Referendum – Conoscere per votare: sui reati ministeriali e sull’obbligo di trasparenza nella Pubblica Amministrazione

 

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Il vigente articolo 96 della Costituzione dispone testualmente:

Art. 96 

Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale. 

Il disegno di legge costituzionale S 1429, presentato dal Presidente Renzi e dal Ministro Boschi, prevedeva una modifica dell’art. 96 contenuta all’art. 22, che disponeva testualmente:

Art. 22

(Modificazioni all’articolo 96 della Costituzione) 

1. All’articolo 96 della Costituzione, le parole: «del Senato della Repubblica o» sono soppresse. 

Il disegno di legge si componeva di 35 articoli che modificavano 44 articoli della Costituzione.

Il testo finale approvato si compone invece di 41 articoli, che hanno modificato 47 articoli della Costituzione: quello dedicato all’art. 96 è diventato l’articolo 26 ed ha il seguente testo:

Art. 26. 

(Modifica all’articolo 96 della Costituzione) 

1. All’articolo 96 della Costituzione, le parole: «del Senato della Repubblica o» sono soppresse.

Con riferimento all’articolo 96 le schede di lettura del testo di legge costituzionale definitivamente approvato (pubblicato sulla G.U. n. 88 del 15 aprile 2016) dedicano un apposito paragrafo all’argomento e riportano le seguenti precisazioni: «L’articolo 26 modifica l’articolo 96 della Costituzione, espungendo dal me­desimo il riferimento al Senato della Repubblica, così da prevedere l’attribu­zione alla sola Camera dei deputati della competenza ad autorizzare – secondo le norme stabilite con legge costituzionale – la sottoposizione del Presidente del Consiglio e dei ministri alla giurisdizione ordinaria per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni (c.d. reati ministeriali).

Tale modifica è conseguente alla diversa posizione costituzionale assunta dalle due Camere nel progetto di riforma in esame.

La previa autorizzazione da parte della Camera o del Senato è attualmente pre­vista sia dall’art. 96 della Costituzione, sia dall’articolo 5 della legge costituzionale n. 1 del 1989, con cui è stata data attuazione alla riserva di legge costituzionale prevista dall’articolo 96 (a livello di legge ordinaria, nella materia in esame, rileva­no inoltre disposizioni di cui alla legge n. 219 del 1989).

Il richiamato articolo 5 stabilisce che l’autorizzazione è deliberata dalla Camera di appartenenza.

Spetta, invece, al Senato della Repubblica se si procede contro più persone che appartengono a Camere diverse o se si deve procedere esclusiva­mente nei confronti di soggetti che non sono parlamentari.

La norma di coordinamento di cui all’art. 38, comma 15, del testo di legge co­stituzionale adegua conseguentemente l’art. 5 della legge costituzionale n. 1/1989 che individua l’organo competente all’autorizzazione a procedere per i reati mini­steriali (v. infra).»

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Il successivo e vigente articolo 97 della Costituzione dispone a sua volta testualmente:

Art. 97 

Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.

I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. 

Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.

Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge. 

Il disegno di legge costituzionale S 1429, presentato dal Presidente Renzi e dal Ministro Boschi, non prevedeva nessuna modifica dell’art. 97.

Il disegno di legge si componeva di 35 articoli che modificavano 44 articoli della Costituzione.

Il testo finale approvato si compone invece di 41 articoli, che hanno modificato 47 articoli della Costituzione: quello dedicato all’art. 97 è diventato l’articolo 26 ed ha il seguente testo:

Art. 27. 

(Modifica all’articolo 97 della Costituzione) 

1. Il secondo comma dell’articolo 97 della Costituzione è sostituito dal seguente: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento, l’imparzialità e la trasparenza dell’amministrazione».

Con riferimento all’articolo 97 le schede di lettura del testo di legge costituzionale definitivamente approvato (pubblicato sulla G.U. n. 88 del 15 aprile 2016) dedicano un apposito paragrafo all’argomento e riportano le seguenti precisazioni: «Il testo costituzionale modifica il secondo comma dell’art. 97 della Costitu­zione, che apre la seconda sezione del titolo III della parte seconda della Carta fondamentale, dedicata alla pubblica amministrazione.

Il testo vigente della Costituzione afferma che le leggi sull’amministrazio­ne debbono assicurare il rispetto del buon andamento e dell’imparzialità della stessa amministrazione.

L’intervento emendativo, disposto nel corso dell’esame alla Camera, aggiunge a questi due principi anche quello della trasparenza.

Tale principio è considerato dalla giurisprudenza costituzionale manifestazione dei principi di imparzialità e buon andamento già contenuti nell’articolo 97 Cost., ed è annoverato dalla normativa primaria tra i principi generali dell’attività am­ministrativa, insieme ad altri principi, quali l’economicità, l’efficacia e la pubblicità (art. 1, L. n. 241/1990).

Ai principi di pubblicità e di trasparenza dell’azione amministrativa la Corte costituzionale (sentenze n. 104/2006, n. 377/2007 e n. 310/2010) ha riconosciuto il valore di principi generali, diretti ad attuare sia i canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (art. 97, primo comma, Cost.), sia la tutela di altri interessi costitu­zionalmente protetti, come il diritto di difesa nei confronti della stessa amministrazione (artt. 24 e 113 Cost.).

Più di recente, la Corte ha ribadito come l’art. 97 della Costituzione sia ispirato alla soddisfazione delle finalità sia di trasparenza che di efficienza dell’operato della p.a. (sentenza n. 30/2012).

La trasparenza è dunque intesa quale strumento fondamentale teso a garantire lo svolgi­mento corretto dell’azione amministrativa, della quale i soggetti interessati sono posti in condizione di verificarne direttamente l’efficienza e l’imparzialità.

Anche l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, previsto dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ha la finalità di assicurare, con la piena comprensione della scelta operata, la trasparenza dell’azione amministrativa e il sindacato sulla legittimità e sulla correttezza del modo con cui la funzione è stata in concreto svolta.

La legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo, in particolare, fa propria una concezione per la quale la trasparenza dell’attività amministrativa è posta sia a garanzia del buon andamento dell’amministrazione, sia a difesa del privato nei confronti dell’amministrazione, come strumento di difesa e mezzo di partecipazione individuale.

Con l’evoluzione normativa e giurisprudenziale degli ultimi anni, a tale conce­zione si è accompagnata un’impostazione che ha inteso la trasparenza anche come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni.

Questa nuova accezione del principio è fatta propria, in particolare, dal d.l­gs. n. 33/2013 (c.d. testo unico della trasparenza) che, in attuazione della delega contenuta nell’art. 1, comma 35, della legge anticorruzione n. 190 del 2012, ha provveduto alla ridefinizione in un unico contesto normativo degli obblighi di trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

In questa diversa accezione, la trasparenza è considerata in particolare un metodo generale per la prevenzione della corruzione amministrativa: è volta innanzitutto a “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”; mira, inoltre, “ad attuare il principio demo­cratico” ed integra “il diritto ad una buona amministrazione”, concorrendo “alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.

Lungo la medesima direzione, il summenzionato testo unico della trasparenza è stato di recente oggetto della delega legislativa contenuta nella legge di riforma della pubblica amministrativa (legge n. 124 del 2015).

Per garantire la trasparenza, nel corso degli ultimi anni il legislatore ha rivisto e rafforzato gli obblighi di pubblicazione; contestualmente è stato introdotto nell’ordinamento l’istituto del c.d. accesso civico, vale a dire il diritto attribuito a tutti i cittadini di avere accesso a tutti i documenti, informazioni o dati della pubblica amministrazione per i quali non sia stato adempiuto l’obbligo di pubblicazione.

A differenza dell’accesso agli atti , disciplinato dalla L. n. 241 del 1990, tale diritto di accesso non presuppone la titolarità di particolari situazioni soggettive, non deve essere motivato ed è gratuito.

A tale istituto si è inoltre re­centemente affiancato, nella delega di riforma della p.a., di cui alla legge n. 124 del 2015, un diritto di accesso civico di portata più ampia, che richiama quello tipico degli ordinamenti giuridici dell’area anglosassone, la cui trasposizione legislativa è nota come Freedom of In­formation Act, e diffuso, con alcune varianti, anche in alcuni Paesi del Nord Europa.

Si tratta di un sistema generale di pubblicità che assicura a tutti un ampio accesso alle informazioni detenute dalle autorità pubbliche, ad esclusione di un elenco tassativo di atti sottoposti a regime di riservatezza.

Nel corso dei lavori parlamentari è stato evidenziato come la modifica apporta­ta all’art. 97 della Costituzione sia volta, in primo luogo, a prevedere che nell’am­bito dell’organizzazione dei pubblici uffici il principio di trasparenza costituisca uno dei principi cardine.

Si ricorda che, accanto all’introduzione della trasparenza tra i principi costi­tuzionali sull’amministrazione nel corpo dell’articolo 97, l’articolo 32 del testo di legge costituzionale (su cui v. infra) modifica l’articolo 118 della Costituzione, stabilendo che le funzioni amministrative sono esercitate “in modo da assicurare la semplificazione e la trasparenza dell’azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori.»

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LE RAGIONI DEL SÌ

Dal sito Basta un Sì

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Articoli 96 e 97: obbligo di trasparenza nella Pubblica Amministrazione

L’articolo 96 subisce una modifica tanto marginale che merita soltanto un accenno, en passant.

La presente disposizione prevede, difatti, che per i reati commessi sia il Presidente del Consiglio che i Ministri, ancorché sia cessata la loro carica, vengano sottoposti alla giurisdizione ordinaria previa autorizzazione della Camera dei deputati.

Precedentemente tale autorizzazione doveva essere adottata, alternativamente, o dalla Camera dei deputati o dal Senato della Repubblica, in ragione dell’appartenenza del membro del Governo all’una od all’altra Camera.

L’articolo 97 della Costituzione, nella sua versione vigente, contiene i principi sulla base dei quali debba essere organizzata l’attività della Pubblica Amministrazione.

I commi 1, 3 e 4 rimangono invariati, e sanciscono il dovere della Pubblica Amministrazione tutta di garantire l’equilibrio di bilancio, di dotarsi di una struttura organizzativa che permetta la divisione delle sfere di competenza e di prevedere dei meccanismi di assunzione mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge.

L’innovazione portata dalla riforma costituzionale può essere considerata quantitativamente marginale, poiché si concretizza nella aggiunta di sole tre parole.

Ma l’importanza di queste tre parole è di livello incommensurabile.

Il secondo comma dell’articolo 97, infatti, stabilisce che “i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge – e qui viene sancito il principio di legalità -, in modo che siano assicurati il buon andamento, l’imparzialità e – qui sta la grande innovazione – la trasparenza dell’amministrazione.”

Può apparire, come già detto, qualcosa di assolutamente marginale.

Così non è.

Per due ordini di motivi.

Il primo riguarda il valore che decidiamo di assegnare alla Costituzione.

Se si parte dal presupposto, e credo lo si debba fare, che le parole in Costituzione non compongano semplicemente un testo di legge, ma siano invece la “base definita della vita costituzionale italiana” – come ha affermato Meuccio Ruini, il 22 dicembre del 1947 -, allora si deve convenire che qualunque parola inserita nella carta costituzionale costituisce, necessariamente, parte del basamento, sociale e giuridico, della nostra società.

Il secondo motivo è di carattere eminentemente normativo.

Il principio di trasparenza, ancorché non sancito direttamente in Costituzione, precedentemente poteva essere rinvenuto nella legge numero 241 del 1990, precisamente all’articolo 1.

Tale disposizione prevede che “L’attività amministrativa (…) è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza.”

Come si vede, il principio di trasparenza veniva parificato ad un’altra serie di principi, che assumevano il medesimo valore.

È necessario, prima di concludere, accennare al fatto che il principio di trasparenza non costituisca un’enunciazione generica, poiché riveste una enorme importanza nella vita quotidiana di ognuno di noi.

Il fatto di aver inserito in Costituzione il termine “trasparenza” significa che nessuna Pubblica Amministrazione potrà sottrarsi dal rispettare, od aggirare, tale principio – tramite, ad esempio, negazione o rinvio di una richiesta di accesso ai documenti.

La riforma costituzionale adotta una linea di principio precisa: rendere la trasparenza non uno dei tanti principi sui quali si regge l’attività della Pubblica Amministrazione, ma il principio cardine – assieme all’imparzialità ed al buon andamento – dell’attività amministrativa, da considerarsi come presupposto ed obiettivo.

La trasparenza, nell’attività della Pubblica Amministrazione, non potrà più essere derubricato a principio generico e programmatico, perché quando una parola entra in un testo costituzionale cambia ragion d’essere, e viene impressa a fuoco nella società cui accede.

 

LE RAGIONI DEL NO

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Non sono state trovate critiche al riguardo, se non le stesse relative alla esautorazione del Senato.

 

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

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