Archivi Giornalieri: 1 Marzo 2016
Leonardo DiCaprio, vincitore dell’Oscar 2016 come migliore attore protagonista per The Revenant ha voluto dedicare lo spazio del suo discorso ad un tema a lui caro, quello dei riscaldamento globale: “Per girare The Revenant abbiamo dovuto andare quasi al polo. Il 2015 è stato l’anno più caldo della storia, i cambiamenti climatici sono una realtà che sta accadendo adesso, dobbiamo smettere di procrastinare, bisogna agire per l’umanità e per le comunità indigene, per i figli dei nostri figli, le cui voci sono poste sotto silenzio dall’avidità di pochi“. DiCaprio, che ha una Fondazione che porta il suo nome focalizzata sulla protezione della biodiversità, degli oceani, delle terre incontaminate e sui cambiamenti climatici, gestisce la sua fama con intelligenza e la usa proprio per la sua grande passione, la sua grande battaglia, che è appunto la salvaguardia dell’ambiente. Leo, che comunque rimane schivo e ieri sera ha fatto di tutto per non confrontarsi con stampa e fotografi, è stato in pratica il primo attore a fare pubblicità alle automobili ibride e ha sempre appoggiato le organizzazioni verdi e ieri ha approfittato del palco del Dolby Theatre per mandare un messaggio a tutti. “Il mondo sta andando a fuoco e dobbiamo fare qualcosa. Essere qui, ha aggiunto dopo lo show, e poter parlare della mia ossessione più grande insieme al cinema è un’esperienza incredibile. Questa è la crisi più imponente che la nostra civiltà deve affrontare e ho voluto parlarne perché ho appena girato un documentario sugli effetti del surriscaldamento della Terra e bisogna intervenire ora. Adesso. Non c’è più tempo per stupidi dibattiti. E lo dico anche a chi andrà a votare alle presidenziali: se non credete nella scienza, nell’effetto serra e negli studi empirici, siete dalla parte sbagliata della storia“. E a chi lo critica per avere usato una piattaforma […]
COSA c’è di peggio che fare uno stage da 430 euro netti al mese, dopo anni di studio, e con una laurea o anche un dottorato in tasca? Ovvio: non riuscire nemmeno a farseli dare. È questa la paradossale situazione in cui si trovano, da gennaio, i famosi ‘500 giovani per la cultura’: quelli che il 21 ottobre 2013 Enrico Letta andò ad annunciare a Otto e mezzo, presentandoli come una specie di svolta epocale. Finalmente un governo che investiva sulla cultura: non proprio creando lavoro, non esageriamo, ma selezionando “cinquecento giovani laureati da formare, per la durata di dodici mesi, nelle attività di inventariazione e di digitalizzazione del patrimonio culturale italiano, presso gli istituti e i luoghi della cultura statali” (così il bando). Ebbene, né a gennaio né a febbraio quei «500 giovani» hanno ricevuto il loro ‘stipendio’. Perché? Perché il combinato disposto della ‘riforma’ che ha gettato il ministero per i Beni culturali nel caos e la cronica incomunicabilità burocratica tra ministeri (in questo caso, appunto, il Mibact e l’Economia) ha fatto sì che nessuno ora sappia chi deve erogare gli ‘stipendi’. Non solo: la confusione è stata tale che le ritenute finora applicate non erano quelle giuste, cosicché i «500 giovani» dovranno pure restituire i soldi al governo. Finalmente, una circolare della direzione Mibact per l’Educazione e Ricerca ha annunciato la soluzione: i centri di spesa saranno “i Segretariati regionali e gli istituti dotati di autonomia”. Ma questi ultimi hanno già messo le mani avanti: non hanno i fondi, non hanno i capitoli di spesa, né i conteggi giusti. Morale: i 500 giovani non saranno pagati neanche a marzo, e anzi fonti sindacali dicono che lo stallo potrebbe durare fino a giugno. Quando Letta annunciò il bando, sulla rete ci fu un’insurrezione, e fu coniato l’hashtag […]