Grosso guaio nell’Artico: enormi riserve di mercurio nel permafrost che si sta sciogliendo

 

Un team di ricercatori statunitensi e cinesi ha scoperto che il permafrost che si sta sciogliendo nell’emisfero settentrionale presenta un altro rischio: stocca il doppio di mercurio rispetto al resto del pianeta, dall’atmosfera agli oceani. 

«Una scoperta che ha implicazioni significative per la salute umana e gli ecosistemi in tutto il mondo», dicono all’U.S. Geological Survey (Usgs) che ha guidato il team di ricerca che ha pubblicato lo studio “Permafrost Stores a Globally Significant Amount of Mercury” su Geophysical Reasearch Letters.

Gli Scienziati hanno misurato le concentrazioni di mercurio in nuclei di terreno ghiacciato – o permafrost – dall’Alaska e hanno utilizzato i dati per stimare la quantità di mercurio intrappolata dall’ultima era glaciale nel permafrost dell’emisfero settentrionale  e hanno scoperto che le regioni Artiche contengono 1.656 gigagrammi di mercurio, quanto basta per riempire 50 piscine olimpioniche, il che rappresenta la più grande riserva di mercurio del nostro pianeta. 

All’’Usgs fanno notare che «questa quantità è quasi il doppio di mercurio di tutti i terreni al di fuori della regione settentrionale del permafrost, dell’oceano e dell’atmosfera messi insieme

I ricercatori hanno anche scoperto che di questi 1.656 gigagrammi di mercurio(27 piscine olimpioniche), 863 sono  nello strato superficiale del suolo che gela e disgela ogni anno e 793 gigagrammi (23 piscine olimpioniche ) sono congelati nel permafrost.

Un autore dello studio, Kevin Schaefer, del National snow and ice data center dell’università del Colorado, evidenzia che «questo implica che le regioni del permafrost contengono circa 10 volte le emissioni totali di mercurio antropico degli  ultimi 30 anni.

Studi precedenti presumevano che ci fosse poco o niente mercurio nelle regioni del permafrost, ma riteniamo che sia vero il contrario.

Questo cambia completamente la nostra visione di come il mercurio si sposta attraverso la terra e l’oceano».

Anche secondo il principale autore dello studio, Paul Schuster del National research program Usgs, «questa scoperta è un punto di svolta.

Abbiamo quantificato un ammontare di mercurio che non era stato preso in considerazione in precedenza e i risultati hanno profonde implicazioni per una migliore comprensione del ciclo globale del mercurio».

Il permafrost , il suolo permanentemente congelato, si estende su circa 22,79 milioni di Km2, circa il 24% della superficie terrestre dell’emisfero settentrionale  che circonda l’oceano artico. 

Il mercurio si trova naturalmente nella crosta terrestre e solitamente entra nell’atmosfera attraverso le eruzioni vulcaniche. 

È un elemento che si sposta rapidamente tra l’atmosfera e l’oceano, ma il mercurio che si depositata al suolo proveniente all’atmosfera si lega alla materia organica attraverso le piante, quando le piante muoiono, i microbi del suolo degradano la materia organica morta, rilasciando nuovamente il mercurio nell’atmosfera o nell’acqua.

Tuttavia, nelle regioni di permafrost la materia organica viene seppellita dai sedimenti prima che decada e si congela nel permafrost, così il mercurio rimane intrappolato per migliaia di anni, a meno che non venga liberato dal disgelo del permafrost.

Schaefer. conferma: «Finché il permafrost rimane congelato, il mercurio rimarrà intrappolato nel terreno.

Le temperature dell’aria superiori dovute ai cambiamenti climatici potrebbero scongelare gran parte del permafrost esistente, permettendo la ripresa del decadimento della materia organica e liberando mercurio che potrebbe influenzare gli ecosistemi della Terra. 

Il mercurio rilasciato può accumularsi nelle catene alimentari acquatiche e terrestri e causare effetti neurologici e riproduttivi dannosi sugli animali.

Sebbene la misurazione del tasso di disgelo del permafrost non facesse parte di questo studio, lo scongelamento del  permafrost fornisce il potenziale per il rilascio di mercurio.

E questa è solo fisica».

Il guaio è che i diversi modelli climatici prevedono una riduzione del permafrost dal 30 al 90% entro il 2100, a seconda delle emissioni di gas serra.

I ricercatori hanno determinato la quantità totale di mercurio stoccata nel permafrost utilizzando misurazioni sul campo: tra il 2004 e il 2012 hanno fatto 13 carotaggi  di suolo del permafrost in vari siti in Alaska e hanno misurato la quantità totale di mercurio e carbonio in ogni carota. 

I siti di ricerca sono stati selezionati tenendo conto di una vasta gamma di caratteristiche del suolo per rappresentare al meglio il permafrost che si trova  in tutto l’emisfero settentrionale.

Schuster, Schaefer e i loro colleghi hanno scoperto che le loro misurazioni erano coerenti con i dati pubblicati sul mercurio nei suoli con permafrost e senza permafrost di migliaia di altri siti in tutto il mondo e hanno utilizzato i valori osservati per calcolare la quantità totale di mercurio immagazzinato nel permafrost artico e per creare una mappa delle concentrazioni di mercurio nel suolo della regione.

Il team di ricerca sino-americano ritiene che «questo studio dia ai politici e agli scienziati nuovi numeri con cui lavorare e calibrare i loro modelli mentre iniziano a studiare questo nuovo fenomeno in modo più dettagliato» e hanno annunciato che stanno per pubblicare un altro studio sul modellamento del rilascio di mercurio dal permafrost a causa dei cambiamenti climatici.

Schaefer evidenzia: «Il permafrost contiene un’enorme quantità di mercurio.

Dobbiamo sapere quanto mercurio verrà liberato dallo scongelamento del permafrost, quando verrà rilasciato e dove.

Mentre il permafrost si scioglie, in futuro, parte de questo mercurio si libererà nell’ambiente, con un impatto sconosciuto per le persone e per il nostro approvvigionamento alimentare».

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’esposizione al mercurio, anche in piccole quantità, può essere fatale e causare cecità, insufficienza renale e polmonare e seri problemi di salute, come tremori, insonnia e perdita di memoria.

Schuster conclude: «Le conseguenze di questo mercurio che viene rilasciato nell’ambiente sono potenzialmente enormi, perché il mercurio ha effetti sulla salute degli organismi e può viaggiare lungo la catena alimentare, influenzando negativamente alle comunità autoctone».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 9 febbraio 2018 sul sito online “greenreport.it”)

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