Ilva: Legambiente scrive al ministro dell’ambiente Sergio Costa

 

Stefano Ciafani (presidente nazionale Legambiente), Francesco Tarantini (presidente Legambiente Puglia) e Lunetta Franco (presidente Legambiente Taranto) hanno inviato al ministro dell’ambiente Sergio Costa una lettera per ribadire che la città di Taranto non può più aspettare e nella quale si legge: «Se per il passato ci interessa avere giustizia, e questo è un compito affidato al processo per disastro ambientale in corso, per il futuro dell’Ilva e della città di Taranto vogliamo essere certi che le attività industriali non arrechino nuovi danni alla salute e all’ambiente.

Per questo chiediamo al Ministro dell’Ambiente di procedere quanto prima alla valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario connesso alla produzione dello stabilimento siderurgico di Taranto dopo la realizzazione di tutti gli interventi previsti dal Piano Ambientale.

Non ci sono norme che impediscano di effettuarla e solo i suoi esiti potranno fornire risposte scientificamente attendibili in merito alle ricadute dell’impianto sulla salute dei cittadini di Taranto».

Gli ambientalisti sottolineano che «non si può chiedere a nessuno di attendere in silenzio che, a posteriori, venga confermato quello che già oggi si sa circa i rischi per la salute che permarrebbero a fronte di una produzione superiore ai sei milioni di tonnellate annue di acciaio ottenuta dal solo ciclo integrale.

Per questo l’associazione ambientalista chiede al Dicastero dell’Ambiente che la valutazione preventiva venga effettuata entro il termine massimo dell’apertura delle procedure autorizzative previste per la riaccensione di AFO 5, l’impianto che consentirebbe ad Ilva una produzione di 8 milioni di tonnellate».

Il Cigno Verde «ritiene insufficienti le integrazioni al piano ambientale Ilva, pur apprezzando l’accorciamento dei tempi per la copertura dei parchi minerali e la definizione di tappe temporali intermedie nell’applicazione di quanto previsto» e spiega di aver esaminato l’addendum ambientale e che «quanto previsto al capitolo 4 non dà garanzie dell’effettiva assenza di rischi per la salute, specie per gli abitanti del quartiere Tamburi, il più prossimo agli impianti».

Legambiente denuncia che «soprattutto, non c’è alcun impegno a ridurre le emissioni inquinanti già autorizzate dal Piano Ambientale e non è presente alcun riferimento alle emissioni diffuse e fuggitive che pure hanno un peso rilevante nell’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico».

Ciafani conclude: «Sul caso Ilva la partita ambientale è ancora da risolvere insieme alla questione dei nodi irrisolti, in primis quello della valutazione di impatto ambientale sanitario preventiva e quello riguardante il limite alla produzione.

Per questo abbiamo deciso di scrivere al ministro dell’Ambiente.

Il futuro dello stabilimento deve prevedere, a nostro avviso, produzioni che non siano più pericolose per la salute e l’ambiente e il governo deve agire senza ricalcare le scelte che negli ultimi 20 anni hanno sempre privilegiato gli interessi dell’industria a scapito di quelli della popolazione.

Il Paese ha bisogno di soluzioni sempre più innovative e coraggiose in grado di coniugare la tutela dell’ambiente, la qualità della vita, la salute dei cittadini e il diritto al lavoro».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 26 settembre 2018 sul sito online “greenreport.it”)

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