Un 2 giugno di Repubblica e d’arte

 

L’Italia è una Repubblica.

Democratica, fondata sul lavoro.

L’abbiamo deciso in un 2 giugno come questo, settantuno anni fa: quando gli italiani (e per la prima volta anche le italiane) chiamarono se stessi a votare, per decidere cosa doveva essere l’Italia.

E decisero: non un regno, non più.

Ma una Repubblica.

L’Italia, naturalmente, esisteva già.

Come luogo fisico: una penisola immersa per tre lati nel mare, e coronata dalle Alpi.

Ma anche come comunità.

Come nazione.

Appena nata, la Repubblica dichiarò solennemente che avrebbe protetto la Nazione.

Lo scrisse nella Costituzione, che è il progetto, la mappa, il programma della Repubblica.

Lo scrisse nell’articolo 9: «La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione».

È l’unica volta che, tra i principi fondamentali della nostra nuova Italia, si usa questa parola: «nazione».

E la si usa per dire questo: l’Italia è la sua storia, la sua natura, la sua arte.

Non il sangue, la stirpe, la lingua o la religione: ma la cultura.

Come matrice, ma anche come progetto.

Anche Cimabue, il più antico padre della pittura italiana, la pensava così.

Quando Dante aveva circa quindici anni, sugli altissimi ponteggi della Basilica Superiore di Assisi – la grande chiesa nata sulla tomba di Francesco, che d’Italia divenne il patrono – Cimabue dovette rappresentare in poco spazio, e in modo che fosse visibile dal pavimento, proprio l’Italia.

Anzi l’«Ytalia», come si scriveva allora.

La dipinse come una città: e non una qualunque, ma Roma.

La capitale naturale di Italia.

La dipinse non come una veduta, ma come un’idea: un catalogo di monumenti, tutti ben riconoscibili.

Ci sono Castel Sant’Angelo, la Piramide di Cestio e la Torre delle Milizie.

Ne riconosciamo la cattedrale: San Giovanni in Laterano con la sua antica facciata in mosaici dorati.

E poi il Pantheon, con la sua mervigliosa cupola bucata.

E ancora: campanili, marmi.

Le mura: con la porta aperta.

E in alto il Campidoglio: il palazzo del potere civico.

Proviamo a leggerne il messaggio: l’Italia è come una città bellissima, e la sua porta è aperta a tutti coloro che vengono in pace.

Una nazione aperta, una città a cui tutti possono aggiungere qualcosa di bello, una Repubblica il cui palazzo più alto appartiene a tutto il popolo.

In sette secoli la visione di Cimabue è diventata il progetto della Costituzione: ma quanto lavoro ci resta da fare per costruire l’Italia!

 

(Articolo di Tomaso Montanari, pubblicato con questo titolo il 1 giugno 2017 su “Il Venerdì di Repubblica”)

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