Spacchettamento del referendum. Dividere i quesiti?

 

Aula di Monteciitorio

Che vuol dire spacchettare? 

Spacchettare significa dividere il quesito referendario, che riguarda l’intera riforma costituzionale, in più domande da sottoporre agli elettori sui vari temi trattati dalla legge.

I radicali hanno già depositato in Cassazione cinque blocchi di domande:

1) bicameralismo;

2) elezione e composizione del Senato;

3) elezione giudici Corte costituzionale;

4) Titolo V rapporti Stato-Regioni;

5) istituto referendario.

Da questo elenco mancano i quesiti parziali sul procedimento legislativo e sull’abolizione del Cnel.

In ogni caso, l’operazione spacchettamento sarà molto delicata perché l’esito del referendum con eventuale risultato a «macchia di leopardo» dovrà, in caso di prevalenza del Sì, comunque confermare una riforma coerente ancorata al criterio di ragionevolezza.

Chi si prenderà la briga di spezzettare il quesito referendario dovrà usare il bisturi prestando molta attenzione agli effetti collaterali delle singole incisioni.

Chi può chiederlo? 

Lo può fare il comitato promotore che riuscirà a raccogliere entro il 14 luglio 500mila firme.

In campo ci sono i radicali, il comitato per il No e il comitato per il Sì sostenuto dal Pd.

Se nessuno di questi soggetti riesce a raccogliere le firme richieste, la palla potrebbe passare in ultima analisi ai parlamentari.

Il ruolo dei parlamentari 

Ci sono due gruppi di senatori e due di deputati che, rispettivamente per il Sì e per il No, sono già andati in Cassazione a chiedere che si celebri il referendum confermativo con un solo «quesitone».

L’ipotesi che gli stessi parlamentari possano fare due richieste diverse di referendum non è regolata.

Ma in nome del favor per l’istituto si potrebbe sostenere che prevale il fatto che non è vietato sul fatto che non è previsto.

In ogni caso, purché raggiungano il quorum (1/5 dei deputati o 1/5 dei senatori), i nuovi arrivati hanno senz’altro il diritto di chiedere di celebrare un referendum confermativo con il quesito spezzettato in più domande.

L’ipotesi di un rinvio

Se entro la sera del 14 luglio un comitato popolare o un gruppo di parlamentari (ma, secondo la Costituzione, potrebbero muoversi anche 5 consigli regionali) chiederà lo spacchettamento, si apre il seguente scenario.

L’ufficio elettorale centrale della Cassazione ha 30 giorni di tempo per accettare e respingere la richiesta di spacchettamento.

Nel primo caso i tempi di celebrazione del referendum, seppure depotenziato dall’effetto spacchettamento, rimangono quelli previsti, tra ottobre e dicembre 2016.

Se, invece, lo spacchettamento sarà giudicato inammissibile, la faccenda si complica e si semplifica al tempo stesso.

Il ruolo della Consulta 

Alcuni giorni fa, Giuliano Amato, giudice della Corte costituzionale, ha parlato in maniera illuminante a Radioradicale.

Intervistato da Claudio Landi sul punto, l’ex premier ha risposto: «Davanti alla richiesta del referendum spacchettato… la Cassazione potrebbe decidere per l’inammissibilità».

In questo caso, «mi aspetto che il comitato promotore di questo referendum, configurato come potere dello Stato ai fini del referendum, sollevi un conflitto di attribuzione con la Cassazione presso questa Corte».

«Ove questo accadesse — concludeva Amato con una chiosa cui prestare grande attenzione — i tempi si allungherebbero, determinando un ulteriore slittamento» della data del referendum.

 

(Articolo di Dino Martirano, pubblicato con questo titolo il 9 luglio 2016 sul quotidiano online “Corriere della Sera”)

 

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