Riforme, via al comitato del No. Ed è già in testa nei sondaggi

 

Maria Elena Boschi

Maria Elena Boschi con il fiocco arcobaleno per la fiducia alle unioni gay

Roma – «Se perdo il referendum, mi ritiro dalla politica».

«Personalizzare il referendum? Lo vuole il fronte del No».

L’autore delle due frasi è sempre lo stesso: Matteo Renzi.

Alla faccia del principio di non contraddizione.

Nel mezzo, però, ci sono alcune settimane e tanti sondaggi passati sulla scrivania di Palazzo Chigi.

Una somma di rilevazioni, umori, sensazioni che danno il quadro di condizioni climatico-politiche in rapida evoluzione e consigliano maggiore prudenza.

Tanto più che una eventuale sconfitta renziana potrebbe mettere in difficoltà anche il capo dello Stato, chiamato a quel punto a dover gestire dimissioni e cambio di governo (o addirittura ritorno alle urne).

Le conseguenze sono visibili: Renzi è sempre più concentrato sull’obiettivo referendario e sta derubricando le Amministrative a semplice test locale, minimizzandone la portata rispetto alla grande sfida di ottobre.

Gli ultimi segnali negativi per il premier sono arrivati dal referendum realizzato due giorni fa da Alessandra Ghisleri che ha certificato come il No si attesti al 51,6% e il Sì al 48,4.

La settimana scorsa un sondaggio Ixè per Agorà raccontava di un 72% di italiani intenzionati a votare, con il No al 54% e il Sì al 46%.

Numeri preoccupanti che lasciano prevedere una moltiplicazione delle apparizioni tv (già ampiamente sopra il limite di guardia) e una mobilitazione in prima persona per la costituzione dei comitati del Sì.

Anche ai suoi chiede il cambio di passo: «Facciamo sei mesi a testa bassa, anzi a testa alta» dice all’assemblea dei gruppi Pd.

«Non parlo di una tregua interna sulle polemiche ma lavoriamo sul territorio, io parlerò al Paese. Dobbiamo giocare all’attacco. In ogni piazza e in ogni città raccontiamo cosa facciamo in Europa e in Italia».

Sull’altro fronte il centrodestra unito, M5S, Sel e i costituzionalisti schierati contro il ddl Boschi si preparano a dare battaglia.

Anzi percepiscono come un assist la personalizzazione dello scontro fortemente voluta da Renzi che pure ieri nella sua letterina settimanale ai simpatizzanti ha provato a stemperare, scrivendo che «no, non è quello il mio obiettivo, ma quello del fronte del no che, comprensibilmente, sui contenuti si trova un po’ a disagio».

La frittata, però, è fatta.

Inserire la retromarcia mediatica non è facile.

E persino Sergio Staino nella sua quotidiana vignetta sulla renzianissima Unità fa dire al premier: «Vabbè ho personalizzato un po’ il referendum sulla riforma costituzionale, ma vi sembra un motivo sufficiente perché lo personalizziate tutti?».

Il fronte del No a questo punto affila le armi.

Nel centrodestra Renato Brunetta non perde occasione per stuzzicare l’avversario politico.

«Renzi imperterrito continua a prefigurare mance e mancette da distribuire a pioggia da qui al prossimo autunno, con il solo obiettivo di comprarsi il consenso al referendum. I cittadini hanno capito il suo imbroglio e a ottobre, con un bel no lo manderanno a casa una volta per tutte».

Il Comitato per il centrodestra unito, con Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia schierate sullo stesso fronte, è pronto.

È attivo il sito www.comitatoperilno.it e l’indirizzo email noallariformacostituzionale@gmail.com per aderire.

Logo Comitato per il no

Il direttivo è composto dal presidente emerito della Corte Costituzionale Annibale Marini.

E poi Renato Brunetta, Maurizio Gasparri; Gian Marco Centinaio; Edmondo Cirielli; Massimiliano Fedriga; Mariastella Gelmini; Fabio Rampelli; Paolo Romani e Achille Totaro.

I rilievi, sintetizzati in 10 punti, riguardano la «finta maggioranza, illegittima, racimolata e occasionale» che ha approvato il ddl; le «forzature di prassi e regolamenti»; l’introduzione «nel combinato disposto con la legge elettorale del premierato assoluto», il metodo dell’ «uomo solo al comando» senza adeguati contrappesi; il «pasticcio delle funzioni attribuite al nuovo Senato e del modo di elezione dei nuovi senatori»; «il nuovo riparto di competenze tra Stato e Regioni che aumenterà il contenzioso» e infine la clausola di supremazia, la «clausola-vampiro» che consentirà allo Stato di accentrare qualunque competenza regionale, mettendo a rischio le autonomie locali.

 

(Articolo di Fabrizio De Feo, pubblicato con questo titolo il 18 maggio 2016 su “Il Giornale”)

 

 

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