Referendum – Conoscere per votare: le modalità di approvazione dei disegni di legge e il voto “a data certa”

 

articolo-72

Il vigente articolo 72 della Costituzione dispone testualmente:

Art. 72 

Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale. 

Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza. 

Può altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari.  

Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto.  

Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni. 

La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

Il disegno di legge costituzionale S 1429, presentato dal Presidente Renzi e dal Ministro Boschi, prevedeva la seguente modifica riguardante l’art. 72, contenuta all’art. 10:

Art. 10

(Modificazioni all’articolo 72 della Costituzione)

1.All’articolo 72 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è,» sono sostituite dalle seguenti: «Ogni disegno di legge è presentato alla Camera dei deputati e,»;

b) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: «Il regolamento del Senato delle Autonomie disciplina le modalità di esame dei disegni di legge trasmessi dalla Camera dei deputati.

I disegni di legge costituzionali e di revisione costituzionale sono esaminati dal Senato delle Autonomie articolo per articolo e approvati a norma dell’articolo 138.

Il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla votazione finale entro sessanta giorni dalla richiesta ovvero entro un termine inferiore determinato in base al regolamento tenuto conto della complessità della materia.

Decorso il termine, il testo proposto o accolto dal Governo, su sua richiesta, è posto in votazione, senza modifiche, articolo per articolo e con votazione finale.

In tali casi, i termini di cui all’articolo 70, terzo comma, sono ridotti della metà».

Nella relazione al disegno di legge l’abrogazione è stata spiegata nel seguente modo: «L’articolo 10 novella l’articolo 72 della Costituzione, disponendo che i disegni di legge sono presentati alla Camera dei deputati.

Le modalità del loro esame presso il Senato delle Autonomie sono disciplinate dal suo regolamento, fermo restando, per i disegni di legge costituzionali e di revisione costituzionale, il procedimento speciale di cui all’articolo 138 della Costituzione.

Nell’articolo 72 della Costituzione è, inoltre, introdotto l’istituto del voto a data certa, diretto a garantire tempi certi di approvazione dei disegni di legge rilevanti per il Governo.

La novella è diretta a fornire uno strumento di risposta all’esigenza del Governo di avere, per questioni particolarmente urgenti ai fini dell’attuazione del programma di governo, una soluzione legislativa all’esito di un procedimento parlamentare scandito da tempi prestabiliti.

Infatti, alla mancanza di un tale strumento può essere ricondotta la patologica prassi del frequente ricorso alla decretazione d’urgenza, che è spesso degenerata nella posizione della questione di fiducia su maxiemendamenti nei quali è raccolto l’intero testo del provvedimento, con evidenti effetti di scadimento della qualità della legislazione e di difficoltà di interpretazione delle norme.

La novella attribuisce al Governo la facoltà di richiedere alla Camera dei deputati che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e che su di esso venga espresso il voto finale entro il termine massimo di sessanta giorni dalla richiesta, ovvero entro un termine inferiore che tenga comunque conto della complessità della materia; decorso tale termine, il testo proposto o accolto dal Governo, su sua richiesta, è posto in votazione, senza modifiche, articolo per articolo e con votazione finale.

In tal caso, sono dimezzati i termini previsti dal novellato articolo 70 della Costituzione per la eventuale deliberazione di proposte di modificazioni da parte del Senato delle Autonomie e per la pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati.

Tale istituto trova una corrispondente compensazione, sotto il profilo di una più rigorosa disciplina della facoltà del Governo di ricorrere alla decretazione d’urgenza, nelle novelle introdotte nell’articolo 77 della Costituzione.»

Il disegno di legge si componeva di 35 articoli che modificavano 44 articoli della Costituzione.

Il testo finale approvato si compone invece di 41 articoli, che hanno modificato 47 articoli della Costituzione: quello dedicato all’art. 72 è diventato l’articolo 12 ed ha il seguente testo.

Art. 12. 

(Modifica dell’articolo 72 della Costituzione). 

1. L’articolo 72 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 72. – Ogni disegno di legge di cui all’articolo 70, primo comma, presentato ad una Camera, è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.

Ogni altro disegno di legge è presentato alla Camera dei deputati e, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.

I regolamenti stabiliscono procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.

Possono altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, che, alla Camera dei deputati, sono composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari.

Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.

La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale, per quelli di delegazione legislativa, per quelli di conversione in legge di decreti, per quelli di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e per quelli di approvazione di bilanci e consuntivi.

Il regolamento del Senato della Repubblica disciplina le modalità di esame dei disegni di legge trasmessi dalla Camera dei deputati ai sensi dell’articolo 70.

Esclusi i casi di cui all’articolo 70, primo comma, e, in ogni caso, le leggi in materia elettorale, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di cui agli articoli 79 e 81, sesto comma, il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione.

In tali casi, i termini di cui all’articolo 70, terzo comma, sono ridotti della metà.

Il termine può essere differito di non oltre quindici giorni, in relazione ai tempi di esame da parte della Commissione nonché alla complessità del disegno di legge.

Il regolamento della Camera dei deputati stabilisce le modalità e i limiti del procedimento, anche con riferimento all’omogeneità del disegno di legge».  

Con riferimento all’art. 72 le schede di lettura del testo di legge costituzionale definitivamente approvato (pubblicato sulla G.U. n. 88 del 15 aprile 2016) riportano le seguenti precisazioni: «A seguito della revisione del sistema di bicameralismo perfetto il legislatore è intervenuto per adeguare le disposizioni costituzionali relative alla presentazione dei disegni di legge ed al procedimento per la loro approvazione, modificando ed integrando l’articolo 72 della Costituzione.

È stato altresì introdotta, accanto alla procedura d’urgenza, già prevista dall’ar­ticolo 72 della Costituzione, una specifica procedura – riferita ai disegni di legge indicati come essenziali per l’attuazione del programma di governo – che ne con­senta la definitiva approvazione in tempi certi (c.d. “voto a data certa”).

La presentazione e l’esame dei disegni di legge ad approvazione bicamerale

In base al nuovo articolo 72, primo comma, Cost. ogni disegno di legge che rientra tra quelli ad approvazione bicamerale è presentato ad una Camera ed è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.

I soli disegni di legge cui si applica il procedimento legislativo bicamerale (ai sensi del nuovo art. 70, primo comma) sono dunque presentati ad una delle due Camere, come risulta dal combinato disposto del primo e del secondo comma del nuovo art. 72 della Costituzione.

Si ricorda che nel testo originario del disegno di legge governativo (S. 1429) era invece stabilito che tutti i disegni di legge fossero presentati soltanto alla Camera dei deputati.

Ogni altro disegno di legge è invece presentato alla sola Camera dei deputati e, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale (nuovo secondo comma dell’art. 72 Cost.).

La presentazione dei disegni di legge è così disciplinata:

  • i disegni di legge ad approvazione bicamerale sono presentati alla Camera o al Senato (art. 72, primo comma, Cost.);
  • tutti gli altri disegni di legge devono necessariamente essere presentati alla Camera (art. 72, primo comma, Cost.);
  • i disegni di legge di conversione dei decreti-legge devono essere presentati alla Camera (art. 77 Cost.);
  • i disegni di legge di iniziativa dei Consigli regionali devono essere presentati alla Ca­mera (art. 121 Cost.).

Per le proposte di iniziativa popolare, che devono essere sottoscritte da almeno 150 mila elettori (art. 71, terzo comma, Cost.), sembra doversi intendere che si applicano le regole di presentazione dei disegni di legge (alla Camera o al Senato se rientrano tra le leggi ad approvazione ­ bicamerale, solo alla Camera negli altri casi), non essendovi previsioni specifiche nel testo costituzionale in ordine alla relativa presentazione.

Il testo stabilisce dunque che ogni “altro” disegno di legge (“altro” rispetto a quelli ad approvazione bicamerale di cui al primo comma) è presentato alla Ca­mera dei deputati e, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.

Per l’esame di tutti i disegni di legge (sia che seguano il procedimento bica­merale sia quello monocamerale, per quanto riguarda l’iter alla Camera) è dunque confermata la necessità del preventivo esame da parte della competente Commis­sione parlamentare, in continuità con uno dei principi cardine del vigente assetto parlamentare, secondo le modalità definite dai regolamenti parlamentari.

Tra gli elementi che caratterizzano la configurazione del procedimento legi­slativo nella vigente disciplina costituzionale spicca infatti la rilevanza attribuita al ruolo esercitato dalle Commissioni, quali organi interni delle Camere, ai quali deve essere necessariamente assegnata, in ragione della loro competenza per ma­teria, ogni proposta di legge, che ha portato la dottrina a definire quello italiano un “Parlamento per Commissioni”.

Tale impostazione è stata così mantenuta ferma nell’ambito della legge di rifor­ma, nei procedimenti ad approvazione bicamerale per entrambe le Camere e nei procedimenti monocamerali per la Camera dei deputati.

Alla Commissione parlamentare compete, in particolare, l’istruttoria legislati­va e la definizione di un testo su cui svolge una relazione all’Assemblea con la no­mina di uno o più relatori.

L’esame passa, quindi, al plenum che lo approva articolo per articolo e con voto finale.

Resta fermo che – soprattutto in considerazione del mutato numero dei mem­bri e delle funzioni attribuite al Senato – l’attuale articolazione delle Commissioni permanenti potrà essere oggetto di revisione (in particolare potrebbero, ad esem­pio, essere ridotte nel numero, con un accorpamento per materia o per funzione o per procedimento).

Si ricorda altresì che il nuovo sesto comma dell’art. 64 Cost. richiama – sia per la Camera sia per il Senato – le sedute dell’Assemblea ed i lavori delle Commissio­ni, stabilendo l’obbligo per i parlamentari di prendervi parte.

Giova inoltre ricordare che il nuovo comma sesto dell’art. 72 (vedi infra) at­tribuisce espressamente al regolamento del Senato la disciplina delle modalità di esame dei disegni di legge trasmessi dalla Camera dei deputati ai sensi dell’arti­colo 70.

Per i disegni di legge monocamerali potrà essere dunque definita, in tale sede, la relativa procedura, anche con riguardo alle modalità di una previa istruttoria da parte delle commissioni parlamentari.

I disegni di legge per i quali è dichiarata l’urgenza

Viene mantenuta ferma la previsione del terzo comma dell’articolo 72, che af­fida al regolamento interno delle Camere la disciplina dei procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.

È apportata a tale testo una modifica al fine di specificare che tale disposizione riguarda i regolamenti di en­trambe le Camere.

Ne deriva che, per i procedimenti bicamerali, anche il Senato potrà mantenere tale procedura, già disciplinata attualmente – sulla base della citata norma costituzionale – dai regolamenti parlamentari.

Riguardo a tale procedura, giova ricordare come finora essa abbia avuto una attuazione piuttosto circoscritta e caratterizzata da una certa differenziazione tra i regolamenti di Camera e Senato.

In particolare, l’art. 77, 1° co., reg. Senato prevede una dichiarazione «generale» di urgenza, che «comporta la riduzione di tutti i termini alla metà».

Nel reg. Camera, alla dichiarazione di urgenza non si fa seguire un effetto generale sul procedimento ( art. 69): la dichiarazione co­stituisce, comunque, il presupposto di una serie di «abbreviazioni» dei termini ( artt. 73, 2° co., 81, 2° co., e 107, 1° co.), cui se ne possono aggiungere altre, in relazione a ragioni di urgenza sopravvenute nel corso del procedimento (ad es., artt. 79, 14° co., e 82, 2° co.).

Per quanto riguarda i limiti alla dichiarazione di urgenza si ricorda, in parti­colare, che in base al Regolamento della Camera (art. 69) non possono essere di­chiarati più di 5 progetti di legge per ciascun programma dei lavori (se questo è di 3 mesi) e non più di 3 progetti di legge (se il programma è predisposto per 2 mesi).

Inoltre, non possono essere dichiarati urgenti i progetti di legge costituzionale né progetti di legge di eccezionale rilevanza politica, sociale o economica riferite ai diritti previsti dalla prima parte della Costituzione.

Le Commissioni in sede deliberante o legislativa

Com’è noto, la massima espressione del ruolo centrale assunto, nel disegno costituzionale, dalle Commissioni parlamentari come organi del procedimento legislativo si esplica con il vigente terzo comma dell’art. 72 della Costituzione, là si attribuisce ai regolamenti parlamentari la facoltà di «stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare le proporzioni dei grup­pi parlamentari».

La Costituzione contempla, dunque, una procedura parallela a quella ordinaria e che da essa si distingue essenzialmente per l’esclusione dell’in­tervento del plenum, a beneficio di una concentrazione dell’intera fase costitutiva del procedimento nell’ambito della commissione.

La legge di riforma costituzionale mantiene in gran parte tale impostazione, modificando tale previsione con due finalità.

Da un parte, al fine di specificare che tale disposizione riguarda i regola­menti di entrambe le Camere, è disposta una modifica all’articolo 72, quarto comma, primo periodo, ove si riferisce ai regolamenti parlamentari di entrambe le Camere la possibilità di stabilire casi e forme per il deferimento dei disegni di legge alle Commissioni.

A entrambi i regolamenti parlamentari, inoltre, come specificato nel corso dell’esame in sede referente, compete la determinazione delle forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.

Com’è noto , le norme regolamentari (art. 94 Reg Camera e art. 41 Reg Senato) applicano alle commissioni in sede deliberante le previsioni stabilite per la discussione in Assemblea con alcuni adeguamenti.

Viene altresì modificata la previsione costituzionale relativa alla composi­zione delle Commissioni in sede legislativa con la finalità di riferire solo a quelle della Camera dei deputati l’esigenza di rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari nella composizione (articolo 72, quarto comma, primo pe­riodo, Cost.).

Si ricorda, in proposito, che analoga limitazione alla sola Camera dei depu­tati della previsione costituzionale di una composizione effettuata in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari la si riscontra nel nuovo testo dell’articolo 82 della Costituzione relativo alla composizione delle Commissioni d’inchiesta (cfr. infra art. 20).

La circostanza che il criterio della rappresentanza proporzionale ai gruppi par­lamentari non sia più previsto, per il Senato, nelle ipotesi di cui agli articoli 72, quarto comma, e 82 – cioè in relazione ad ipotesi in cui le commissioni assumono deliberazioni in luogo del plenum e che sono le uniche in cui la Costituzione in­dica i criteri per la composizione delle commissioni – potrebbe indurre a ritenere la ragione di tale scelta sia quella di consentire alla normativa regolamentare l’adozione di soluzioni che tengano conto delle peculiari caratteristiche che con­traddistinguono la composizione di tale plenum, come desumibili in primo luogo dalle previsioni dei novellati articoli 55 e 57 della Costituzione.

Va peraltro ricordato che ciò comporta che commissioni parlamentari cui spet­ta l’assunzione definitiva in luogo del plenum, non dovranno più, al Senato, essere necessariamente composte secondo il suddetto criterio della rappresentanza pro­porzionale ai gruppi parlamentari.

Nel corso dei lavori parlamentari è stato posto in evidenza [Assemblea del Senato, 7 luglio 2015, esame A.S. 1429-B, relatrice sen. Finocchiaro.] come nel testo, in riferimento alle Commissioni in sede deliberante e alle Commissioni d’inchiesta, “si afferma espressa­mente che la loro composizione, solo alla Camera dei deputati, deve rispecchiare la pro­porzione dei Gruppi parlamentari, lasciando impregiudicate le possibilità di articolazione interna del Senato. Il silenzio sul punto rivela un margine di incertezza, perché il modello prescelto è suscettibile di riproporre criteri di composizione politica, seppure mediati dal criterio della rappresentanza territoriale.

Nello stesso tempo, però, questo tipo di composi­zione potrebbe essere funzionale a fare del Senato una vera camera parlamentare, capace di integrare la rappresentanza in chiave pluralistica”.

Ai regolamenti parlamentari spetterà quindi la definizione, con particolare ri­guardo al Senato, della disciplina dei gruppi parlamentari.

In tale sede non potrà escludersi la possibilità che vengano individuati criteri anche differenti rispetto a quelli correlati all’entità della composizione (come previsto attualmente – vedi infra) per la costituzione dei gruppi parlamentari, che – al Senato – potrebbero consentire anche forme di aggregazione connesse ad elementi territoriali, oltre che politici, o addirittura in alternativa a questi.

Ciò alla luce della formulazione dei nuovi articoli 72 e 82 della Costituzione che sembrano presupporre la “non necessarietà” dell’articolazione del Senato in gruppi politici.

Va peraltro consi­derato come – da una lettura combinata con le disposizioni dettate dalla legge di costituzionale per l’elezione in prima applicazione dei membri del nuovo Senato – i nuovi senatori saranno comunque eletti sulla base di liste “collegate” a partiti o movimenti politici.

In base alla nuova legge elettorale del Senato, i senatori dovranno inoltre essere eletti “in conformità alle scelte espresse dagli elettori” in occasione del rinnovo dei consigli Regionali.

In base all’articolo 14 del regolamento Camera, il nuovo comma 01, aggiunto il 25 settem­bre 2012, qualifica i gruppi parlamentari come “associazioni di deputati” la cui costituzione avviene secondo le disposizioni del medesimo art. 14.

Si stabilisce che ai gruppi, in quanto soggetti necessari al funzionamento della Camera – “secondo quanto previsto dalla Costi­tuzione e dal Regolamento – sono assicurate a carico del bilancio della Camera le risorse necessarie allo svolgimento della loro attività.

Entro trenta giorni dalla propria costituzione, ciascun Gruppo approva uno statuto, che è trasmesso al Presidente della Camera entro i successivi cinque giorni.

Lo statuto individua in ogni caso nell’assemblea del Gruppo l’or­gano competente ad approvare, a maggioranza, il rendiconto e indica l’organo responsabile per la gestione amministrativa e contabile del Gruppo.

Per l’esplicazione delle loro funzioni, ai Gruppi parlamentari è assicurata la disponibilità di locali e attrezzature, secondo modalità stabilite dall’Ufficio di Presidenza, tenendo presenti le esigenze di base comuni ad ogni Gruppo e la consistenza numerica dei Gruppi stessi.

È altresì assicurato annualmente a ciascun Gruppo un contributo finanziario a carico del bilancio della Camera, unico e onnicomprensivo, a copertura di tutte le spese per gli scopi istituzionali riferiti all’attività parlamentare, incluse quelle per il personale, secondo mo­dalità stabilite dall’Ufficio di Presidenza.

Il contributo è determinato avendo riguardo alla consistenza numerica di ciascun Gruppo.

Per la costituzione dei gruppi i regolamenti dispongono l’obbligo degli eletti di dichiarare (entro due giorni – alla Camera – o tre giorni – al Senato – dalla prima seduta) il gruppo parlamentare cui intendono appartenere (e che potranno abbandonare, per aggregarsi ad un altro, nel corso della legislatura); in mancanza di dichiarazione, vengono iscritti d’ufficio al “gruppo misto” (14, 4° co., RC; 14, 4° co., RS).

I gruppi si costituiscono, così, nel quadro dei primi adempimenti successivi all’elezione delle nuove Camere (il regolamento del Senato, all’art. 15, 3° co., prevede espressamente che nuovi gruppi possano nascere in corso di legi­slatura).

In proposito i regolamenti predispongono – in considerazione dei rilevanti poteri attribuiti ai gruppi nei processi di decisione parlamentare – delle “soglie minime”, in ordine alla loro formazione, prevedendo contestualmente, l’iscrizione di tutti i parlamentari non aderenti a gruppi autonomamente costituitisi ai “gruppi misti” della Camera e del Senato.

Per poter costituire un gruppo parlamentare occorre, alla Camera, un numero minimo di venti deputati e, al Senato, un numero minimo di dieci senatori, salvo eccezioni, per il Se­nato, da autorizzare dal Consiglio di Presidenza.

Quanto alle previsioni legislative relative ai gruppi si ricorda che la legge 195/1974 discipli­nava l’erogazione annuale disposta a favore di ciascuno dei gruppi «a titolo di contributo per l’esplicazione dei propri compiti e per l’attività funzionale dei relativi partiti» (art. 3, comma 1) e il correlativo obbligo dei Presidenti di gruppo di «versare ai rispettivi partiti una somma non inferiore al 95 per cento del contributo stesso» (art. 3, 5° co., legge cit.).

Tale normativa in tema di finanziamento è stata poi superata a seguito del referendum abrogativo (cfr. art. 1 d.p.r. 173 del 1993).

Attualmente, l’attribuzione di un contributo ai gruppi parlamentari per le relative attività istituzionali e le forme di pubblicità e di controllo della relativa gestione finanziaria sono disciplinati dai Regolamenti parlamentari.

I gruppi parlamentari vengono altresì in rilievo nella legislazione statale con riguardo all’e­sonero dalla raccolta delle sottoscrizioni per la partecipazione alle elezioni politiche: nessu­na sottoscrizione è infatti richiesta – in base alla legislazione vigente – per i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all’inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi.

In tali casi, la presentazione della lista deve essere sottoscritta dal presidente, dal segretario o dal rappresentante (designato all’atto del deposito del contrassegno presso il Ministero dell’interno) del partito o gruppo politico.

Il gruppo parlamentare costituisce dunque l’aggregazione “primigenia” ed immediata dei singoli parlamentari all’interno delle rispettive Camere; esso rappresenta, allo stato, una delle articolazioni caratterizzanti del sistema parlamentare, costituendo la proiezione dei partiti politici nelle istituzioni parlamentari e l’aggregazione «di base» necessitata dei mem­bri delle Camere in ragione, di regola, di una scelta dettata da affinità politiche.

Giova ricordare – per i riflessi che può avere rispetto alla composizione delle Commissioni in sede deliberante (o legislativa), per le quali, al Senato, il testo non prevede più la necessaria proporzionalità dei gruppi nella nomina dei componenti – che la dottrina non è unanime riguardo alla loro natura giuridica.

Da una parte, vi è infatti chi attribuisce a tali commissioni natura di organi autonomi ma interni alle Assemblee o di organi dotati di autonomia con funzioni di rappresentanza permanente delle Camere e, dall’altra parte, chi è arrivato a qualificarle in termini di vera e propria delega di funzione legislativa.

Al contempo, sotto il profilo comparatistico con gli altri Paesi dell’UE solo in rari casi, come ad esempio per la Spagna, è possibile individuare un riconoscimen­to costituzionale di portata analoga a quella dell’articolo 72, quarto comma, che giunge fino all’attribuzione alle commissioni permanenti di funzioni legislative definitive.

Tale impostazione è stata mantenuta in sede di riforma costituzionale.

La cd. “riserva di Assemblea”

L’articolo in esame reca inoltre una modifica che, introducendo la cd. “riser­va di Assemblea”, individua i casi di esclusione dall’esame in sede legislativa.

Ai casi già previsti in base alla Costituzione vigente (materia costituzionale ed elettorale, delegazione legislativa, autorizzazione a ratificare trattati internazio­nali, approvazione di bilanci e consuntivi), sono aggiunti i disegni di legge di conversione dei decreti-legge.

Viene così costituzionalizzata una previsione ora contenuta nei regolamenti parlamentari (articolo 35, comma 1, e 37, comma 1, del Regolamento del Senato e articolo 96-bis del Regolamento della Camera).

Si ricorda peraltro che i regolamenti parlamentari richiedono la procedura nor­male anche per:

  • i disegni di legge rinviati alle Camere dal Presidente della Repubblica (art. 71, comma 2, del Regolamento della Camera e art. 35, comma 1, del Regolamento del Senato);
  • disegni di legge finanziaria e di bilancio (art. 123, comma 1, del Regola­mento della Camera, e art. 126, commi 8 e 9, del Regolamento del Senato);
  • il disegno di legge comunitaria, ora legge europea e di delegazione europea (art. 126-ter del Regolamento della Camera e art. 144-bis del Regolamento del Senato).

Il procedimento legislativo presso il Senato

Il sesto comma dell’articolo 72 riguarda il procedimento legislativo presso il Senato.

Nel corso dell’esame in prima lettura alla Camera, con la finalità di evitare in­certezze in sede attuativa, tale previsione è stata riferita a tutti i procedimenti (con il rinvio all’intero art. 70 Cost.) anziché limitarla – come era stabilito nel testo approvato dal Senato – al solo procedimento di cui al terzo comma dell’articolo 70 (che riguarda i disegni di legge ordinari che, approvati dalla Camera dei deputati, sono trasmessi immediatamente al Senato).

Il testo originario del Governo del disegno di legge (S. 1429) recava una formulazione in parte differente, demandando al regolamento del Senato la disciplina delle modalità di esa­me dei disegni di legge trasmessi dalla Camera dei deputati, mentre per i disegni di legge costituzionali e di revisione costituzionale, prevedeva che essi fossero esaminati dal Senato articolo per articolo e approvati ai sensi dell’articolo 138 della Costituzione.

La disciplina in questione dovrà quindi definire la nuova articolazione del procedi­mento, a partire dalle modalità con cui sarà sagomato l’intervento del Senato in quello monocamerale (ad esempio, se andrà previsto il necessario esame da parte delle Com­missioni parlamentari; se l’intervento del Senato nel procedimento si esplicherà nella forma di un parere o di un nuovo testo; quali saranno i termini, i modi ed eventuali limiti alla presentazione di proposte di modifica o di emendamenti).

Il voto “a data certa”

Il nuovo settimo comma dell’art. 72 Cost. introduce nell’ordinamento l’i­stituto del c.d. “voto a data certa”, prevedendo la possibilità, per il Governo, di chiedere alla Camera dei deputati di deliberare che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno, per essere poi sottoposto alla votazio­ne finale entro un termine certo (pari, al massimo, a 90 giorni dalla richiesta).

Nel dettaglio, in base alla nuova disposizione costituzionale:

– l’Esecutivo ha la facoltà di chiedere alla Camera dei deputati di deliberare (entro 5 giorni dalla richiesta governativa) che un disegno di legge, indicato come essenziale per l’attuazione del programma di Governo, sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di 70 giorni dalla relativa deliberazione;

– in tale caso, sono ridotti della metà i termini per la deliberazione di proposte di modificazioni da parte del Senato (che divengono quindi pari a 5 giorni per disporre di esaminare il disegno di legge e 15 giorni per la deliberazione delle proposte, tenuto conto delle previsioni dell’articolo 70, terzo comma);

– in considerazione dei tempi di esame da parte della Commissione nonché della complessità del disegno di legge, può essere disposto un differimento del termine per un massimo di 15 giorni (termine che, fino all’adeguamento del re­golamento della Camera al nuovo istituto, deve essere almeno di 10 giorni in base all’art. 39, co. 9 – v. infra), per cui il disegno di legge dovrà essere sottoposto alla pronuncia in via definiva della Camera al più tardi entro 85 giorni dalla delibera­zione.

Il testo approvato dal Senato in prima lettura faceva riferimento alla “votazione finale” mentre la nuova formulazione definita all’esito dell’esame in sede referente si riferisce alla “pronuncia in via definitiva” della Camera, che – in base al nuovo articolo 70, terzo comma – include l’esame della proposte di modificazioni deli­berate dal Senato.

Restano espressamente escluse dall’applicazione di tale procedura:

  • le leggi ad approvazione bicamerale della Camera e del Senato;
  • le leggi in materia elettorale;
  • le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali;
  • le leggi di concessione dell’amnistia e dell’indulto (articolo 79 Cost.)
  • la legge che reca il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri per l’equilibrio di bilancio (81, sesto comma).

Viene quindi attribuita al regolamento della Camera dei deputati la definizione delle modalità e dei limiti del procedimento, anche con riferimento all’omogeneità del disegno di legge.

Tale previsione è stata motivata, nel corso dei lavori parlamentari, sulla base della necessità di definire – nella sede regolamentare – limiti specifici per tale pro­cedura, al fine di evitare il rischio di un eccessivo utilizzo da parte del Governo di tale strumento procedurale.

Andranno altresì definiti, in tale sede, ulteriori profili: ad esempio, se tale pro­cedura possa applicarsi anche a proposte di legge di iniziativa parlamentare ritenu­te essenziali nell’ambito del programma di Governo o la possibilità per l’Esecutivo di “fermarsi” qualora non dovesse ritenere non più in linea con i propri indirizzi il testo risultante dagli emendamenti approvati in sede parlamentare.

Al contempo, una disposizione transitoria recata dall’art. 39 (comma 9) precisa che, fino all’adeguamento del regolamento della Camera dei deputati a quanto previsto dall’articolo 72, settimo comma, della Costituzione, il differimento del termine previsto da tale articolo (pari a 15 giorni) non può, in ogni caso, essere inferiore a 10 giorni.

Pertanto, nelle more delle modifiche regolamentari volte ad adeguare le rela­tive previsioni a quelle dettate dal nuovo art. 72, comma settimo, che introduce nell’ordinamento il “voto a data certa”, viene introdotto un termine minimo per il differimento (10 giorni), restando fermo il termine massimo (15 giorni) indicato dal citato settimo comma in via generale.

Anche in questo caso, la previsione introdotta (nel corso dell’esame in Com­missione durante l’esame in prima lettura alla Camera) è finalizzata ad assicurare che la nuova procedura “acceleratoria” sia accompagnata da specifiche garanzie riferite, in primo luogo, ai tempi di esame parlamentare.

Il nuovo procedimento convive con il terzo comma dell’articolo 72 della Costi­tuzione, che affida ai regolamenti la definizione dei procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.

La previsione in Costituzione di questo nuovo strumento rafforza, per alcu­ni aspetti, le prerogative del Governo nell’ambito del procedimento legislativo, rendendo certi i termini dell’iter di approvazione dei disegni di legge di iniziati­va governativa connessi all’attuazione del programma di governo, contribuendo a garantirne la realizzazione.

Si ricorda che nella prassi parlamentare più recente viene utilizzato lo strumento della posizione della questione di fiducia su testi approvati in sede referente in Com­missione o su maxiemendamenti proposti dal Governo con funzione acceleratoria.

L’introduzione del “voto a data certa” dovrebbe, inoltre, nell’intenzione del le­gislatore, deflazionare il frequente ricorso alla decretazione d’urgenza, anche in connessione con le previsioni del nuovo articolo 77, che determinano un irrigidi­mento dei limiti costituzionali al contenuto dei decreti-legge e dell’emendabilità dei relativi disegni di legge di conversione (su cui si rinvia, infra).

Nella Relazione finale trasmessa al Presidente del Consiglio il 17 settembre 2013 dalla Commissione per le riforme costituzionali istituita l’11 giugno 2013 viene affrontato il problema di procedure abbreviate che rispondano all’esigenza del Governo di disporre in tempi brevi e certi dei deliberati del Parlamento su questioni particolarmente urgenti, ricor­dando la degenerazione che, proprio per sopperire all’assenza di una procedura del genere, ha subito il procedimento legislativo per effetto dell’intreccio decreto legge-maxiemenda­mento-questione di fiducia.

Per sopperire a tale lacuna viene definita dalla Commissione la proposta del voto a data fissa; nella Relazione si propone che la richiesta possa essere avanzata per un numero di disegni di legge limitato, determinato dal Regolamento della Camera dei deputati, ritenuti prioritari dal Consiglio dai Ministri.

Si prevede quindi che il Presidente del Consiglio, previa delibera del Consiglio dei Ministri, possa chiedere alla Camera che un disegno di legge venga iscritto con priorità all’ordine del giorno e che su di esso venga espresso il voto finale entro un termine determinato.

Decorso il termine senza che la Camera abbia proceduto al voto finale, il testo della proposta di legge presentato o accolto dal Governo e suddiviso in articoli è sottoposto alla votazione finale senza modifiche.

Si specifica che si procede alla sola votazione finale e non a quella dei sin­goli articoli perché si vota la proposta del Governo e che la richiesta iniziale del Governo non attiva automaticamente la procedura speciale, ma è necessario un voto dell’Assemblea.

Anche per coerenza con l’introduzione dell’istituto del voto a data fissa, la Commissione propone altresì, nella Relazione finale, di limitare le possibilità di ricorso ai decreti legge, che devono restare uno strumento assolutamente straordinario.

Si ricorda che, nel corso dell’esame in sede referente, è stata soppressa la pre­visione contenuta nel testo approvato dal Senato del cosiddetto “voto bloccato” in base alla quale decorso il termine massimo, il testo proposto o accolto dal Governo è votato, su richiesta del Governo stesso, senza modifiche, articolo per articolo e con votazione finale.

Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, nel corso dell’esame alla Camera in seconda lettura (seduta del 18 dicembre 2014), ha evidenziato come, elimi­nando in tale sede la parte relativa al “voto bloccato”, che era invece contenuta nel testo del disegno di legge governativo, probabilmente è stato “reso meno efficace questo strumento a disposizione del Governo, ma il lavoro in Commissione ha portato sicuramente ad una estensione dei tempi per il dibattito e ha portato alla previsione di limiti che saranno poi definiti dai Regolamenti, sia per quanto riguarda i termini, sia per quanto riguarda eventuali valutazioni di complessità e omogeneità del procedimento, valorizzando il lavoro parla­mentare»

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LE RAGIONI DEL SÌ

Dal sito Basta un Sì

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Articolo 72: un iter legislativo veloce ed efficiente 

Il disposto dell’articolo 72 della Costituzione disciplina le modalità attraverso le quali i disegni di legge vengono approvati in Parlamento.

Mentre l’articolo 70 riguarda la “funzione legislativa”, ossia la competenza generica che legittima ad adottare provvedimenti normativi, l’articolo 72 prevede i meccanismi di presentazione ed approvazione dei progetti di legge.

Il fatto che la riforma costituzionale elimini l’articolazione delle due camere denominata bicameralismo paritario rende inevitabile anche la modifica dell’articolo 72.

Il primo comma è innovato attraverso l’inserimento dell’inciso “di cui all’articolo 70 primo comma”, poiché questo dispone che “ogni disegno di legge di cui l’articolo 70 primo comma”, per l’appunto, “presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale”.

L’aggiunta dell’inciso di cui sopra si giustifica sulla base del fatto che l’articolo 70 primo comma contiene l’elencazione, precisa e puntuale, delle leggi la cui approvazione rimane di competenza di entrambe le camere.

Dunque il primo comma disciplina il procedimento legislativo paritario, riguardante il 5% delle leggi.

Qual è il procedimento legislativo attraverso il quale viene approvato il restante 95% dei provvedimenti normativi?

La risposta a questa domanda si riviene nel nuovo secondo comma dell’articolo 72, aggiunto dalla riforma, il quale stabilisce che “ogni altro disegno di legge è presentato alla camera dei deputati” – depositaria pressoché esclusiva della funzione legislativa – “e, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.

Risulta evidente l’innovazione introdotta dalla riforma: se, precedentemente, la legge doveva essere approvata, salvo alcune eccezioni, prima dalle Commissioni – due – e poi dalle Aule – due -, con il nuovo articolo 72 il procedimento legislativo viene dimezzato, e reso più veloce ed efficiente.

I commi successivi continuano a stabilire dei procedimenti speciali per l’approvazione delle leggi.

Il terzo comma, ad esempio, prevede che “i regolamenti” stabiliscano “procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza”.

Quarto e quinto comma disciplinano, rispettivamente, il caso in cui l’approvazione di una legge venga deferito ad una Commissione – posto che la camera di riferimento possa sempre richiamare a sé la legge -, ed il procedimento “normale” di approvazione delle leggi, che l’articolo 72 dispone debba essere necessariamente adottato per “i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale, per quelli di delegazione legislativa, per quelli di conversione in legge di decreti” e per le leggi che abbiano ad oggetto la ratifica di trattati internazionali.

La riforma è intervenuta, in maniera sostanziale, aggiungendo due nuovi commi, l’ultimo ed il penultimo.

Il primo stabilisce che il “regolamento del Senato della Repubblica disciplina le modalità di esame dei disegni di legge trasmessi dalla Camera dei deputati ai sensi dell’articolo 70”, introducendo una previsione allineata, in tutto e per tutto, a quanto previsto nel nuovo disposto dell’articolo 70.

Il Senato sarà obbligato a prevedere nel proprio regolamento un meccanismo attraverso il quale esaminare le proposte di legge che vengono trasmesse dalla Camera dei deputati.

L’ultimo comma, introdotto durante il dibattito parlamentare, rappresenta sicuramente una novità per il nostro ordinamento parlamentare, perché introduce una corsia preferenziale per l’approvazione di un “disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo.

Sono escluse, per questioni di garanzia, dall’applicazione di questo procedimento semplificato tutte quelle leggi la cui approvazione venga demandata ad entrambe le camere in via paritaria – come, ad esempio, leggi di cui l’articolo 70, primo comma e leggi in materia elettorale.

Tale corsia preferenziale può essere attivata dal Governo per quelle leggi la cui approvazione costituisca presupposto imprescindibile per l’attuazione del programma politico, nell’ottica che chi promuove, durante la campagna elettorale, non abbia alcuna scusante per non fare. 

Nei casi in cui il Governo decida di avvalersi del meccanismo previsto dall’ultimo comma dell’articolo 72 i termini entro i quali il Senato può esaminare i progetti di legge licenziati dalla Camera vengono dimezzati: dopo l’approvazione della Camera il Senato avrà a disposizione cinque giorni per richiedere di esaminare il testo e 15 giorni – anziché 30 – per proporre delle modifiche.

Il disposto dell’articolo 72 è coerentemente collegato con tutta la riforma, nell’ottica di rendere più semplice, efficiente e rapida l’attività delle nostre istituzioni.

  

LE RAGIONI DEL NO

 Il NO per l'alternativa

Alessandro Pace, Professore emerito di diritto costituzionale – Università La Sapienza di Roma, Presidente del Comitato per il No nel referendum sulla legge Renzi-Boschi si è espresso al riguardo nel modo seguente.

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Alessandro Pace

«7.3.2. I procedimenti legislativi disciplinati dalla riforma Boschi dai tre attuali (il procedimento normale, quello di conversione dei decreti legge e quello costituzionale) sono diventati otto, secondo una classificazione (G. Azzariti, 2016) che considera l’iter di volta in volta seguito:

……..

5) procedimento monocamerale per i disegni di legge con approvazione a “data certa”, inapplicabile però alle leggi elettorali, alle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati, alle leggi di amnistia e indulto e alle leggi di bilancio (art. 72 comma 7);

……….

La riforma Boschi, che si era proposta « l’obiettivo di semplificare il procedimento di formazione delle leggi ritenuto, non a torto, troppo farraginoso nel sistema attuale di bicameralismo perfetto», è invece riuscita nel capolavoro di passare da uno a otto distinti iter (G. Azzariti, 2016).

Col rischio, secondo la maggioranza degli studiosi, di non infrequenti conflitti procedurali, che potrebbero addirittura configurare — data l’inadeguatezza dell’« intesa non procedimentalizzata tra i presidenti delle due Camere » (“nuovo” art. 70 comma 6) — vizi di costituzionalità, di natura procedimentale, di competenza della Corte costituzionale (G. Brunelli, P. Caretti, 2016, E. Cheli, 2016; G. Piccirilli; contra però M. Manetti, 2015). »

Il giurista Luca Benci ha espresse la seguente articolata valutazione.

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Luca Benci

«Avevamo notato il tentativo surrettizio di trasformare, con legge ordinaria, la repubblica parlamentare in una sorta di premierato. La Costituzione riscritta prevede all’articolo 72, VII comma, un forte condizionamento dei lavori parlamentari nel caso in cui un disegno di legge sia “essenziale per l’attuazione del programma di governo”.

Viene quindi istituito il c.d. “voto a data certa” e il Parlamento entro cinque giorni deve iscriverlo “con priorità” all’ordine del giorno e sottoporlo alla “pronuncia in via definitiva alla Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione” prorogabile al massimo di altri quindici giorni.

Non solo: il parlamento avrà un potere limitato nella modifica del testo di legge presentato dal Governo e la Costituzione riscritta obbliga la stessa Camera a modificare il proprio regolamento per stabilire le modalità e i “limiti” del procedimento anche con riferimento all’omogeneità del disegno di legge”.

Anche i poteri del Senato di intervenire risultano limitati.

In altre parole il Parlamento – con particolare riferimento alla Camera – avrà un potere limitato proprio sulla ragione stessa della sua esistenza: il potere legislativo.

I limiti del I limiti del Governo sulla presentazione di disegni di legge a “data certa” e con scarse modifiche parlamentari sono irrisori: il Governo potrebbe presentare disegni di legge di qualsiasi natura a eccezione delle leggi elettorali, leggi di autorizzazione a ratifica di trattati internazionali, alle leggi su amnistia e indulto e alle leggi di bilancio.

È stato autorevolmente notato (Zagrebelsky, 2016) che il “voto a data certa” della Costituzione riscritta assomiglia all’istituto francese del vote bloqué che ha indebolito il ruolo del parlamento “concentrando l’intera dialettica politica nel rapporto tra presidente della Repubblica e primo ministro”.

Il “voto a data certa” permette al Governo di scegliere indifferentemente tra questo e il decreto legge.

Si tratta sempre della forzatura del potere esecutivo.

Il “voto a data certa” rafforza dunque i poteri dell’esecutivo a danno del parlamento e segue la tendenza che abbiamo avuto in questi anni sulla compressione dei diritti del Parlamento attraverso istituti evocativi proprio l’antidemocrazia parlamentare.

Ci riferiamo agli espedienti pescati dai regolamenti parlamentari il più frequente dei quali è il “maxiemendamento”, sotterfugio attraverso il quale il Governo, di fatto, riscrive il testo legislativo

a suo uso e consumo e a cui, sovente, accompagna il voto di fiducia.

Negli ultimissimi anni, inoltre, abbiamo assistito a forti compressioni proprio delle prerogative parlamentari attraverso l’adozione di “canguri” (l’accorpamento forzoso degli emendamenti), “ghigliottine” (il passaggio diretto di un decreto legge al voto finale senza la discussione parlamentare) i cui nomi non dovrebbero trovare cittadinanza in una democrazia rappresentativa.»

 

 

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

 

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