Referendum – Conoscere per votare: sui titoli di ammissione dei componenti del Senato e sul vincolo di mandato

 

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I vigenti articoli 66 e 67 della Costituzione dispongono testualmente:

Art. 66 

Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte

di ineleggibilità e di incompatibilità.

 Art. 67 

Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

Il disegno di legge costituzionale S 1429, presentato dal Presidente Renzi e dal Ministro Boschi, prevedeva le seguenti modifiche, contenute agli articoli 4 e 5:

Art. 4.

(Titoli di ammissione dei componenti del Senato delle Autonomie)

 All’articolo 66 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole «Ciascuna Camera» sono sostituite dalle seguenti: «La Camera dei deputati»; 

b) è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Il Senato delle Autonomie verifica i titoli di ammissione dei suoi componenti. Delle cause ostative alla prosecuzione del mandato dei senatori è data comunicazione al Senato delle Autonomie da parte del suo Presidente».

Art. 5.

(Vincolo di mandato)

L’articolo 67 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 67. – I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato ».

Nella relazione al disegno di legge l’aggiunta del suddetto comma è stata spiegata nel seguente modo: «L’articolo 4 modifica l’articolo 66 della Costituzione, prevedendo che la sola Camera «giudichi» dei titoli di ammissione dei propri componenti.

Al Senato delle Autonomie spetta invece la «verifica» dei titoli di ammissione dei suoi componenti.

Infatti, tali titoli sono riconducibili, per i membri di diritto, ai procedimenti elettorali in virtù dei quali gli stessi membri hanno assunto la qualità dalla quale consegue il mandato di senatore; per i senatori elettivi i titoli conseguono sia dai procedimenti elettorali diretti all’esito dei quali essi hanno assunto la qualità di consigliere regionale o di sindaco, sia dai procedimenti elettivi indiretti all’esito dei quali è stato assunto il mandato senatoriale.

Conseguentemente, delle cause ostative alla prosecuzione del mandato dei senatori è data una mera comunicazione al Senato delle Autonomie da parte del suo Presidente.

L’articolo 5 sostituisce l’articolo 67 della Costituzione, espungendo dal testo vigente la previsione che i membri del Parlamento rappresentano la Nazione, fermo restando l’esercizio delle loro funzioni senza vincolo di mandato.

La soppressione va letta in connessione con la novella all’articolo 55 della Carta che delinea il nuovo assetto del sistema bicamerale.

Tale articolo attribuisce, in particolare, la rappresentanza della Nazione ai membri della Camera dei deputati, eletti a suffragio universale e diretto, mentre ai sensi del novellato articolo 57 della Costituzione il mandato dei membri del Senato delle Autonomie è espressamente connesso alla carica ricoperta a livello regionale o locale.

È stato, invece, mantenuto, per i membri di entrambe le Camere il divieto di mandato imperativo, in considerazione della natura del Senato quale organo rappresentativo delle istituzioni territoriali complessivamente intese, piuttosto che come espressione dei singoli governi locali, come avviene invece in altri ordinamenti, quale ad esempio quello tedesco.»

Il disegno di legge si componeva di 35 articoli che modificavano 44 articoli della Costituzione.

Il testo finale approvato si compone invece di 41 articoli che hanno modificato 47 articoli della Costituzione: quelli dedicati alle modifiche suddette sono diventati gli articoli 7 ed 8 che hanno il seguente testo: 

Art. 7.

(Titoli di ammissione dei componenti del Senato della Repubblica).

1. All’articolo 66 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Il Senato della Repubblica prende atto della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore».

 Art. 8.

(Vincolo di mandato).

1. L’articolo 67 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 67. – I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato».

Con riferimento ai due suddetti articoli le schede di lettura del testo di legge costituzionale definitivamente approvato (pubblicato sulla G.U. n. 88 del 15 aprile 2016) dedicano un apposito paragrafo all’argomento e riportano le seguenti precisazioni: «L’articolo 7 modifica l’articolo 66 Cost., in base al quale ciascuna Camera giu­dica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità degli stessi.

Considerato che lo status di senatore previsto dalla riforma dipende dai titoli legati alla condizione di consigliere regionale o di sindaco, il nuovo secondo comma dell’art. 66 dispone che il Senato “prende atto” della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale, da cui consegue la decadenza da senatore.

In tal modo il legislatore ha inteso chiarire che il Senato giudica su tutti i titoli di ammissione e di permanenza in carica peculiari dei suoi membri, mentre si limita a prendere atto delle cause che impediscono lo svolgimento del mandato legate alla carica elettiva regionale o locale.

L’articolo 7 aggiunge dunque un nuovo comma all’articolo 66 della Costituzio­ne, che riguarda la verifica dei poteri dei membri del Parlamento.

Tale disposizione costituzionale stabilisce che ciascuna Camera giudica sia dei titoli di ammissione dei suoi componenti, sia delle cause sopraggiunte di ineleggi­bilità e di incompatibilità degli stessi.

Si tratta di due diversi giudizi che la Costi­tuzione riserva al Parlamento a tutela, secondo la teoria della divisione dei poteri, dell’indipendenza istituzionale delle Camere.

L’articolo 66 costituisce il fondamento della cosiddetta autodichia delle Camere in materia di verifica dei poteri, ossia dell’attribuzione alle Camere stesse della competenza ad eserci­tare in via definitiva la funzione giurisdizionale in materia di titoli di ammissione dei propri componenti, nonché in tema di cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità (si vedano in questo senso, in particolare, le sentenze della Corte costituzionale n. 259 del 2009 e della Corte costituzionale n. 117 del 2006, nonché, tra altre, Cass. civ. Sez. Unite 15-02-2013, n. 3731).

L’articolo in esame, modificato nel corso dell’esame in prima lettura sia dal Se­nato sia dalla Camera e non più modificato nelle successive letture, lascia inaltera­to il testo vigente del primo comma dell’art. 66, che riconosce in capo ad entrambe le Camere il potere di svolgere la verifica dei poteri dei propri membri.

Il testo approvato dal Senato in prima lettura (A.C. 2613) prevedeva tuttavia una diversa formulazione del primo comma, che introduceva un’asimmetria tra Camera e Senato in tema di verifica dei poteri: in particolare, nulla sarebbe cambiato in materia per la Camera mentre al Senato si attribuiva solo il giudizio sui titoli di ammissione dei propri componen­ti e non quello sulle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.

Inoltre, con l’introduzione di un secondo comma, si prevedeva che delle cause ostative alla prosecuzione del mandato dei senatori venisse data comunicazione al Senato medesimo da parte del suo Presidente.

A sua volta, il testo originario del disegno di legge governativo (A.S. 1429) introduceva un elemento di differenziazione tra le due Camere, affidando al Senato non il “giudizio” ma la “verifica” sui titoli di ammissione dei propri componenti.

Il testo è stato poi modificato nel corso dell’esame presso la Commissione Affari costituzionali del Senato.

Nel corso della relazione svolta all’Assemblea del Senato (seduta del 14 luglio 2014), la relatrice Finoc­chiaro ha evidenziato come l’articolo 66 costituisca il fondamento dell’attuale autodichia in materia di verifica dei poteri.

La sottrazione al Senato di tale competenza avrebbe costituito pertanto la negazione di una delle forme in cui si esprime l’autodichia delle Camere, in quanto organi oggi rientranti – come ricorda la Corte costituzionale – tra quelli «diretta­mente partecipi del potere sovrano dello Stato, e perciò situati al vertice dell’ordinamento, in posizione di assoluta indipendenza e di reciproca parità».

Per quanto riguarda il giudizio sui titoli di ammissione dei senatori, alla luce della nuova composizione del Senato, vengono in rilievo:

– titoli che riguardano lo status di senatore, prescindendo dalla carica elettiva territoriale rivestita, e che dunque presuppongono la legittimità del procedimento elettorale e richiedono l’insussistenza di cause di ineleggibilità, comprese le in­candidabilità, e di cause di incompatibilità con la carica di senatore: su tali titoli giudica il Senato;

– titoli legati alla condizione di consigliere regionale o di sindaco, che impli­cano, fra l’altro, un accertamento dell’insussistenza di cause di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità riferite alla carica elettiva regionale o locale, che spetta alla giurisdizione amministrativa. 

In conseguenza delle modifiche apportate nel corso dell’esame parlamentare al disegno di legge originario anche le cause sopraggiunte di ineleggibilità (inclu­se quelle di incandidabilità) ed incompatibilità dei senatori, nella loro qualità di membri del Senato, sono giudicate dal Senato stesso.

Si ricorda che la giurisprudenza costituzionale definisce l’incandidabilità come una “parti­colarissima causa di ineleggibilità”, riconducendo in tal modo la species dell’incandidabilità all’interno del più ampio genus dell’ineleggibilità (sentenza n. 141 del 1996; nello stesso senso si veda la sentenza n. 132 del 2001).

Al contempo, con il nuovo secondo comma all’art. 66 si prevede che il Senato prende atto della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conse­guente decadenza da senatore.

Tale disposizione chiarisce dunque che:

– le cause ostative legate al venir meno della condizione di consigliere regio­nale o di sindaco, quindi, tutte le cause che comportano la cessazione della carica elettiva regionale o locale (quali la decadenza a seguito dell’accertamento di una causa di ineleggibilità, incandidabilità o incompatibilità, le dimissioni, ma anche lo scioglimento del consiglio comunale per il sindaco) determinano la decadenza da senatore;

– l’effetto della decadenza è automatico, in quanto il testo prevede che il Senato si limita ad una mera presa d’atto.

La nuova formulazione appare dunque volta a chiarire che il Senato non giu­dica sulla cause che impediscono lo svolgimento del mandato legate alla carica elettiva regionale o locale.

In sede attuativa andranno definite, tra le altre, le conseguenze sullo status di senatore della “sospensione” dalla carica di consigliere regionale o di sindaco.

La sospensione è infatti prevista in caso di determinate condanne non defini­tive e di applicazione con provvedimento non definitivo di una misura di preven­zione antimafia o di applicazione di determinate misure cautelari personali (artt. 8 e 11 del D.Lgs. n. 235/2012).

L’articolo 8, non modificato nel corso dell’esame parlamentare rispetto al testo originario del disegno di legge, modifica l’articolo 67 della Costituzione, al fine di escludere i senatori dalla rappresentanza della Nazione, in corrispon­denza con le modifiche già disposte all’art. 55 Cost.

L’art. 55 Cost., infatti, al terzo comma, prevede che “Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione” (sulla limitazione ai soli deputati della funzione di rappresentanza della Nazione, si rinvia, supra, a quanto eviden­ziato relativamente all’articolo 1 del testo di legge costituzionale).

Al contempo, la riscrittura dell’articolo 67 Cost., operata dal testo di legge costituzionale, mantiene anche per i membri del Senato, come riformato, il divie­to di vincolo di mandato, già previsto nel testo costituzionale vigente per tutti i parlamentari.

Tuttavia, in seguito alla differenziazione del bicameralismo, l’esclusione di vin­coli di mandato assume una diversa connotazione per i “nuovi senatori”, per i quali va inteso come assenza di qualsiasi obbligo di agire rispettando le istruzioni impartite dall’ente di provenienza.

Giova, in proposito, ricordare come il divieto del vincolo di mandato sia caratteristica pres­soché uniforme nella prospettiva costituzionale comparata; eccezione di rilievo, tuttavia, è la previsione della Legge fondamentale tedesca che dispone, all’articolo 51, comma 3, che i membri del Bundesrat provenienti dal medesimo Land debbano votare in modo unitario (a tale vincolo si associa la prassi delle direttive impartite dai singoli Esecutivi regionali ai propri rappresentanti).

Completano le disposizioni sullo status giuridico dei senatori (per i deputati nulla muta rispetto all’assetto attuale) quelle relative a:

  • la verifica dei poteri, per cui l’art. 66, come modificato dall’articolo 7, mantiene al Senato la competenza a giudicare sui titoli di ammissione e sulle cause so­praggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità dei suoi componenti, stabilendo al contempo che il Senato prende atto della cessazione dalla carica elettiva re­gionale o locale, da cui consegue la decadenza da senatore (v. supra);
  • le immunità, che, in virtù del mantenimento del testo vigente dell’articolo 68 della Costituzione, sono riconosciute a tutti i membri del Parlamento.»   

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LE RAGIONI DEL

Dal sito Basta un Sì

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Articoli 66 e 67: un Parlamento unito rappresenta una Nazione unita                       

I nuovi articoli 66 e 67 costituiscono ottimi esempi di come la riforma costituzionale tocchi incidentalmente alcune disposizioni senza modificarne il senso profondo.

L’articolo 66, al primo comma, che rimane invariato, dispone che “ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.

La prima parte di questo articolo attribuisce ai due rami del Parlamento la facoltà di effettuare un giudizio rispetto ai “titoli di ammissione dei suoi componenti”, e di stabilire, dunque, i requisiti minimi per accedere alle cariche parlamentari.

La seconda parte del primo comma, inoltre, autorizza il Parlamento ad effettuare una valutazione anche sulle “cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.

L’articolo 66 primo comma, in buona sostanza, attribuisce a entrambe le Camere il potere di valutare la compatibilità con la carica di parlamentare dell’individuo che si propone di ricoprirla, sia prima sia dopo l’elezione.

La riforma integra l’articolo 66 attraverso l’aggiunta di un nuovo secondo comma.

Questo, nell’ottica di profonda interdipendenza tra istituzioni locali e Senato, dispone che questo prenda “atto della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore”.

Il comma in questione ha un elevata importanza sistematica.

Se il Senato, cambiando funzione, diviene la camera di raccordo tra Stato, Enti locali ed Unione Europea, sarebbe illogico permettere che un rappresentante territoriale rimanga in carica come senatore se decade da Consigliere o da Sindaco.

Rappresentare le istanze territoriali a livello nazionale: è questa la funzione, fondamentale, che la carta costituzionale attribuisce ai nuovi senatori.

Se non si rappresentano più le istituzioni territoriali, appare logico che il nuovo articolo 66 preveda che  il Senato si limiti a prendere “atto della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore” senza poter avanzare alcuna obiezione di sorta.

Non sarà più possibile utilizzare il senato come “paracadute”, per mantenere una carica all’interno delle istituzioni.

La disposizione successiva, l’articolo 67, appare interessata da una modifica esclusivamente testuale, dal momento che alla frase “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” viene sostituita con la seguente: “I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato”.

Se, effettivamente, ad un primo sguardo le modifiche apportate al disposto dell’articolo 67 possono sembrare di poca importanza, bisogna fare due annotazioni non marginali.

Innanzitutto si ribadisce la differenziazione dei ruoli attribuiti alle due Camere eliminando l’inciso “rappresenta la Nazione” riferito a “ogni membro del Parlamento”.

Solo la Camera dei deputati avrà il compito di rappresentare la Nazione nella sua interezza. 

La seconda considerazione riguarda la frase la sostituzione di “ogni membro” con “i membri (…) esercitano le loro funzioni (…)”.

La riforma costituzionale prende una decisione, quella di considerare i parlamentari nel loro insieme, e non individualmente.

Nonostante possa sembrare una annotazione trascurabile, è importante che la riforma adotti anche un indirizzo di principio: un Parlamento unito rappresenta una Nazione unita, ad ogni livello istituzionale.

È necessario tenere sempre a mente che quanto scritto in Costituzione rappresenta la base della società che si propone di rappresentare, e che ogni parola, dunque, assume un valore profondamente sociale, oltreché giuridico.

 

LE RAGIONI DEL NO

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Alessandro Pace, Professore emerito di diritto costituzionale – Università La Sapienza di Roma, Presidente del Comitato per il No nel referendum sulla legge Renzi-Boschi si è espresso al riguardo nel modo seguente.

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Alessandro Pace

 «8. Sulla rappresentatività non territoriale del futuro Senato. ….

Quanto poi al vincolo di mandato — determinante perché la natura della rappresentanza sia “territoriale” e non “politica” — il “nuovo” art. 67 Cost. lo esclude non solo per i deputati, ma anche per i senatori.

Ora è bensì vero che la natura territoriale dell’ente territoriale non sempre ne assorbe la natura politica, come appunto dimostra l’esperienza statunitense (N. Lupo), ma da qui a sostenere che il Senato avrebbe natura “territoriale” senza la pari rappresentanza delle Regioni e senza nemmeno il vincolo di mandato (C. Pinelli, 2016.b), il passo sembra oltremodo eccessivo.

Escluso quindi, dalla maggioranza dei costituzionalisti, che il “nuovo” Senato rappresenterebbe i territori regionali (R. Bin, 2015.a; G. Brunelli; F. Sorrentino; P. Caretti, 2016; V. Onida, 2016.a), ne risulta confermata la rappresentatività politico-partitica in un contesto certamente più centralistico di prima. Pertanto dalla statuizione che « il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali » non esplicherebbe alcuna conseguenza pratica sulla stessa riforma.»

Il giurista Luca Benci ha espresso al riguardo il seguente giudizio.

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Luca Benci

«Altra contraddizione evidente è evidenziata dall’articolo 67 che conferma che i “parlamentari” (e quindi anche i Senatori) agiscono “senza vincolo di mandato”.

Delle due l’una: se rappresentano le istituzioni devono agire con “vincolo di mandato” rispetto all’ente di cui sono rappresentanti; se non le rappresentano – e rappresentano il “popolo” (ma non è così) – è giusto farli agire senza vincolo di mandato.

Inoltre rappresenteranno le “istituzioni territoriali” sia “senatori” nominati dalla maggioranza che dall’opposizione, che potranno quindi votare in modo completamente opposto nonostante rappresentino le stesse istituzioni. »

 

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

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