Il Fatto Quotidiano 19.03.2016 Le due facce di Debora Serracchiani … Commenta così il deputato del Movimento 5 Stelle Carlo Sibilia Un concetto simile è stato espresso dall’ex collega del Pd Roberto Della Seta, tra i fondatori di Green Italia. … e le due facce del PD Con la posizione di oggi stona fortemente un progetto di legge che proprio il Partito Democratico depositò nel 2009 per ridurre sempre di più la dipendenza dal petrolio : “‘Rottamiamo il petrolio” era lo slogan del programma elettorale Pd nel 2008, per far sì che “l’Italia diventi il Paese del sole anche in fatto di energia, con più pannelli solari e lo sviluppo di altre rinnovabili, per produrre il 20% di energia con sole e vento“. Il 7 Aprile il Pd lanciò la “Giornata del Sole” con lo slogan “Rottamare il petrolio si può“. “‘Siamo convinti – disse l’allora vicesegretario del PD Dario Franceschini – che l’Italia debba impegnarsi per rottamare il petrolio e che in questo obiettivo s’incontrino un interesse globale di tutta l’umanità“.
Archivi Giornalieri: 19 Marzo 2016
A Genova e in altre 21 città di tutta Italia gli “oil men” di Greenpeace sono entrati in azione per invitare gli italiani al partecipare al referendum sulle trivellazioni offshore del prossimo 17 aprile. A Genova, in Piazza San Lorenzo i volontari di Greenpeace, vestiti di nero e con mani e volto sporchi di una sostanza oleosa simile al petrolio, hanno animato un flash mob per richiamare l’attenzione dei cittadini sul referendum. Sullo striscione si poteva leggere un chiaro invito al voto del 17 aprile: “O MÂ O NO SE PERTÛZA”. In ciascuna delle 22 città coinvolte, l’appello di Greenpeace a non trivellare il Paese è stato infatti tradotto nei dialetti locali, perché la minaccia petrolifera riguarda tutti gli italiani. “Indossare il nero petrolio – spiegano da Greenpeace – è stato un modo per far capire ai cittadini la vera posta in gioco al referendum del 17 aprile: il no alle trivelle è anche un no alla politica energetica del governo fondata sulle vecchie e sporche fonti fossili. Il petrolio è un inquinante capace di entrare nella catena alimentare e risalire fino alle nostre bocche. Con una media di 38 milligrammi per metro cubo, il Mediterraneo è il mare più inquinato dagli idrocarburi al mondo”. “Il 17 aprile gli italiani – spiega Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace – hanno la possibilità di fermare le piattaforme più vicine alle nostre coste. Producono solo il 3 per cento del gas di cui l’Italia ha bisogno, e lo 0,8 per cento del nostro consumo annuo di petrolio, ma lo fanno inquinando, e molto. Come dimostra il rapporto ‘Trivelle Fuorilegge’ di Greenpeace, che evidenzia concentrazioni preoccupanti di sostanze tossiche e cancerogene nei fondali vicini alle piattaforme e nelle cozze che ci crescono sopra”. Lo scorso luglio Greenpeace ha chiesto al […]
Giorgio Nebbia Una primavera, quella di trent’anni fa, segnata da un gran numero di guai che, se non altro, servirono, se così si può dire, a migliorare le leggi e i controlli sulla salute e sull’ambiente. L’anno era cominciato con la pubblicazione dell’elenco delle industrie “a rischio” di incidenti; una direttiva della Comunità Europea aveva stabilito che tutti i paesi membri avrebbero dovuto fare un inventario delle industrie in cui avrebbero potuto verificarsi incidenti rilevanti, come quelli di Meda/Seveso in Lombardia, di Manfredonia in Puglia, di Bhopal in India. Erano definite “a rischio” le fabbriche che al loro interno contenevano sostanze tossiche o esplosive in quantità superiori a certi limiti; un primo elenco delle industrie a rischio italiane fu redatto all’inizio di quel 1986 e, benché il governo lo avesse tenuto segreto, divenne presto pubblico e mostrò che l’Italia era piena di fabbriche pericolose di cui le popolazioni non sapevano niente. Cominciò allora una battaglia perché le autorità sanitarie e ambientali (era stato da poco istituito il primo ministero dell’ambiente) provvedessero a imporre procedure e controlli per una maggiore sicurezza e informazione dei lavoratori e degli abitanti del territorio circostante. Nel marzo dello stesso anno fu scoperta una frode del vino che costò la vita a molte persone. Nel vino, come tutti sanno, è presente, in concentrazione fra 8 e 15 percento, alcol etilico che si forma dagli zuccheri dell’uva durante la fermentazione, quel delicato processo che assicura la qualità del vino il cui prezzo dipende, fra l’altro, proprio dalla quantità di alcol presente. Una delle frodi consisteva nel sottoporre a fermentazione uve scadenti aumentando artificialmente la gradazione alcolica o per aggiunta di zucchero al mosto o per aggiunta di alcol etilico. Nel passato era stata anche praticata la frode di aggiungere al vino alcol metilico sintetico, una sostanza […]
Piantare alberi in modo strategico, mirato, su pianure alluvionali, potrebbe ridurre l’altezza delle inondazioni nelle città a valle fino al 20%. È quanto dimostra uno studio internazionale guidato dagli atenei di Birmingham e Southampton, pubblicato sulla rivista Earth Surface Processes and Landforms. I ricercatori hanno studiato un intero bacino fluviale nella New Forest, per una superficie di 100 chilometri quadrati, a monte della città di Brockenhurst. L’obiettivo era capire come l’introduzione di alberi, la riqualificazione fluviale e il “logjam” – le dighe artificiali nei fiumi – potessero influire sul picco, in altezza, di una eventuale inondazione verso una località urbana posta a valle. Sfruttando un modello digitale del terreno e una simulazione idrogeologica, gli scienziati hanno rilevato che piantando alberi sulla pianura alluvionale, aumentando il numero di dighe lungo il 10-15% della lunghezza totale del fiume, l’altezza massima di una potenziale inondazione si potrebbe ridurre del 6% con alberi cresciuti almeno per 25 anni. Con una foresta ancora più longeva e con una riqualificazione più estesa del fiume (20-25% del tratto), il picco dell’inondazione calerebbe anche del 20%. (ANSA dell’11 marzo 2016, ore 17:55)