Il pensiero magico di Trump: il cambiamento climatico non è più una minaccia alla sicurezza nazionale

 

La nuova National Security Strategy resa nota dal presidente statunitense Donald Trump ha eliminato tutti i riferimenti al cambiamento climatico come una minaccia alla sicurezza nazionale Usa, una decisione in linea con l’operazione ideologica compiuta negli ultimi 11 mesi per minimizzare i pericoli del cambiamento climatico. 

Infatti, la decisione di Trump arriva solo un mese dopo la pubblicazione del Fourth National Climate Assessment  che avvertiva sulle terribili conseguenze dell’impatto dei cambiamenti climatici, compresi  un aumento degli incendi boschivi come quello gigantesco che da giorni sta bruciando la California, delle ondate di caldo e di gravi siccità. 

Il rapporto “Climate change adaptation”, pubblicato la scorsa settimana dal  Government Accountability Office (Gao)  spiega che gli impatti attesi legati ai cambiamenti climatici pongono rischi operativi alle basi e agli impianti d’oltremare del Dipartimento della Difesa.

Nella National Security Strategy l’amministrazione Trump scrive: «Gli Stati Uniti rimarranno un leader globale nel ridurre l’inquinamento tradizionale, così come i gas serra, espandendo al contempo la nostra economia. 

Questo risultato, che può fungere da modello per altri Paesi, deriva dall’innovazione, dalle scoperte tecnologiche e dai guadagni in efficienza energetica, non da una regolamentazione onerosa».

Insomma, “la botte piena e la moglie ubriaca”, una strategia di “ammissione-negazionista” che non tiene conto del fatto che – anche se la Cina è il più grande emettitore di gas serra del mondo – gli Usa restano il più grande emettitore di CO2 procapite da combustine di  combustibili fossili. 

Eppure Trump sta eliminando i programmi federali per combattere i cambiamenti climatici causati dall’emissione di CO2 e di altri gas serra.

Nella nuova National Security Strategy  si legge però che «le politiche climatiche continueranno a plasmare il sistema energetico globale», ma l’amministrazione Usa ha detto che sarà indispensabile la leadership americana per contrastare questa «agenda anti-crescita energetica che è dannosa per gli interessi economici e energetici degli Stati Uniti».

Tutto questo mentre i dati dimostrano il contrario: dal 2007 l’economia Usa è cresciuta significativamente mentre diminuivano consumo di elettricità e domanda totale di energia.

Che si tratti di un’imposizione ideologica dei repubblicani lo si capisce dal fatto che, nonostante la nuova National Security Strategy, il Dipartimento della Difesa ha avvertito che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale.

Solo la scorsa settimana Trump aveva firmato il National Defense Authorization Act (Ndaa) nel quale si afferma che  «il cambiamento climatico è una minaccia diretta per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e sta influenzando la stabilità nelle aree del mondo sia dove oggi sono operative le forze armate degli Stati Uniti, sia quelle in cui esistono implicazioni strategiche per un conflitto futuro».

Persino il segretario alla Difesa di Trump, James Mattis, ha dichiarato che «il cambiamento climatico sta influenzando la stabilità nelle aree del mondo in cui oggi stanno operando le nostre truppe» e che «è appropriato che i Combatant Commands incorporino  nella loro pianificazione i driver di instabilità che impattano la sicurezza dell’ambiente nelle loro aree».

D’altronde, quando nel 2010 era comandante del Comando dell’ U.S. Joint Forces Command, Mattis firmò  il Joint Operating Environment, che elenca i cambiamenti climatici tra le  minacce alla sicurezza nazionale che i militari Usa si aspettano di dover affrontare nei prossimi 25 anni. Nella prefazione a quel documento l’attuale Segretario alla difesa scriveva: «Dalle tendenze economiche al cambiamento climatico e dalla vulnerabilità ai cyber attack, delineiamo quei trend che ci ricordano che, se intendiamo creare un esercito che sia rilevante e capace come quello che possediamo oggi, dobbiamo stare attenti a ciò che sta cambiando nel mondo».

E non si può certo dire che Trump riesca a stare molto attento e a capire cosa succede nel mondo…

Eppure gli avvertimenti dei militari sui cambiamenti climatici risalgono al National Intelligence Assessment del 2008, pubblicato durante l’amministrazione repubblicana di George W. Bush, nella quale si affermava che i cambiamenti climatici potevano causare dispute sulle risorse naturali e migrazioni di massa e che potrebbero portare a un’ulteriore instabilità politica.

Basandosi anche su questo, 2015 Barack Obama affermò che i cambiamenti climatici rappresentano una «minaccia urgente e crescente per la nostra sicurezza nazionale».  

È questo che è stato cancellato dalla National Security Strategy  di Trump.

Michael Brune, direttore esecutivo di Sierra Club, la più grande, diffusa e influente associazione ambientalista Usa, ha fatto notare che questa volta «sui pericoli della crisi climatica Trump non sta semplicemente ignorando la scienza e l’opinione pubblica, sta ignorando i generali americani e il Pentagono su ciò che serve per mantenere al sicuro i nostri militari e il nostro Paese.

Se vogliamo mantenere il nostro paese al sicuro, Trump dovrebbe prendere consigli militari dai militari, non dagli executives  dei combustibili fossili che stanno spingendo per negare la scienza climatica e aumentare ad ogni costo i loro profitti».

Il portavoce di Greenpeace Usa, Travis Nichols, iromizza:«Nonostante le delusioni di Donald Trump per non poter essere il master dell’universo, l’eliminazione dei cambiamenti climatici dall’elenco delle minacce globali non li renderà una minaccia meno globale. 

Infatti, se i compari dei combustibili fossili dell’amministrazione Trump insistono nel nascondersi la vera minaccia dei cambiamenti climatici, renderanno solo peggiori tutte le altre minacce elencate, dalla sicurezza delle frontiere all’insicurezza economica.

I cambiamenti climatici non si preoccupano di ciò che pensa l’amministrazione Trump; continueranno a peggiorare se non verrà intrapresa un’azione concreta per affrontarli. Decisioni miopi come questa dimostrano fino a che punto è arrivata la stupidità irresponsabile dell’agenda di Trump e quanto lavoro dobbiamo fare in tutto il mondo per superarla».

Secondo Kassie Siegel, direttore del Climate law institute del Center for biological diversity, «questa è una mossa incredibilmente insensata fatta da un presidente il cui primo mandato è stato segnato da devastanti super-tempeste e incendi boschivi. 

I cambiamenti climatici esacerberanno i futuri eventi meteorologici estremi, alimentando l’instabilità geopolitica e minacciando la sicurezza in tutto il mondo. 

La missione risoluta di Trump nel proteggere le compagnie dei combustibili fossili mette gravemente in pericolo la salute, la salvaguardia e la sicurezza degli americani in patria e all’estero».

Ma Trump appare – come per il trasferimento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme  – prigioniero di un pensiero magico costituito da una miscela di fanatismo religioso, ignoranza e affarismo.

Già a luglio il repubblicano Scott Perry aveva cercato di rimuovere le parole “cambiamento climatico” dall’Ndda, senza alla fine riuscirci.

Ma a giugno era stato lo stesso Trump ad annunciare il ritiro degli Usa dall’Accordo di Parigi sul clima e nella sua proposta di bilancio 2018, Trump punta a eliminare lo “spreco” dei programmi di ricerca sui cambiamenti climatici dell’Environmental protection agency e ad abrogare il Clean Power Plan, voluto da Obama per ridurre le emissioni di gas serra prodotte dalle centrali elettriche.

A marzo, Trump aveva anche emesso un  ordine esecutivo  che annulla le strategie di gestione del rischio dei cambiamenti climatici a livello federale, azzerando di fatto le azioni intraprese dai Dipartimenti di difesa, sicurezza nazionale, interni ed edilizia abitativa e sviluppo urbano per ridurre i rischi legati al cambiamento climatico per risorse e comunità.

Eppure, come scrive ThinkProgress, «negli ultimi anni il Dipartimento della difesa ha cercato di  ridurre  i rischi derivanti dal caldo estremo, dalle forti tempeste e dall’innalzamento del livello del mare per le truppe e alle basi militari statunitensi, installando protezioni contro le inondazioni, migliorando la gestione delle acque piovane, regolando i programmi e i siti delle esercitazioni e migliorando l’efficienza energetica. L’anno scorso, il dipartimento ha istituito la direttiva ““climate change adaptation and resilience”».

Commentando la decisione di Trump, Jon Powers, ex federal chief sustainability officer e pecial adviser dell’ U.S. Army durante l’amministrazione Obama, ha detto che «la nostra leadership militare si rende conto che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia significativa per la stabilità in tutto il mondo e che deve essere affrontato.

È spiacevole che la decisione dell’amministrazione Trump di ignorare il cambiamento climatico come rischio per la sicurezza nazionale vada contro gli esperti, incluso il suo Segretario alla difesa, e che ci esponga tutti a un rischio maggiore».

Ma quella sulla sicurezza nazionale è solo l’ultima di decisioni “linguistiche” di questo tipo prese da Trump e dal suo staff di negazionisti climatici: secondo un’analisi della radio pubblica Usa NPR, con la presidenza Trump c’è stato un calo nel numero di sovvenzioni concesse dalla National Science Foundation per progetti che contengono nel titolo o nel sommario le parole “cambiamento climatico” e anche i Centers for disease control and prevention (Cdc) tendono a non occuparsi più delle problematiche riguardanti i cambiamenti climatici.

Michael Halpern, vicedirettore del Center forscience and democracy dell’Union of concerned scientists, ha scritto  che lo staff del Cdc «ha fatto l’insolito e sfortunato passo di cancellare una conferenza sul cambiamento climatico e la salute pubblica ancora prima dell’inaugurazione».

Il direttore esecutivo dell’American public health association, Georges Benjamin, ha detto al Washington Post che i funzionari del Cdc  hanno deciso di revocare preventivamente l’evento del 23 gennaio, piuttosto che rischiare di scontrarsi con un Presidente che ha ripetutamente definito una “bufala” il cambiamento climatico e che ha nominato climate change skeptics nel suo governo.

Con questa nuova imposizione, Trump si conferma “eccentrico” rispetto a una comunità internazionale che prende sul serio il cambiamento climatico e non lo fa rimuovere dai documenti ufficiali e dai siti delle agenzie governative. 

In un sondaggio pubblicato ad agosto dal Pew Research Center, il cambiamento climatico è risultato la seconda principale minaccia per la sicurezza nazionale in tutto il mondo dopo lo Stato Islamico/Daesh – che nel frattempo è stato sconfitto in Siria ed Iraq –  e in 13 Paesi il cambiamento climarticio viene comunque considerato la minaccia principale.

ThinkProgress ricorda che all’inizio di quest’anno, Sherri Goodman, senior fellow al Wilson center environmental change and security program e Polar Initiative ed ex vice sottosegretario alla difesa per la sicurezza ambientale, ha detto ai legislatori statunitensi che il mondo è testimone di un gran numero di rifugiati, forse anche più di dopo Seconda guerra mondiale, una tendenza che è stata «esacerbata dal cambiamento climatico e che pone una minaccia alla sicurezza nazionale».

Dieci anni fa, Goodman  coniò  il termine “moltiplicatore di minacce” per descrivere come i cambiamenti climatici creano situazioni come le siccità che durano anni e che possono contribuire a innescare conflitti civili o uragani più forti che possono danneggiare le navi in ​​mare. 

Nella sua audizione al Congresso Usa Goodman  tracciò un quadro preoccupante del futuro della sicurezza usa e mondiale: «Credo che il cambiamento climatico stia agendo come un moltiplicatore della minaccia che porterà a un’ondata di rifugiati climatici che stiamo già vivendo e che continuerà a crescere negli anni futuri con l’innalzamento del livello del mare, eventi meteorologici estremi e aumento della siccità».

Ma Donald Trump tutto questo non lo sa…  oppure fa finta di non saperlo, che è anche peggio.

 

(Articolo di Umberto Mazzantini, pubblicato con questo titolo il 19 dicembre 2017 sul sito online “greenreport.it”)

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