L’ondata di freddo anomalo negli Usa non smentisce il riscaldamento globale

 

Mentre la maggior parte degli Stati Uniti è entrata nel 2018 con condizioni di freddo record in quasi tutto il resto del mondo le temperature medie sono superiori alla media.

«Un promemoria sul fatto che, anche quando fa insolitamente freddo in una parte del mondo, il più ampio trend al riscaldamento globale è ancora una grossissima realtà», scrive Natasha Geiling su ThinkProgress

Di solito le ondate di freddo vengono utilizzate dai negazionisti climatici per sostenere le loro tesi infondate secondo le quali il riscaldamento globale è una bufala. 

Il repubblicano  Jim Inhofe, è diventato famoso per aver portato nel 2015 una palla di neve al Senato Usa come dimostrazione che il cambiamento climatico non esiste.

Ma non era mai successo che scendesse in campo come leader  dei negazionisti climatici il presidente degli Stati Uniti d’America come ha invece fatto Donald Trump il 28 dicembre. 

Trump, che nega da tempo la scienza del cambiamento climatico, ha utilizzato l’ondata di freddo che ha colpito gran parte degli Usa, del Canada e la Groenlandia per giustificare la sua decisione di uscire dall’Accordo di Parigi sul clima al quale hanno aderito tutti gli altri Paesi del Mondo e ha twittato  che «un po’ di buon vecchio riscaldamento globale farebbe bene agli Usa, ma non ad altri Paesi che dovrebbero pagare trilioni di dollari per proteggersi».

Se è scandaloso il cinismo con il quale Trump affronta un tema planetario, la Geiling fa notare che «le ondate di freddo possono avvenire mentre il riscaldamento globale continua ad accelerare» e che i tentativi di utilizzarli per ridurre l’azione climatica internazionale  confondono il concetto di tempo atmosferico,  con quello di clima: «Il tempo atmosferico è ciò che sta accadendo nell’atmosfera in un dato luogo in un dato momento; il clima, invece è il comportamento dell’atmosfera a lungo termine, per un lungo periodo di tempo». 

Insomma, mentre i cambiamenti climatici non impediranno che si verifichino periodi di freddo, cambieranno costantemente il comportamento dell’atmosfera, rendendo il clima in media sempre più caldo in tutto il mondo ed è questo che sta è esattamente accadendo in questo momento, quasi ovunque nel mondo ad eccezione di parte del Nord America.

Secondo il Climate Reanalyzer dell’Università del Maine, che mappa i dati climatici  del pianeta, attualmente quasi ogni area del mondo, ad eccezione degli Usa, del Canada e della Groenlandia, sta sperimentando temperature superiori alla media. 

Nell’’Artico, che si sta riscaldando più velocemente di qualsiasi altra parte del mondo, le temperature sono attualmente superiori alla media di 3,4°. 

A livello globale, le temperature sono  di 0,5° C più calde del normale.

In media, il 2017 è stato un anno insolitamente caldo, anche perché nell’anno appena passato non c’è stato nessun episodio di El Niño, che solitamente porta a un clima planetario più mite, e la Nasa ha già annunciato che il 2017 sarà probabilmente uno degli anni più caldi mai registrati.

Dopo lo sconsiderato twitter di Trump sul clima, l’ex direttore della comunicazione della Casa Bianca, Anthony Scaramucci, lo ha difeso dicendo che ha fatto bene a uscire dall’Accordo di Parigi sostenendo che si trattava di un pessimo affare per gli Stati Uniti e avrebbe danneggiato la competitività economica degli Usa.

Il problema per i negazionisti climatici come Scaramucci è che, nonostante le affermazioni di Trump, proprio nelle ultime settimane un numero crescente di compagnie, investitori  e fondi pensione pubblici e privati hanno annunciato che stanno spostando i loro investimenti dai combustibili fossili e verso le energie rinnovabili e che questo avviene, almeno in parte, grazie all’Accordo di Parigi.

Se Trump manterrà la sua promessa, gli Usa nel novembre 2020 diventeranno il primo paese ad uscire dall’Accordo di Parigi, ma allora Trump potrebbe già essere un’anatra zoppa senza maggioranza al Congresso e la sua riconferma come presidente Usa potrebbe essere problematica, visto che è ha il peggior indice di gradimento di sempre.

Scaramucci invece ci spera ancora e ha detto che Trump non ha voluto sottoscrivere l’Accordo di Parigi per non confondersi con il resto del mondo e ha aggiunto: «La mia previsione è che, tra un po’di tempo, alla fine del 2018, la gente lo guarderà e dirà, wow, ha avuto molto buon senso a uscire da quell’accordo sul clima».

Sarà dura, visto che secondo un sondaggio condotto nel 2017 dallo Yale Program on Climate Communication  il 70% degli statunitensi vuole restare nell’Accordo di Parigi, mentre solo il 37% approva l’operato di Trump come presidente Usa.

Il fisico e fondatore di Climate Progress Joe Romm ironizza: «Trump non ce la fa a smettere di fare il negazionista climatico.

Proprio come la primavera significa che i fiori sbocciano, l’inverno significa che sboccia il negazionismo climatico di Donald Trump».

È stata facile profeta la rubrica Capital Weather Gang del Washington Post che, poco prima che Trump pubblicasse il suo tweet  ha scritto che l’ondata di freddo negli Stati Uniti potrebbe essere utilizzata fuori contesto per  minare “irresponsabilmente” le prove sul riscaldamento globale.

E Romm ribadisce: «Si chiama anche “cambiamento climatico” per una ragione:  le fluttuazioni meteorologiche a breve termine saranno sempre molto più grandi del lento aumento delle temperature medie annuali».

Naturalmente Trump non aveva certo visto il grafico che aveva appena pubblicato Climate Nexus e che dimostra che negli ultimi 365 giorni gli Usa  hanno registrato 3,03 volte più record di temperature elevate rispetto a record di temperature basse, mentre se il clima non si stesse riscaldando ci si dovrebbe aspettare un rapporto 1 a 1 rapporto.

ThinkProgress ricorda di aver «ridimensionato le sciocchezze di Trump “l’inverno confuta il riscaldamento” Innumerevoli volte» e Romm aggiunge che «la principale differenza ora è che il presidente sta ripetendo le sue affermazioni anche dopo che la sua Casa Bianca ha approvato un massiccio rapporto sul clima che ha smentito tutto ciò che Trump ha scritto giovedì».

Romm si riferisce al National Climate Assessment (Nca), un rapporto di 600 pagine che l’amministrazione Trump pubblicato a novembre definendolo «la valutazione autorevole della scienza del cambiamento climatico, con particolare attenzione agli Stati Uniti».

L’Nca non è solo il frutto del lavoro di scienziati di 13 agenzie federali peer-reviewed dalla National Academy of Sciences, è anche stato supervisionato dal White House Office of Science and Technology Policy (Ostp) prima di poter essere pubblicato, non senza un certo imbarazzo perché smentisce le tesi negazioniste.

Infatti, come spiega il rapporto, «sulla base di numerose prove … è estremamente probabile che  le attività umane, in particolare le emissioni di gas serra, siano la causa principale del riscaldamento osservato dalla metà del XX secolo» e che «per il riscaldamento nel secolo scorso, non esiste una spiegazione alternativa convincente supportata dalla validità delle prove osservative».

Nelle  note del  sommario esecutivo del rapporto si legge: «Dagli anni ’60 le ondate di caldo sono diventate più frequenti negli Stati Uniti, mentre le basse temperature estreme e le ondate di freddo sono meno frequenti».

L’Nca sottolinea la crescente evidenza scientifica che, mentre il mondo si riscalda, assisteremo ancora a estese ondate di freddo regionali, favorite da sistemi di alta pressione persistenti e lenti che impediscono l’ingresso  ai venti occidentali prevalenti nelle medie e alte latitudini e il  normale progresso verso est di sistemi di tempesta transitori extratropicali ed evidenzia che si tratta di  una componente importante della variabilità climatica che «può causare condizioni meteorologiche di lunga durata come periodi di freddo in inverno e ondate di caldo in estate».

Con buona pace del negazionismo climatico di Trump, smentito dalla Casa Bianca con un documento che evidentemente ha approvato ma non ha letto o non ha capito.

 

(Articolo di Umberto Mazzantini, pubblicato con questo titolo il 2 gennaio 2017 sul sito online “greenreport.it”)

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