Arriva la relazione sull’airgun. Realacci: «Si vietino ricerche petrolifere, almeno in Adriatico»

 

Dopo l’interrogazione presentata alla Camera in commissione Ambiente dal presidente della stessa, Ermete Realacci, il ministero guidato da Gian Luca Galletti ha trasmesso al Parlamento la relazione annuale sugli effetti dell’uso dell’airgun, una «tecnica particolarmente invasiva – ricorda Realacci – per le ricerche petrolifere in mare.  

Un documento previsto dal decreto legislativo 145/2015 di attuazione della direttiva europea sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che dunque arriva in ritardo».

Rispondendo a Realacci, la sottosegretaria all’ambiente Silvia Velo ha detto che «si tratta  della prima relazione conoscitiva predisposta sulla base delle attuali conoscenze acquisite e redatta ai sensi del dlgs 145/2005, che ha recepito, nell’ordinamento italiano, la Direttiva con cui la Comunità Europea ha fissato standard minimi di sicurezza per le esplorazioni, la ricerca e la produzione di idrocarburi in mare con l’obiettivo di ridurre la probabilità di accadimento di gravi incidenti, di limitarne le conseguenze e di aumentare la protezione dell’ambiente marino.  

Il rapporto è stato predisposto dal Ministero dell’Ambiente col supporto di Ispra e rappresenta la prima relazione conoscitiva sugli effetti dell’impegno della tecnica dell’airgun sull’ambiente marino.  

È stato, inoltre, istituito un gruppo di lavoro che avrà il compito, tra le altre cose, di sviluppare nuovi indirizzi specifici in materia di mitigazione degli impatti delle attività di airgun maggiormente rispondenti alle peculiarità ambientali delle regioni del Mediterraneo, che confluiranno in linee guida per gli utilizzatori di questa tecnica.

Gli esiti delle attività del gruppo di lavoro potranno costituire la base per un’apposita normativa di settore».

Un rapporto che ha finalità assai pratiche: deve servire a valutare l’impatto ambientale dell’airgun e a capire eventualmente quali limiti imporre al suo utilizzo.

«Mi auguro che sia già questo – sottolinea Realacci – e non una indagine generica, il senso della relazione».

«Ho colto l’occasione, anche alla luce di quanto avviene in altre parti del mondo – chiosa il presidente della Commissione Ambiente – per tornare a chiedere al governo di tutelare i nostri mari avviando un accordo con i paesi rivieraschi per vietare le ricerche petrolifere.  

Almeno in Adriatico.  

Tanto più considerando che anche la Croazia è tornata indietro rispetto alle autorizzazioni rilasciate in passato. 

Del resto il petrolio non manca e il suo prezzo continua a oscillare intorno ai 50 dollari al barile, dimostrando quanto queste attività siano discutibili anche dal punto di vista economico oltre che da quello ambientale.  

Non a caso uno degli ultimi atti dell’amministrazione Obama è stata la messa al bando di nuove trivellazioni di petrolio lungo le coste dell’Atlantico, dal New England fino alla Virginia e nei mari dell’Artico, con un divieto permanente».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 3 febbraio 2017 sul sito online “greenreport.it”)

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