Il Commissario per gli Usi civici di Roma riconosce e garantisce il demanio civico di Canale Monterano

 

Monterano, Chiesa e il convento di S. Bonaventura con la copia della Fontana del Bernini

Il Commissario per gli Usi civici di Lazio, Umbria e Toscana ha depositato il dispositivo della sentenza n. 76 del 3 ottobre 2017 con la quale ha dichiarato la permanenza dei diritti di uso civico su un’ampia area (circa 80 ettari) del demanio civico di Canale Monterano (RM).

(foto da commons.wikimedia.org, S.D., archivio GrIG)

Si tratta del pieno accoglimento dell’istanza avviato da un folto numero di residenti del caratteristico piccolo centro della Tuscia romana per garantire i diritti d’uso civico sull’area interessata, riguardante le località La Bandita, Quarto, Monte Virginio.    

Un sito di grande interesse ambientale, ricadente nella Riserva naturale regionale di Monterano, costituito da boschi e pascoli.

Il procedimento n. 6/2016 avviato dai cittadini di Canale Monterano davanti al Commissario per gli Usi civici di Lazio, Umbria e Toscana nei confronti della Regione Lazio, del Comune di Canale Monterano e dell’Università agraria di Canale Monterano è scaturito dall’approvazione (art. 29 della n. 1766/1927 e s.m.i.) con la determinazione Direttore Agricoltura Regione Lazio n. G14047 del 16 novembre 2015 della conciliazione transattiva sottoscritta (8 settembre 2015) fra il Comune di Canale Monterano e l’Università agraria di Canale Monterano, che prevede, senza particolari motivazioni, l’attribuzione al patrimonio comunale di un’ottantina di ettari già del demanio civico di Canale Monterano.

Eppure il decreto Ministero Agricoltura e Foreste n. 1446 del 18 agosto 1939 di assegnazione a categoria (art. 11 della legge n. 1766/1927e s.m.i,) del demanio civico e delle proprietà collettive di Canale Monterano aveva individuato nella categoria A (boschi e pascoli) quasi 980 ettari di boschi e pascoli, ricomprendenti  anche La Bandita, Quarto e Monte Virginio: sembra chiaro che le terre ora qualificate come patrimonio comunale nel provvedimento regionale di approvazione della conciliazione transattiva siano invece terre a uso civico e assegnate alla categoria A (boschi e pascoli) del demanio civico di Monterano.

Non solo.    

Si tratta delle terre del feudo dei principi Altieri già indicate come a uso civico fin nel Catasto Gregoriano [Canale Monterano, Sez. I, mappali 654, 655, 656, 696, 697, 786, 787, 795, 797, 798, 799].

La collettività locale di Canale Monterano nei decenni passati si era già battuta strenuamente per difendere i propri diritti di uso civico, oggi il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus è al suo fianco: già con atto del 22 dicembre 2015 aveva inoltrato un ricorso per l’accertamento della permanenza dei diritti di uso al Commissario per gli Usi civici di Lazio, Umbria e Toscana e al Presidente della Regione Lazio, in seguito ha inoltrato (12 maggio 2016) un atto di intervento con memorie ad adiuvandum nel procedimento aperto davanti al Commissario.

Ora giunge la sentenza n. 76 del 2017, che riconosce i diritti di uso civico della comunità di Canale Monterano e rappresenta grande motivo di soddisfazione anche per il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus.

Come noto, i diritti di uso civico costituiscono un importantissimo patrimonio delle collettività locali, sono inalienabili (art. 12 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.), inusucapibili ed imprescrittibili (artt. 2 e 9 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.), mentre – dopo la legge n. 431/1985 (art. 1, comma 1°, lettera h) – hanno acquisito anche l’ulteriore finalità della salvaguardia e valorizzazione ambientale/paesaggistica con la tutela mediante il vincolo paesaggistico e i piani paesaggistici.

Nella suggestiva vallata del Fiume Mignone la città abbandonata di Monterano, nell’omonima riserva naturale, potrebbe, con un’attenta promozione, esser mèta di un turismo culturale e naturalistico rispettoso dei luoghi e del contesto territoriale con positive ricadute sull’economia locale [Centro di origine etrusca, sede vescovile nell’alto medioevo, ebbe grande fortuna a partire dal ‘500, quando il feudo venne acquisito dagli Orsini, e ancor più nella seconda metà del ‘600, quando il feudo divenne parte dei possedimenti degli Altieri, altra casata nobiliare romana.   La decadenza del borgo iniziò con il dilagare della malaria, a partire dal 1770, e vide la sua fine con la distruzione da parte delle truppe francesi nel 1799.  Oggi, dopo alcuni interventi di restauro conservativo dei ruderi, la città perduta è diventata anche sede di ambientazioni cinematografiche: da Ben-Hur (1959) a Brancaleone alle Crociate (1970), da Il Marchese del Grillo (1981) alla La visione del Sabba (1988), alla mini-serie televisiva La freccia nera (2006) e tanti altri film].

È questa la strada per difendere l’ambiente e le terre collettive, garantendo un’importante sostegno al tessuto economico-sociale delle tantissime comunità locali italiane.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 14 ottobre 2917 sul sito online del Gruppo d’Intervento Giuridico)

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