Cosa non torna, anche per l’ambiente, nel testo della Riforma costituzionale

 

Ministro Sonia Boschi

Stando all’ultima dichiarazione della Boschi dalla  Riforma deriverebbero 10 miliardi per la crescita.

In particolare deriverebbero dalle minori spese del personale politico, dalla eliminazione delle province e anche grazie alla maggiore chiarezza nel rapporto tra Stato e Regioni e alla minore conflittualità che ne deriverà.

Le cifre fornite dalla Boschi sono state immediatamente smentite e converrà quindi soprassedere.

È bene invece riprendere alcuni riferimenti che non dipendono dalla Ragioneria dello stato ma dalle implicazioni istituzionali soprattutto del rapporto Stato-Regioni-Enti locali specialmente dopo l’eliminazione delle province.

Non dimenticando che sia Renzi che la Boschi hanno più volte ribadito che la maggiore novità della riforma  è sicuramente costituita dalla riduzione delle competenze delle regioni a statuto ordinario perché come è noto quelle speciali non sono state sfiorate.

E questo tocca innanzitutto anche il ruolo del Senato e soprattutto come è stato detto da Di Siervo i poteri di confine tra Stato e Regioni che con il venir meno delle competenze concorrenti ha rispalancato le porte all’accentramento statale anche nelle competenze regionali.

E la confusione appunto su questa linea di confine si può supporre fondatamente che determinerà nuove conflittualità dopo quelle paralizzanti delle vecchio Titolo V.

Al tutto concorrerà naturalmente la sparizione di riferimenti alle funzioni fondamentali delle province che potevano accedere alla Corte sia pure solo tramite le Regioni.

Lo “sbianchettamento” – come è stato detto – nella Costituzione delle Province al cui posto figura attualmente una non meglio definita “area vasta” scarica sulle Regioni responsabilità sempre più attinenti alla gestione amministrativa e sempre meno a quella del governo del territorio  e in particolare dell’ambiente; insomma le regioni saranno sempre più soprattutto Enti amministrativi con un ulteriore marginalizzazione di forme istituzionali intermedie sul piano della identità e della coesione sociale, e quindi della democrazia.

Tutto questo peserà enormemente sugli assetti istituzionali che oggi molto più di ieri hanno a che fare con le politiche comunitarie alle quali dobbiamo concorrere e dalle quali  dipendiamo in misura sempre maggiore.

Da cui dipendono benefici dalla distribuzione delle risorse in aree plurime territoriali e non più nazionali.

D’altra parte se vogliamo una conferma di questa situazione sgangherata basta guardare alle leggi regionali finora varate sulle competenze delle province non più province dove difficilmente se ne trovano due affini.

Ecco perché è assurdo considerare la partita della riforma e non solo del Titolo V conclusa.

E lo è ancor più continuare a ripetere come fa la Boschi che la Riforma funziona.

Quando mai una squadra vince prima di  entrare in campo? 

 

Renzo Moschini

Le opinioni espresse dall’autore non rappresentano necessariamente la posizione della redazione

 

(Articolo di Renzo Moschini pubblicato con questo titolo il 10 giugno 2016 sul sito online “greenreport.it”)

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