Caccia nelle Marche e nel Lazio: Consiglio di Stato e il Tar danno ragione agli ambientalisti

 

Ribaltando la precedente decisione del Tribunale amministrativo regionale delle Marche, che aveva respinto il ricorso originario, il Consiglio di Stato ha dato ragione a Wwf Italia e LAC nel ricorso contro il calendario venatorio 2018/19 della Regione  Marche,

Le due associazioni spiegano che «a convincere i giudici di secondo grado sono stati gli argomenti di natura  giuridica  e scientifica degli avvocati Alessio Petretti di Roma e Tommaso Rossi di Ancona. 

Risultato: è vietata la caccia, che era invece  stata autorizzata dalla Regione Marche, nelle aree “Natura 2000” (specie ed habitat  naturali protetti  dall’Unione  europea) e nel mese di febbraio (periodo  delicato  per le specie  migratrici).»

Il Consiglio di Stato sottolinea quello che le associazioni di protezione della natura e degli animali denunciano da anni: «L’assenza, ormai da tempo, di una generale, approfondita, attualizzata, consapevole e generale pianificazione faunistico-venatoria a livello regionale», ricordando: «La incontestabile natura di patrimonio indisponibile della fauna selvatica, con la conseguente rilevanza di un interesse generale della collettività prevalente su quello dei praticanti l’attività venatoria, sicché è necessario che fino alla decisione nel merito da parte del Tribunale amministrativo regionale detto interesse generale trovi immediata tutela».

La Lega abolizione caccia dice che «la risposta della Giustizia Amministrativa quindi non si è fatta attendere, cancellando con un provvedimento che possiamo definire “storico” e che sicuramente rappresenterà un precedente importante anche a livello nazionale, l’anomalia marchigiana, ripristinando il diritto e ponendo le basi per le future azioni legali che verranno intraprese contro tutti gli atti fatti in violazioni delle leggi vigenti a tutela della fauna selvatica».  La Lac denuncia che «la Giunta Regionale Marche, ma soprattutto l’Assessore alla Caccia Moreno Pieroni, avevano infatti voluto a tutti i costi sfidare le norme e il buon senso, approvando uno dei peggiori calendari venatori dell’intero Paese.

Un atto amministrativo viziato da numerose forzature di Legge, frutto dell’accondiscendenza ai desideri di una minoranza arrogante, ma soprattutto incapace di cogliere le mutate esigenze di tutela della fauna selvatica che vengono ormai dalla stragrande maggioranza degli italiani».

Secondo il vicepresidente del Wwf Italia, Dante Caserta, «la decisione del Consiglio di Statoristabilisce principi che dovrebbero essere del tutto ovvi e che, inspiegabilmente, il Tar  Marche non aveva colto. 

La Regione e i cacciatori dovranno ora immediatamente dare seguito a quanto stabilito da parte del massimo organo di giustizia amministrativa.

Qualunque violazione di quanto stabilito dal Consiglio di Stato sarà oggetto di specifiche azioni legali contro i contravventori».

Un’altra vittoria le associazioni protezionistiche l’hanno avuta con la decisione del Tar Lazio di accogliere  il ricorso di Enpa, Lac, Lav e Wwf  che  chiedeva «la sospensione dell’atto, approvato a fine settembre dal presidente della Regione Lazio, che autorizzava in maniera illegittima e insensata il prelievo venatorio nel versante laziale del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e nelle zone Speciali di conservazione con presenza di Orso marsicano”».

Enpa, Lac, Lav e Wwf  spiegano che «a curare il ricorso è stato l’avvocato Valentina Stefutti, che aveva già evidenziato come la Regione Lazio non avesse richiesto l’obbligatorio parere a Ispra, il massimo organo di consulenza tecnico-scientifica che si era già raccomandato di “assicurare il divieto di caccia nell’area di protezione esterna del Parco d’Abruzzo, vista l’urgente necessità di tutelare il nucleo di esemplari di orso marsicano presente nella regione Lazio”».

Le associazioni  esultano ed evidenziano che «da oggi, quindi, nelle aree classificate come “contigue” al Parco d’Abruzzo nella parte laziale è vietata qualsiasi forma di caccia». 

Enpa, Lac, Lav e Wwf  hanno anche impugnato il calendario venatorio della regione Lazio con un ricorso che verrà discusso a breve e sottolineano che «in due mesi, però, la Regione Lazio ha inanellato tre provvedimenti che è difficile non definire una marcia indietro delle sue politiche ambientali.

Il primo è stato pubblicato nel BUR del 6 agosto e riguarda la presentazione delle candidature per i membri del Consiglio Direttivo di 12 aree protette del Lazio: la scadenza era fissata il 10 settembre e molte associazioni ambientaliste non sono nemmeno venute a conoscenza del bando.

In passato il bando era preceduto da una diffusa interlocuzione che assicurava una qualificata partecipazione, cosa che in questo caso non è accaduta.

Il secondo è la proposta di legge 55/2018, che nella sua versione originaria contiene un attacco frontale alla credibilità e natura dei Piani di Assetto delle aree protette, strumento essenziale ed insostituibile di tutela.

L’art. 3, infatti, modificando la LR 29/1997 prevede che l’approvazione dei Piani di Assetto venga operata dalla Giunta Regionale, escludendo il Consiglio e con la sola acquisizione – obbligatoria ma non vincolante – della Commissione consiliare competente.

Il terzo atto riguarda poi l’approvazione da parte della Giunta regionale di un calendario venatorio pieno di illegittimità, che ignora i pareri dell’Ispra sulle misure in materia di specie cacciabili, apertura, prolungamento della stagione venatoria e orari di caccia; viola la Direttiva Europea “Uccelli” e la legge 157/92».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 24 ottobre 2018 sul sito online “greenreport.it”)

 

N.B – La proposta di legge n. 55/2018 è stata approvata con modifiche ed è diventata la legge regionale n. 7 del 22 ottobre 2018, concernente “Disposizioni per la semplificazione e lo sviluppo regionale”, che è stata pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio  n. 86 del 23 ottobre 2018.

L’art. 3 è diventato l’art. 5 che modifica l’ultimo periodo del  4° comma dell’art. 26, che disponeva testualmente: “Entro tre mesi dal ricevimento di tale parere la Giunta regionale, previo esame congiunto della struttura regionale competente in materia di aree naturali protette e della sezione prima del CTCR, propone al Consiglio regionale, l’approvazione del piano, apportando eventuali modifiche ed integrazioni e pronunciandosi contestualmente sulle osservazioni pervenute.

Con la modifica apportata dalla maggioranza del Consiglio Regionale il testo ora vigente è diventato il seguente: “Entro tre mesi dal ricevimento di tale parere la Giunta regionale, previo esame, da effettuarsi entro il limite di tre anni, della struttura regionale competente in materia di aree naturali protette, apporta eventuali modifiche ed integrazioni, pronunciandosi contestualmente sulle osservazioni pervenute e ne propone al Consiglio regionale l’approvazione.

Trascorsi tre mesi dall’assegnazione della proposta di piano alla commissione consiliare competente, la proposta è iscritta all’ordine del giorno dell’Aula ai sensi dell’articolo 63, comma 3, del regolamento dei lavori del Consiglio regionale.

Il Consiglio regionale si esprime sulla proposta di piano entro i successivi centoventi giorni, decorsi i quali il piano si intende approvato.

Come si può vedere dal confronto, è stato soppresso il Comitato Tecnico Consultivo Regionale (CTCR) che è stato sostituito dalla “struttura regionale competente in materia di aree naturali protette” (Direzione Ambiente?) che ha 3 anni al massimo di tempo per prendere in esame il Piano di Assetto da approvare, su cui si pronuncia (ma senza limiti di tempo) la Giunta Regionale, apportando eventuali modifiche ed integrazioni, pronunciandosi contestualmente sulle osservazioni pervenute.

Dopo di che la Giunta Regionale  assegnare la proposta di piano alla VIII Commissione Ambiente che potrebbe anche non riuscire ad esprimere il proprio parere entro tre messi: ciò nonostante, la proposta di Piano di Assetto verrebbe iscritta all’ordine del giorno dei lavori del Consiglio Regionale cui spetta l’approvazione definitiva del Piano, ma che invece – in base al testo così come modificato – si deve “esprimere” sulla proposta di piano entro 4 mesi, trascorsi i quali la proposta di Piano si intende approvata per silenzio-assenso.   

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

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