Galletti, ministro dell’Ambiente contro la «casta» degli ambientalisti: «Io non ne faccio parte»

 

Ministro Galletti

Oggi anche gli ambientalisti si riscoprono «casta».

In senso dispregiativo, s’intende.

La novità è che a stigmatizzarne la carbonara organizzazione è niente meno che il ministro dell’Ambiente stesso, Gian Luca Galletti, che – dall’alto del suo dicastero –  della tutela dell’ambiente dovrebbe rappresentare la prima bussola in Italia.

È un ministro particolarmente indispettito quello che si ritrova nella croccante intervista concessa oggi a la Repubblica, dopo che la pioggia ha lavato dai cieli italiani l’ennesima, colpevole “emergenza smog”.

«Se non fosse piovuto, non sarei stato solo io in difficoltà, ma anche tutti i sindaci e i presidenti di Regione», sottolinea con puntiglio il ministro Galletti, per poi allargare la polemica – punzecchiato dal cronista Fabio Tonacci – sulle critiche piovutegli addosso sin dal suo insediamento come ministro dell’Ambiente.

«Ma fatemi capire… per fare il ministro dell’Ambiente bisogna essere per forza un geologo o un fisico? Non mi pare […] non ho vinto un concorso per fare il ministro. Ma sembra che sia richiesto solo a me!», sbotta Galletti.

Per poi scoccare l’affondo contro quella «casta» di criticoni che sono gli ambientalisti, dalla quale il ministro si smarca fieramente: «Bonelli chiede le mie dimissioni dal primo giorno in cui mi sono insediato, ipotesi a cui io non ho mai pensato. La verità è che lui in 20 anni ha parlato molto, ma quando il suo partito è stato al governo non ha fatto niente. Esiste la casta degli ambientalisti, e io non ne faccio parte».

Dalle parole del ministro pare dunque sia questa mancata affiliazione, non altro, all’origine delle frizioni sperimentate col mondo ambientalista.

Non la mancanza di qualsivoglia competenza “ambientale” nel proprio curriculum; non il presidio di un ministero divenuto ormai pressoché ininfluente, per capacità finanziaria e peso politico, nelle scelte di governo; non l’incapacità di indirizzare il Paese verso uno sviluppo davvero sostenibile, integrando magari le mosse del proprio dicastero con quello dell’Economia e dello Sviluppo economico.

Mancanze che hanno recentemente indotto due decani dell’ambientalismo italiano, Francesco Ferrante e Roberto Della Seta, a rimarcare che «tra le pochissime certezze di questa fine 2015 all’insegna dell’emergenza smog, una si staglia su tutte: il ministero dell’Ambiente non serve a nulla».

Nell’ormai lontano febbraio 2014, all’alba del governo Renzi, fummo tra i primi ad avere l’impressione che «la casella del ministero dell’Ambiente sia una delle ultime occupate, come tappabuchi da manuale Cencelli, durante le due ore e mezzo che il neo-premier Matteo Renzi ha passato nelle stanze del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a “limare” la squadra di governo. Alla fine i casiniani, anche per la diminuzione dei ministri,  si sono probabilmente  accontentati della promozione del loro ex sottosegretario. Questo però la dice lunga sull’importanza che sembra si sia data ad un ministero che in altri Paesi europei è ritenuto vitale, tanto che in Germania sia la cancelliera Angela Merkel sia il vicencancelliere socialdemocratico Sigmar Gabriel sono stati ministri dell’Ambiente».

A quasi un anno di distanza, purtroppo la prima impressione pare pienamente confermata.

Allora sarebbe però stato impossibile presagire addirittura lo scagliarsi di un politico di professione – e dunque «casta» per antonomasia –, per di più nelle vesti di ministro dell’Ambiente, contro «la casta degli ambientalisti».

«Casta» che tra l’altro, nel caso specifico della realtà italiana, è in verità formata per lo più da volontari che prestano il loro tempo a immaginare e disegnare un Paese migliore.

Se qualcosa il governo Renzi ha fatto di buono in campo ambientale – la retromarcia sulle trivellazioni petrolifere offshore, per dirne una –, paradossalmente lo deve proprio all’esistenza di questa «casta», e ai suggerimenti di cui per fortuna mai si è mostrata avara.

 

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 5 gennaio 2016 sul sito www.greenreport.it)

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