Lotta ai cambiamenti climatici? L’Italia regala alle fonti fossili 15,2 miliardi di euro l’anno

 

Nel 2014 erano 14,7 miliardi di euro, saliti a 14,8 l’anno successivo – durante il quale è stato firmato l’Accordo sul clima di Parigi – fino a balzare nel 2016 a 15,2 miliardi di euro: i sussidi alle fonti fossili in Italia non solo non vengono cancellati, ma continuano ad aumentare come testimonia oggi il rapporto internazionale Transizione 2020: monitoraggio dei sussidi ai combustibili fossili in Europa, realizzato da Odi (Overseas development institute) e Can Europe (Climate action network), al quale ha collaborato per la parte italiana anche Legambiente.

«La combustione delle fonti fossili – commenta Katiuscia Eroe, responsabile Energia di Legambiente – è la causa principale dei cambiamenti climatici. 

È assurdo che si continuino a finanziare i sussidi alle fonti fossili venendo meno agli impegni presi con gli Accordi di Parigi.  

Occorre cancellare i sussidi, diretti e indiretti, a petrolio, carbone e altre fonti che inquinano l’aria e danneggiano la salute, accelerare il processo di decarbonizzazione delle economie e spostare le risorse verso l’innovazione ambientale e l’efficienza energetica, incentivando il settore delle energie rinnovabili che aiuta le famiglie anche a risparmiare in bolletta.  

L’Italia, se davvero vuole contrastare i cambiamenti climatici, non perda più tempo ed abbia il coraggio di fare scelte lungimiranti e concrete in questa direzione, definendo anche una Strategia energetica nazionale e climatica che preveda l’eliminazione di queste fonti inquinanti».

Come spiegano dal Cigno verde, ad oggi questo non sta accadendo, né in Italia né in Europa.

Tra il 2014 e il 2016 11 Stati Ue hanno distribuito più di 112 miliardi di euro all’anno per sostenere la produzione e il consumo dei sussidi ai combustibili fossili (per il 44% diretti al settore dei trasporti), e negli stessi anni l’Ue ha fornito una media annua di 4 miliardi di euro alle fossili attraverso il suo bilancio, azioni di sviluppo e banche di investimento.

Un contesto nel quale l’Italia non sfigura: Legambiente ricorda che Sace (Servizi assicurativi e finanziari per export e internazionalizzazione) e Cdp (Cassa depositi e prestiti) continuano a finanziare i progetti da fonti fossili, soprattutto petrolio e gas, mentre nel solo 2016 nel nostro Paese sono stati elargiti 15,2 miliardi di euro (di cui 8,7 al settore dei trasporti) in sussidi, tra diretti e indiretti e in forme diverse – esoneri dall’accisa, sconti, finanziamenti per opere, ecc – alle fonti fossili.

Qualche esempio?

Per quanto riguarda la produzione di petrolio e gas, l’esenzione dall’accise sulle royalties per l’estrazione di questi combustibili crea in Italia una spesa fiscale media di 1,4 miliardi di euro l’anno.

Sul fronte dei trasporti, la Penisola concede diversi sconti ed esenzioni a questo settore. Il sussidio più elevato è una riduzione dell’aliquota di accisa sul consumo di carburanti diesel per il trasporto su gomma, stimata in circa 5 miliardi di euro nel 2016 (Ministero dell’Ambiente, 2016); l’aliquota fiscale applicata al diesel è inferiore del 23% rispetto alla benzina in rapporto al contenuto energetico (Ministero dell’Ambiente, 2016); le centrali alimentate da fonti fossili, per la produzione di energia elettrica o la cogenerazione di calore, hanno ricevuto riduzioni fiscali per un valore di 366 milioni di euro nel 2016 (Ministero dell’Ambiente, 2016).

Si tratta di sussidi che, è evidente, contrastano nettamente con l’impegno manifestato dall’Italia a livello internazionale nella lotta ai cambiamenti climatici, a partire dal sostegno incondizionato all’Accordo di Parigi, ribadito dai vertici istituzionali ad ogni occasione disponibile: peccato che, nel mentre, le emissioni di gas serra italiane siano tornate a crescere, e che l’impatto del riscaldamento globale sul territorio nazionale sia già più acuto di quanto non accada alla media mondiale, arrecando impatti sensibili sulla vita e le abitudini della popolazione.

 

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 28 settembre 2017 sul sito online “greenreport.it”)

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