Referendum – Conoscere per votare: potere sostitutivo del Governo nei confronti delle autonomie territoriali

 

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Il vigente articolo 120 della Costituzione dispone testualmente:

Art. 120 

La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.

Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.  

La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione. 

Il disegno di legge costituzionale S 1429, presentato dal Presidente Renzi e dal Ministro Boschi, prevedeva una modifica dell’art. 120 contenuta al comma 11 dell’art. 32, che disponeva testualmente:

 CAPO VI

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 32 

(Disposizioni consequenziali e di coordinamento)

11. All’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, le parole: «, delle Province » sono soppresse.

Il disegno di legge si componeva di 35 articoli che modificavano 44 articoli della Costituzione.

Il testo finale approvato si compone invece di 41 articoli, che hanno modificato 47 articoli della Costituzione: quello dedicato all’art. 120 è diventato l’articolo 34 che ha il seguente testo: 

Art. 34.

(Modifica all’articolo 120 della Costituzione)

1. All’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «Il Governo» sono inserite le seguenti: «, acquisito, salvi i casi di motivata urgenza, il parere del Senato della Repubblica, che deve essere reso entro quindici giorni dalla richiesta,» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e stabilisce i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall’esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell’ente». 

L’articolo 120 era correlato al comma 11 dell’art. 32 del disegno di legge costituzionale S 1429 che disponeva testualmente:

CAPO VI 

DISPOSIZIONI FINALI 

Art. 32

(Disposizioni consequenziali e di coordinamento)

11. All’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, le parole: «, delle Province » sono soppresse.

In sede di approvazione definitiva la modifica è diventata il comma 9 dell’art. 38 dal seguente testo:

Capo VI  

DISPOSIZIONI FINALI 

Art. 38. 

(Disposizioni consequenziali e di coordinamento) 

9. All’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «, delle Province» sono inserite le seguenti: «autonome di Trento e di Bolzano».

frontespizio-art-38

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Con riferimento all’articolo 120 le schede di lettura del testo di legge costituzionale definitivamente approvato (pubblicato sulla G.U. n. 88 del 15 aprile 2016) dedicano un apposito paragrafo all’argomento e riportano le seguenti precisazioni: «L’articolo 34 modifica l’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, che disciplina il c.d. “potere sostitutivo” del Governo nei confronti delle autonomie territoriali.

La modifica introduce nel procedimento di attivazione del potere del Go­verno il parere preventivo del Senato della Repubblica, stabilendo che il parere deve essere reso entro quindici giorni dalla richiesta.

In base alla formulazione della disposizione, il parere risulta obbligatorio ma non vincolante.

È stato inoltre specificato che il parere del Senato è acquisito fatti salvi i casi di motivata urgenza.

Si ricorda che la legge n. 131/2003 (cd. legge La Loggia) attribuisce al Consiglio dei mi­nistri, nei casi di assoluta urgenza, il potere di adottare i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chie­derne il riesame (v. immediatamente infra).

Non appaiono univoche le conseguenze della mancata espressione del pare­re nel termine di quindici giorni; la sancita doverosità dell’espressione del parere (“deve essere reso”) sembra comunque indurre a ritenere che, decorso il termine, il Governo possa comunque procedere in assenza del parere.

Si ricorda che, in base al testo della Costituzione vigente (art. 120, secondo comma), il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di:

  • mancato rispetto di norme e trattati internazionali;
  • mancato rispetto della normativa comunitaria;
  • di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica;
  • quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

La norma costituzionale rinvia ad una legge le procedure di garanzia per l’esercizio del po­tere nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione. In attuazione della disposizione costituzionale vigente, è stato approvato l’art. 8 della legge 131 del 2003 (cd. “La Loggia”), che definisce la procedura per l’esercizio del potere sostitu­tivo nel modo seguente:

  • il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all’ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari;
  • decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunio­ne del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Regione interessata;
  • i provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.

Nei casi di assoluta urgenza, come già ricordato, il Consiglio dei ministri adotta i provve­dimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.

Secondo la giurisprudenza costituzionale, il potere sostitutivo del Governo non può esercitarsi per la semplice inerzia degli enti competenti, senza che ricorrano le gravi ed eccezionali ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 120 Cost. e senza il ricorso alle procedure stabilite dalla legge a garanzia dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, che consentano all’ente inadempiente di compiere l’atto o gli atti per la cui mancanza viene prevista l’attivazione del potere sostitutivo (sentenza n. 165/2011).

In sede attuativa, andrà definito il momento procedurale in cui si innesterà l’espressione del parere del Senato.

Avuto riguardo all’attuale scansione del proce­dimento definita dall’articolo 8 della “legge La Loggia”, esso potrebbe intervenire una volta decorso il termine per provvedere assegnato all’ente con la diffida e pri­ma della conseguente adozione da parte del Consiglio dei ministri dei “provvedi­menti necessari” o della nomina del commissario.

Al medesimo secondo comma dell’articolo 120 della Costituzione viene inoltre previsto che la legge stabilisce i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall’esercizio delle rispettive funzioni “quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell’ente”.

La legge dovrà essere adottata con procedimento bicamerale, ai sensi del nuovo art. 70, primo comma.

Viene quindi introdotta, nella Carta costituzionale, una previsione di responsa­bilità per grave dissesto finanziario dell’ente regionale o locale che, ove accertata, comporta l’esclusione dall’esercizio della funzione di governo regionale e locale secondo le modalità che saranno stabilite dalla legge.

Si ricorda in proposito che un’ipotesi di rimozione del Presidente della Regione responsabile del grave dissesto finanziario dell’ente era stata introdotta dal decreto legislativo n. 149 del 2011 (c.d. decreto “premi e sanzioni”) ed è stata successiva­mente dichiarata costituzionalmente illegittima (sentenza n. 219/2013).

In attuazione della legge sul federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009), il D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149 (c.d. decreto “premi e sanzioni”), ha introdotto una disciplina sanzionatoria nei confronti degli enti che non rispettano gli obiettivi finanziari e, invece, sistemi premiali verso gli enti che assicurano qualità dei servizi offerti e assetti finanziari positivi.

Per quanto riguarda gli enti locali, il decreto prevede che qualora il presidente della pro­vincia o il sindaco siano riconosciuti dalla Corte dei conti come aventi responsabilità nel dissesto finanziario del rispettivo ente, la “responsabilità politica”, comporta la sanzione dell’incandidabilità per una durata decennale alle cariche elettive locali, nazionali ed euro­pee, nonché il divieto di ricoprire posizioni di governo negli enti territoriali o cariche in enti vigilati o partecipati da enti pubblici.

Meccanismi analoghi di responsabilità politica per i casi di grave dissesto finanziario erano previsti per gli organi regionali, ma la Corte costituzionale, con sentenza n. 219 del 2013, ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale.

In particolare, il decreto elencava le condizioni al cui verificarsi si determina la fattispecie di “grave dissesto finanziario” riferito al disavanzo sanitario.

Il manifestarsi di tale fattispecie costituiva grave violazione di legge e determinava la rimozione del presidente della Giunta regionale per “responsabilità politica nel proprio mandato di amministrazione della Regio­ne”, ove sia accertato dalla Corte dei conti che le condizioni del dissesto siano riconducibili alla sua diretta responsabilità, con dolo o colpa grave, disponendosi conseguentemente la nomina di un commissario ad acta.

In proposito, la Corte, con la sentenza citata, ha rilevato che il potere sanzionatorio è di­sciplinato secondo profili contrari al modello costituzionale dell’art. 126 e al principio di ragionevolezza.

In primo luogo, nel procedimento costituzionale non è prevista la Corte dei conti, alla quale invece il decreto affida un procedimento di accertamento di responsabili­tà di cui non sono chiariti presupposti, natura e tempo di svolgimento; questa incertezza procedimentale contrasta con la necessità costituzionale di un “immediato allontanamento” dalla carica della persona che la occupa (sentenza n. 12 del 2006), immediatezza che i tempi del giudizio contabile, diversi da quelli della politica, non possono assicurare.

Per queste ca­ratteristiche del procedimento la fattispecie disciplinata “non sarebbe davvero “eccezionale” (sentenza n. 50 del 1959), e tale da giustificare un “atto di penetrante ingerenza” (sentenza n. 81 del 1979) nell’autonomia regionale”.

Perciò, “l’organo di governo della Regione viene assoggettato ad un procedimento sanzionatorio, di per sé contraddittorio rispetto all’urgen­za del decidere, e comunque dai tratti così indefiniti, da rendere incerte le prospettive di esercizio della carica, in danno dell’autonomia regionale”.

In secondo luogo, il parere della Commissione per le questioni regionali, che non è vinco­lante nell’art. 126 Cost., nel decreto legislativo è disciplinato in modo da avere un effetto limitativo del potere del Presidente della Repubblica che, quindi, ad esso deve uniformarsi.

Questi due profili sono ritenuti quindi non coerenti con il disegno costituzionale che ha “attribuito al Capo dello Stato e al Governo, l’uno rappresentante dell’unità nazionale e l’al­tro garante dell’indirizzo politico generale, il compito di valutare il grado di responsabilità implicato dalla violazione di legge, giacché anche da esso si desume l’ampiezza e la gravità dell’inadempimento”.

Ulteriore elemento di difformità è, ad avviso della Consulta, nel fatto che, mentre l’art. 126 Cost. fonda la rimozione dalla carica sul fatto che al Presidente della regione è imputabile una grave violazione di legge, nel procedimento dell’art. 2 la rimozione è stabilita per il Presidente in quanto commissario ad acta chiamato ad esercitare per lo Stato un potere sostitutivo.

Quindi gli inadempimenti relativi al piano di rientro, che coinvolgono anche il Consiglio regionale, in realtà “esulano dalla piena ed esclusiva imputabilità agli organi di vertice della Regione”.

Con la modifica in esame, la legge ordinaria (bicamerale) potrà prevedere la ri­mozione del Presidente della Regione in caso di grave dissesto finanziario dell’en­te.

Appare meritevole di approfondimento se in tale ipotesi risulti comunque ap­plicabile la disciplina prevista dall’articolo 126 Cost. o se invece l’articolo 120 in esame introduca una deroga a tale disciplina.

In base ad una disposizione di coordinamento (art. 38, comma 9), all’articolo 120, secondo comma, il riferimento all’esercizio del potere sostitutivo nei con­fronti delle “Province” viene sostituito con le “Province autonome”.

Tale modifica, da un lato, è in linea con l’espunzione del riferimento alle Pro­vince in tutto il testo costituzionale, dall’altro, mantiene la possibilità che il potere sostitutivo sia esercitato nei confronti delle Regioni ad autonomia speciale e delle Province autonome, possibilità già riconosciuta dalla giurisprudenza costituziona­le (sentenze n. 236 del 2004 e n. 383 del 2005).

Una disposizione transitoria (art. 39, comma 13) prevede infine che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale e sino alla revisione degli statuti speciali, resta ferma la disciplina vigente prevista dai medesimi statuti e dalle relative norme di attuazione ai fini di quanto previsto dall’articolo 120 della Costituzione.

Si rinvia in proposito al commento all’articolo 39, comma 13, sulle Regioni ad autonomia speciale.»

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LE RAGIONI DEL SÌ

Il Governo eserciterà un potere autoritario sugli Enti locali e sul Parlamento?

No, anzi, con il superamento del bicameralismo perfetto sia gli enti locali che l’assemblea legislativa avranno strumenti di controllo e di autonomia maggiori rispetto a prima.

Con il nuovo Senato gli enti territoriali saranno rappresentati direttamente nelle istituzioni dello Stato attraverso i loro stessi membri, mentre con l’incremento delle competenze della Camera dei deputati il Parlamento assume poteri che non aveva in precedenza.

Basti pensare alla modifica della disciplina del cosiddetto potere sostitutivo del Governo, che dovrà prevedere il “parere preventivo del Senato” prima di poter essere messo in atto, mentre prima non era sottoposto ad alcun vincolo da parte di uno dei rami del Parlamento o di altre istituzioni.

 

LE RAGIONI DEL NO

Camera dei Deputati e Senato della Repubblica continueranno ad esercitare i medesimi poteri quanto meno nel procedimento di approvazione di una serie di leggi.

Si tratta di casi molto rilevanti.

Rientra nell’elenco anche l’esercizio del potere sostitutivo del Governo nei confronti di organi di governo  regionali e locali, inclusi i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali quando gli Enti da loro amministrati versino in «stato di grave dissesto finanziario» (art. 120, secondo comma, Cost.).

 

Dott. Arch. rodolfo Bosi

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