Accordo di Parigi, per avvicinarsi agli obiettivi bisogna agire anche localmente

 

Data-Driven Yale, New Climate Institute, PB – Planbureau voor de Leefomgeving, in collaborazione con CDP, hanno  pubblicato il rapporto “Global climate action from cities, regions and businesses: Individual actors, collective initiatives and their impact on global greenhouse gas emissions” che dimostra che l’azione locale contro il cambiamento climatico è essenziale perché i Paesi raggiungano i loro obiettivi climatici, come previsto dall’accordo di Parigi.

Ma lo stesso rapporto avverte che  «le loro azioni da sole non sono sufficienti per mantenere l’aumento della temperatura globale a 2° C e lavorare per limitarlo a 1,5° C».

Comunque, se gli attuali impegni presi degli Enti subnazionali venissero pienamente rispettati, entro il 2030 le emissioni globali di gas serra potrebbero diminuire di 1,5-2,2 GtCO2/anno, rispetto a quanto previsto dalle attuali politiche nazionali.

In particolare, nell’Unione Europea, gli impegni presi da città, regioni e aziende potrebbero ridurre le emissioni di gas serra da 230 a 445 Megatonnellate di CO2 all’anno, che equivale più o meno a tutte le emissioni di gas serra prodotte dall’Italia nel 2016.

Lo studio si concentra sull’Unione europea su 9 Paesi ad alte emissioni di gas serra: Brasile, Cina, India, Indonesia, Giappone, Messico, Russia, Sudafrica e Usa e analizza in particolare gli sforzi per ridurre le emissioni intrapresi da oltre 6.000 città, Stati e regioni (che rappresentano il 7% della popolazione globale) e di oltre 2.000 imprese con un fatturato complessivo di oltre 21.000 miliardi di dollari.

Il rapporto rappresenta la valutazione più completa fatta fino ad oggi degli impegni per ridurre i gas serra presi da  città, regioni imprese e business.

Angel Hsu, che insegna Studi ambientali allo Yale-NUS College e che è direttore di Data-Driven Yale, sottolinea che «il potenziale di questi impegni per aiutare il mondo a evitare cambiamenti climatici pericolosi è chiaro: ora la chiave è garantire che questi impegni vengano realmente attuati.

Quel che dimostra il nostro rapporto è che molti attori stanno aderendo per intraprendere azioni, ma la loro ambizione e la capacità di muoverci sempre più velocemente per raggiungere in tempo gli obiettivi climatici di Parigi è limitata. 

Quel che ora è necessario sono i finanziamenti, le politiche e il supporto per realizzare urgentemente questi sforzi».

Ecco i principali risultati del rapporto:

Entro il 2030,  se i singoli impegni presi da quasi 6.000 città, Stati e regioni e da oltre 2.000 aziende verranno attuati pienamente, le emissioni globali di gas serra potrebbero essere inferiori da 1,5 a 2,2 GtCO2/anno, rispetto a quelli che si otterrebbero attraverso le politiche nazionali attualmente in corso. 

Questa riduzione potenziale equivale al raddoppio delle emissioni di gas serra del Canada nel 2016.

Negli Usa, dove il presidente Donald Trump ha annunciato l’uscita dall’Accordo di Parigi, la piena attuazione degli impegni dichiarati, quantificati per città, Stati e imprese, potrebbe fornire almeno la metà (tra 660 e 810 MtCO2/anno nel 2030) delle riduzioni delle emissioni necessarie per soddisfare gli impegni presi dagli Usa a Parigi.

In Cina, gli impegni presi dalle entità sub-statali potrebbero ridurre le emissioni fino a 155 MtCO2, approssimativamente quanto le industrie cinesi hanno emesso nel 2014.

Mark Roelfsema della PBL (l’Agenzia ambientale olandese)  ricorda che «la nostra analisi include solo gli impegni registrati e quantificati – una frazione di tutte le attività climatiche di città, regioni, imprese e iniziative cooperative. 

Tuttavia, c’è anche il rischio che, se regioni, Stati, città e aziende non mantengono le promesse o se gli sforzi dei governi nazionali o di altri attori rallentano,   che queste riduzioni delle emissioni non si realizzino».

Infatti il rapporto non prevede comportamenti di questo tipo che potrebbero rimodellare  drasticamente il corso delle emissioni future.

Il rapporto servirà da base alle decisioni del  Global Climate Action Summit  che si terrà a San Francisco a settembre su iniziativa del governatore democratico della California Jerry Brown e che punta a mostrare  leadership climatica di stati, regioni, città, imprese, investitori e cittadini, evidenziando nuovi importanti impegni da parte loro, compresi nuovi sforzi per lavorare insieme per aumentare l’impatto delle azioni climatiche locali .

Se aumenteranno le adesioni a iniziative di cooperazione internazionale come Under2 Coalition e Global Covenant of Mayors, nel 20130 le emissioni globali di gas serra sarebbero di circa un terzo (15-23 GtCO2/ anno) inferiori rispetto a quelle raggiungibili con le sole politiche nazionali.

Per esempio, se tutte le iniziative di cooperazione internazionale ottenessero  i loro obiettivi, gli Usa potrebbero centrare e addirittura superare il loro impegno preso a Parigi,

Niklas Höhne, del NewClimate Institute, conclude: «I nostri risultati confermano che gli impegni presi a livello di città, regione e imprese per l’azione climatica rappresentano un significativo passo avanti verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.

L’effetto degli obiettivi climatici delle iniziative cooperative internazionali è particolarmente incoraggiante e ci parla del potenziale per avere un più profondo taglio delle emissioni quando i governi nazionali collaborano con le città, le regioni, le società e gli attori della società civile. 

Gli impegni assunti in base all’Accordo di Parigi sarebbero più ambiziosi per tutti i paesi studiati se si allineassero agli obiettivi dichiarati delle iniziative di cooperazione internazionale».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 30 agosto 2018 sul sito online “greenreport.it”)

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