Archivi Giornalieri: 23 Novembre 2017
Ieri, con 3 voti a favore e uno contrario, la Nebraska public service commission (Npsc) ha emesso il suo tanto atteso verdetto sul passaggio attraverso lo Stato del contestatissimo oleodotto Keystone XL: potrà essere realizzato ma su un trattato diverso da quello proposto dalla TransCanada, Un sì che arriva a poche ore dall’ennesimo sversamento di 6.600 tonnellate di greggio delle sabbie bituminose in un’area agricola del South Dakota. La Nspc doveva giudicare se il tracciato proposto dalla multinazionale petrolifera canadese corrispondeva agli interessi dello Stato del Nebraska, ma non aveva il potere di valutare i rischi di sversamenti, visto che il Keystone XL è già in possesso delle necessarie autorizzazioni ambientali concesse dopo che Donald Trump, appena eletto presidente Usa, aveva annullato il divieto di costruire la pipeline approvato da Barack Obama. Il troncone del Keystone XL che collegherà il Canada al Nebraska dovrebbe essere lungo più di 1.100 miglia e contribuire a rafforzare il flusso del greggio più sporco e inquinante del mondo, quello delle sabbie bituminose canadesi dell’Alberta, fino alle raffinerie texane sul Golfo del Messico e, secondo TransCanada e l’Amministrazione Trump, servirà a rafforzare i legami commerciali Usa-Canada e a importare meno petrolio dal Sud America (leggi Venezuela). Progetti già superati dai tempi e dalla tecnologia, visto che l’ultimo World Energy Outlook 2017 dell’International energy agency dice che entro la fine del decennio 2020 gli Usa diventeranno «un esportatore di petrolio netto». Comunque, secondo il New York Times il via libera della Npsc significa che il progetto del Keystone XL ha superato il suo «ultimo grande ostacolo» e lo ha fatto proprio in Nebraska, lo Stato che era diventato il centro dell’opposizione contro l’oleodotto e dove le mancate concessioni di permessi e delle servitù di utilizzo del suolo avevano ritardato il completamento del progetto. Ma, […]
Giulio Tremonti, che sta ora lanciando con Vittorio Sgarbi un qualche loro rinascimento elettorale, passerà alla storia per qualcos’altro. Per una frase scolpita tra i Fatti e Detti Memorabili del berlusconismo: “Con la cultura non si mangia”. L’antico ministro del Tesoro sostiene di non aver mai pronunciato quelle parole, e possiamo anche credergli anche se, nei suoi anni al governo, a quel principio egli sempre si attenne, come a un Vangelo privato. A lui risale, con la passiva complicità di Sandro Bondi, il dimezzamento del bilancio dei Beni culturali, le cui conseguenze ancora si sentono; a lui, con l’attiva complicità di Mariastella Gelmini, gli irresponsabili tagli ai bilanci di università e ricerca che costringono all’esilio migliaia di giovani ricercatori, accolti a braccia aperte in tutto il mondo, e a nostre spese (la formazione l’abbiamo pagata noi). E il degrado dei patrii costumi non si arresta: forse per mostrare che con la cultura si mangia, a Montepulciano il famoso paramento murario di palazzo Bucelli, che schiera in facciata decine di urne etrusche come biglietto da visita di un collezionista settecentesco, serve ormai ad appenderci salami e prosciutti. La foto, scrive l’egittologo Francesco Tiradritti, parla più di mille parole. Segnala una gerarchia, prima gli affari e poi gli etruschi; e mette in soffitta la storia sotto una coltre d’insaccati. Col permesso o col silenzio, s’immagina, delle “autorità preposte”. E sì che gli Statuti di Montepulciano del 1337 stabilirono chiaramente “che siano conservate e mantenute in buono stato tutte le strade pubbliche, e non sia permesso ad alcuno di occuparle abusivamente”, punendo severamente chiunque vi faccia per proprio vantaggio qualcosa d’improprio. I contravventori, proseguono gli Statuti (art. VI, 194) dovranno essere obbligati dal sindaco a riparare ogni danno. La stessa identica gerarchia di valori (prima gli affari, poi la bellezza, l’arte, la storia, il […]
Quest’anno, l’Onu ha scelto il tema “Innovative Governance, Open Cities” per mettere l’accento sull’importanza dell’urbanizzazione come fonte di sviluppo globale e inclusione sociale. L’urbanizzazione è una delle tendenze più trasformative del XXI secolo. Le città sono il motore trainante della crescita economica sostenibile, dello sviluppo e della prosperità sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo. Attualmente, il 54% della popolazione mondiale (4 miliardi di persone) vive in aree urbane. Entro il 2030, 2 miliardi di persone si saranno trasferite in città, Così, entro i prossimi 10 anni, il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città che saranno così al centro dei temi legati allo sviluppo sostenibile e ad altre sfide globali, tra cui i cambiamenti climatici, con un impatto senza precedenti sulle infrastrutture e le risorse esistenti, soprattutto per quanto riguarda l’approvvigionamento idrico. Alla luce di questa inarrestabile rivoluzione planetaria, Local governments for sustainability (Iclei), United cities and local governments (Uclg), Global Water Operators’ Partnerships Alliance (Gwopa/UN-Habitat), CNM Confederação nacional de municípios (Cnm – Brasile) e il World water council (Wwc) hanno messo insieme le loro forze e riunito allo stesso tavolo i decision-maker, i leader locali e gli esperti del settore «al fine di affrontare le sfide legate all’acqua a livello locale». L’accordo di partnership appena siglato è un passo importante verso la preparazione e l’organizzazione della Conferenza degli enti locali e regionali che si terrà in concomitanza con il World water forum dal18 al 23 marzo 2018 a Brasilia. Il Wwc dice che «le dieci città più popolose al mondo saranno Tokyo (37.2 milioni), Delhi (36.1 milioni), Shanghai (30.8 milioni), Mumbai (27.8 milioni), Pechino (27.7 milioni), Dacca (27.4 milioni), Karachi (24.8 milioni), Il Cairo (24.5 milioni), Lagos (24.2 milioni) e Città del Messico (23.9 milioni). Dal 2016 al 2030, circa il 35% dell’aumento della […]