I partecipanti alla conferenza sul clima di Parigi hanno concluso i lavori con un accordo per limitare il riscaldamento globale. Hanno parlato di quanti gradi potrà aumentare la temperatura media del pianeta entro qualche improbabile data del futuro e soprattutto di tanti soldi, chi li deve spendere e chi li prenderà. Fra i tanti argomenti poco spazio ha ricevuto il rapporto fra cibo e clima, un rapporto bivalente. Il cibo ha come unica fonte l’agricoltura che produce i vegetali per fotosintesi utilizzando l’anidride carbonica dell’atmosfera, il principale fra i “gas serra” responsabili delle modificazioni climatiche; l’agricoltura opera, quindi, come depuratore di parte dei gas emessi dai camini e dalle automobili. La biomassa di prodotti agricoli adatti, direttamente o indirettamente, all’alimentazione umana nel mondo è dell’ordine di dieci miliardi di tonnellate all’anno. Intanto va chiarito che ci sono due modi di accedere al cibo; gli alimenti che ci sono familiari, la pasta, la carne, i formaggi, i grassi, la verdura che acquistiamo nei negozi, sono stati ottenuti da una agricoltura industrializzata che fornisce prodotti agricoli in grande quantità, di elevata qualità e a basso prezzo con impiego di energia ricavata da combustibili fossili e con conseguente liberazione nell’atmosfera di gas serra in quantità molto maggiore di quella eliminata dalla fotosintesi dei vegetali. L’agricoltura industrializzata impiega macchinari che richiedono energia nella fabbricazione e nell’uso; concimi ottenuti per sintesi con consumo di energia e liberazione di gas serra, e che si trasformano nel terreno liberando altri gas serra come ossidi di azoto; occorrono poi navi e treni e camion (e energia) per il trasporto dei raccolti dai campi alle industrie di trasformazione e la produzione degli alimenti finali richiede processi di conservazione, trasformazione, inscatolamento, distribuzione, tutte operazioni che richiedono energia. La carne e i latticini e le uova, con le loro […]