“Possiamo trasformare l’inquinamento dell’aria in combustibile”

 

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È noto: l’anidride carbonica presente nell’aria è sempre maggiore e l’attività antropica negli ultimi decenni ha contribuito a un incremento esponenziale ormai diventato preoccupante.

Per questo motivo una startup canadese ha proposto di trasformare l’inquinamento atmosferico in qualcosa di utile come può essere il combustibile.

Un modo per ridurre la quantità di CO2 sulla Terra e sfruttarla da un punto di vista economico, risolvendo anche la probabile scarsità di energia che dovremo fronteggiare in futuro.

Il nome della società è Carbon Engineering ed i nomi coinvolti fanno capire subito che l’idea di base è tutt’altro che campata in aria.

Il cofondatore è David Keith, fisico dell’Università di Harvard, mentre tra i suoi finanziatori vanta addirittura personalità del calibro di Bill Gates.

Per provare la bontà del proprio progetto, la nuova società ha recentemente inaugurato una fabbrica a Squamish, nella British Columbia, che rappresenta una sorta di prototipo della tecnologia, chiamata “cattura aria”, destinata a svilupparsi nel futuro.

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Immagine che mostra il processo di cattura della CO2 secondo la tecnologia della Carbon Engineering (dal sito www.carbonengineering.com)

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Schema che illustra il tradizionale recupero assistito del petrolio che prevede un valore tipico di intensità di Carbonio (quantitativo di carbonio emesso per unità di energia consumata), che serve per valutare l’efficienza di un sistema energetico, pari a 95g CO2/MJ (dal sito www.carbonengineering.com)  

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Un secondo schema che evidenzia un’altra possibilità per il recupero assistito del petrolio. Tramite le riduzioni delle emissioni del settore elettrico assegnate al combustibile è possibile far scendere l’intensità di Carbonio di circa 40g CO2/MJ (dal sito www.carbonengineering.com)

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Un terzo schema che prevede l’utilizzo del “cattura aria” della Carbon Engineering (con la possibilità di riciclare le emissioni sia dei veicoli sia degli impianti industriali) portando l’intensità di Carbonio ad un valore pari a 35g CO2/MJ (dal sito www.carbonengineering.com)    Illustrazione grafica dell’Air Contactor della Carbon Engineering che cattura l’anidride carbonica con una soluzione di idrossido alcalino. (dal sito www.carbonengineering.com)  

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 Illustrazione grafica dell’Air Contactor della Carbon Engineering che cattura l’anidride carbonica con una soluzione di idrossido alcalino. (dal sito www.carbonengineering.com)  

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Schema che illustra le principali reazioni chimiche che avvengono all’interno del ciclo di rigenerazione. Si può notare la presenza di carbonato di potassio (K2CO3), idrossido di calcio (CA (OH)2), idrossido di potassio(KOH), carbonato di calcio (CaCO3), ossido di calcio (CaO), di acqua (H2O) e naturalmente di anidride carbonica (CO2). (dal sito www.carbonengineering.com)

In Italia, secondo l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), nel 2015 le emissioni totali di gas serra sono aumentate del 2% rispetto all’anno precedente (www.pixabay.com)  

All’interno della fabbrica, tramite dei ventilatori, l’aria viene convogliata in una soluzione liquida con un’alta percentuale di anidride carbonica per ottenere anidride carbonica purificata.

Dopo il rilascio dell’aria pulita, il liquido sarà riutilizzato per il ciclo successivo.

Un processo che, come sottolinea la stessa Carbon Engineering, ricorda quello svolto dagli alberi e che ha l’ambizione di sostituirsi alla vegetazione nelle aree in cui è assente, come il deserto.

In aggiunta, questa tecnologia può essere ugualmente utilizzata nei centri urbani, grazie anche alla sua silenziosità (a un metro dalla struttura si calcolano circa 80 decibel), per contrastare l’inquinamento dei veicoli a motore.

In fondo, circa il 60% delle emissioni proviene da fonti diffuse che è difficile captare all’origine.

Ed è proprio questa una delle caratteristiche più interessanti dell’idea della società canadese: la possibilità di catturare l’inquinamento ormai disperso nell’aria, mentre le alternative si concentrano nella fase precedente al rilascio (per esempio i filtri delle ciminiere negli stabilimenti industriali). In ogni caso, siamo ancora in una fase preliminare.

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Immagine di una delle fasi di costruzione dell’impianto pilota della Carbon Engineering a Squamish in British Columbia (dal sito www.carbonengineering.com)

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Foto dell’Air Conctator nel Luglio del 2015 (dal sito www.carbonengineering.com)

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Una vista dall’interno dell’Air Conctator (dal sito www.carbonengineering.com)  

L’impianto pilota riesce ad imprigionare una tonnellata di anidride carbonica al giorno, ma per ridurre in modo significativo la presenza di CO2 sarebbero necessarie alcune migliaia di queste strutture, oltretutto con dimensioni decisamente maggiori.

Inoltre, non è ancora completo il processo che porta ad ottenere l’agognato carburante.

La previsione è di scindere l’acqua in ossigeno ed idrogeno, per poi combinare quest’ultimo con il biossido di carbonio ed arrivare ad un combustibile idrocarburico.

Una tecnologia in realtà già esistente, ma che non ha ancora trovato applicazioni in ambito industriale.

Sarà, quindi, necessario del tempo prima di acquistare carburante prodotto dall’anidride carbonica ad un prezzo concorrenziale (uno degli aspetti che preoccupa maggiormente quando si affronta il tema della cattura di CO2).

E nonostante esistano degli scettici che parlano di false speranze, la cattura del diossido di carbonio per uno sfruttamento commerciale è un’idea che prende piede anche in Europa.

Per esempio, in Svizzera, la società Climeworks entro la fine del 2016 programma un impianto che prevede di vendere l’anidride carbonica catturata ad una vicina serra per potenziare lo sviluppo dei vegetali coltivati.

Anche in questo caso si tratterà di un impianto pilota che verrà usato come test per comprendere i costi operativi di una tipologia di business ancora acerba.

E le idee della Climeworks non finiscono qui, perché alcune fonti riferiscono di trattative per la vendita della CO2 in eccesso alle aziende produttrici di bibite gassate, che finora utilizzano l’anidride carbonica fornita dall’industria chimica (solitamente prodotta con l’impiego di combustibili fossili) per inserire le bollicine all’interno delle loro bevande.

Tutte opzioni che potrebbero contribuire a contrastare il cambiamento climatico, perché, se nessuna singolarmente è in grado di evitarlo, l’unione di più tecnologie e approcci diversi può fornire l’aiuto necessario ad una sfida sempre più globale ed importante.
 

(Articolo di Emilio Vitaliano, pubblicato con questo titolo il 5 luglio 2016 sul quotidiano online “la  Repubblica”)                                                                                              

 

 

 

 

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