (compresi il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio) che rispettino gli elementi fondamentali dell’organismo edilizio e ne assicurino le destinazioni d’uso compatibili con questi ultimi. Sicché la differenza tra essi e la ristrutturazione edilizia risiede […]
Via le grandi navi da Venezia, non solo dal centro storico ma da tutta la Laguna. A dirlo, questa volta, non è il Comitato no grandi navi o un (ex) democratico dissidente come Felice Casson, ma il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. Giovedì, dagli Stati generali del turismo sostenibile a Portici, Franceschini ha bocciato la soluzione Canale Vittorio Emanuele, quella proposta dal sindaco di centrodestra Luigi Brugnaro e che in Laguna ha messo d’accordo Lega Nord e Partito democratico, la capogruppo dem in Regione Alessandra Moretti e Paolo Costa, il potente presidente dell’Autorità portuale (nonché ex sindaco ed ex ministro delle Infrastrutture). “Il turismo delle grandi navi a Venezia ci andrà comunque ha detto Franceschini ma mi chiedo se non abbia più senso utilizzare come hub il Porto Vecchio di Trieste. Dobbiamo andare avanti anche a costo di scontentare qualcuno“. [vedi http://www.vasonlus.it/?p=20095] E la lista degli scontenti è lunga. La prima ad alzare la voce è stata Alessandra Moretti la cui svolta a favore del progetto Brugnaro aveva creato non pochi malumori nel Pd veneziano: “Rimango sorpresa. Quella di Franceschini appare come una scorciatoia che umilia il nostro sforzo e che sarebbe destinata a danneggiare Venezia. Serve un chiarimento“. E il chiarimento è arrivato ieri: benché il ministro abbia preferito non tornare sull’argomento “che ora va trattato a livello locale“, il suo staff conferma la soluzione Trieste. Le Grandi navi attraccherebbero nel porto vecchio che dovrebbe essere adeguato con l’aiuto degli armatori. I turisti potranno passare da Venezia, ma senza navi da crociera in Laguna. Come? Forse in treno, visto che la governatrice del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, ha rimarcato le possibilità offerte dal potenziamento della linea ferroviaria. Che l’uscita di Franceschini non sia stata improvvisata lo conferma un tweet del 2 settembre scorso scritto durante […]