L’eolico offshore influenza gli ecosistemi oceanici

 

Il passaggio globale alle energie rinnovabili sembra inarrestabile e comprende la costruzione di grandi capi eolici offshore. 

Al largo delle coste europee ci sono già circa 3.600 pale eoliche e 14 nuovi grandi parchi eolici offshore sono in fase di costruzione.

Ma per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo sul clima di Parigi ci vuole molto più eolico ma, secondo i ricercatori che studiano come le turbine influenzano l’ambiente, la spinta ad aumentare di ben 40 volte l’energia eolica offshore dell’Ue entro il 2030 potrebbe cambiare gli ecosistemi oceanici europei in modi profondi e inaspettati.

La maggior parte della ricerca sull’impatto dell’eolico offshore è di origine nordeuropea, dove le pale eoliche in mare  sono in funzione dal 1991 e gli scienziati dicono che questa ricerca «può aiutare a delineare piani per l’installazione di turbine eoliche offshore in altre parti del mondo

Il  recente studio “Marine Renewable Energy in the Mediterranean Sea: Status and Perspectives” pubblicato su Energies da un team di ricercatori greci, ha identificato le aree di energia eolica e gli hotspot della fauna selvatica , basandosi in parte sulle lezioni apprese nell’Europa settentrionale. 

Queste ricerche saranno molto utili anche in Paesi  come il Giappone e gli Usa dove, nonostante Trump, sembra imminente un boom  dell’energia eolica offshore.

Deutsche Welle  fa l’esempio delle imprese che stanno realizzando impianti eolici lungo la costa orientale degli Usa e che ora sono in grado di proteggere meglio le balene in via di estinzione dopo che le ricerche scientifiche fatte nel Mare del Nord hanno dimostrato che il rumore dei lavori fa scappare temporaneamente alcune specie di pesci e i mammiferi marini.

«Così – spiega Greer Ryan del Center for biological diversity  – ora si stanno costruendo le pale eoliche solo quando nella zona non ci sono le specie più vulnerabili».

Gli scienziati hanno anche studiato le fondazioni delle pale eoliche offshore al largo della costa scandinava, e le hanno viste trasformarsi gradualmente in barriere artificiali che attirano molluschi e piccoli pesci che si nutrono di plancton, producendo così un effetto calamita nell’intera catena alimentare, attraendo irresistibilmente i pesci più grossi e poi le foche e delfini.

Alcuni ricercatori descrivono le zone di mare intorno all’eolico offshore come «santuari marini de facto» perché di solito intorno ai parchi eolici marini la pesca e vietata o fortemente limitata.

Jason Hall-Spencer, un biologo marino dell’università di Plymouth ha detto a Deutsche Welle che «gli ecosistemi dei fondali marini potrebbero persino essere in ripresa nelle aree in cui i pescatori avevano “polverizzato” il fondo marino con le reti a strascico per 100 anni».

Ma le conseguenze a lungo termine delle turbine eoliche sulla vita marina non sono ancora chiare.

Secondo lo scienziato marino britannico Andrew Gill, «il monitoraggio mirato e lo studio degli ecosistemi potrebbero aiutare a minimizzare gli impatti indesiderati sui pesci e sui mammiferi marini, con un approccio di ricerca olistico che consideri come tutte le specie in un’area funzionano insieme.  

La politica attuale si concentra troppo sullo studio di singole specie designate isolatamente. 

Ad esempio, lo studio dell’ecosistema può aiutare a determinare le rotte migratorie e comportare una migliore pianificazione nel selezionare il sito.  

Alcuni effetti potrebbero essere inaspettati.  

Alcune specie di squali e razze, ad esempio, usano i campi elettromagnetici per spostarsi e cacciare il cibo e questi  animali reagiscono all’energia elettrica emanata  dagli impianti eolici offshore, compresi i cavi di trasmissione sul fondo marino, dove le razze si insinuano nei sedimenti in cerca di prede».

Ma Hall-Spencer ribatte che «l’impatto dei parchi eolici offshore dovrebbe essere considerato anche sulla a scala molto più grande dell’oceano.  

L’impronta è minima rispetto alla vasta area del mare: gli impatti sono molto localizzati e piccoli, soprattutto rispetto agli effetti della pesca o del riscaldamento degli oceani».

La fase che sembra avere un maggiore impatto sui mammiferi marini è quella di costruzione dell’eolico offshore.

Lo conferma la biologa e consulente marina Victoria Todd, che ha passato anni a studiare foche, delfini e balene intorno a parchi eolici e impianti di trivellazione offshore: «Il forte suono forte che pulsa durante la costruzione influisce su alcune specie lontane fino a 12,5 miglia (20 chilometri).  

Per esempio, le focene sono particolarmente sensibili alle frequenze generate dal pile driving: il procedimento di installazione dei pali nel fondale oceanico per le fondazioni delle turbine eoliche.  

Per un massimo di 6  settimane, la costruzione può far allontanare i mammiferi marini da vaste aree del loro habitat.  

Gli operatori offshore sono vincolati a misure severe per cercare di garantire che i mammiferi marini non vengano feriti fisicamente. 

Ma una volta terminati gli impianti, gli animali ritornano.  

Gli scienziati stanno assistendo a un processo simile su alcune piattaforme di trivellazione petrolifere e di gas in disarmo nel Golfo del Messico.  

Lì, il governo degli Stati Uniti sta promuovendo la crescita degli ecosistemi produttivi con il Rigs to Reefs program».

Tuttavia, gli effetti complessivi a livello regionale dell’eolico offshore non sono ancora chiari; in parte perché l’industria è cresciuta così velocemente, ma anche perché gli oceani sono – per loro natura – ecosistemi complessi e dinamici.

Gill ha detto che «è troppo presto per trarre conclusioni.  

È necessario un monitoraggio migliore per determinare se la biomassa oceanica stia effettivamente crescendo grazie ai parchi eolici o se gli ecosistemi vengono semplicemente attratti dai campi delle turbine.  

Dobbiamo dimostrare che sono buoni, se sono validi come pensiamo, dimostriamolo, altrimenti facciamo qualcosa».

Bruna Campos, responsabile mare e pesca di BirdLife International, ha detto a  Deutsche Welle che «gli impatti delle nuove turbine eoliche offshore dovrebbero essere considerati insieme agli effetti di tutte le altre attività umane, come la pesca, il dragaggio e la trivellazione di petrolio e gas.  

Vogliamo le energie rinnovabili e supportiamo pienamente gli impegni presi, ma pensiamo che i parchi eolici offshore debbano passare attraverso lo stesso processo di revisione di qualsiasi altro tipo di progetto energetico. 

Si deve riconoscere che, dal momento in cui si costruiscono i parchi eolici, si possono avere conseguenze importanti per la sopravvivenza delle specie.  

Gli uccelli in particolare sono colpiti dai parchi eolici.  

Le autorità stanno facendo progressi su piani su larga scala che prendono in considerazione gli impatti sulla fauna selvatica, ma la pressione per il fast-track offshore wind  significa che a volte non rispettano i loro obblighi legali.  

Di conseguenza, i conservazionisti  hanno portato alcuni progetti di energia eolica in tribunale».

La Campos conclude ricordando che «le scadenze per la pianificazione degli spazi per lo sviluppo dell’offshore arriveranno nel 2021.  

Se i paesi non utilizzeranno un solido approccio basato sull’ecosistema per tali piani, l’Unione europea dovrà ritenerli responsabili.  

La Commissione europea deve tornare indietro e dire: “non lo stai facendo bene, stai fallendo”».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 24 novembre 2017 sul sito online “greenreport.it”)

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