Quando in un campeggio si configura il reato di lottizzazione abusiva

 

Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Fermo aveva ordinato il sequestro preventivo di un’area, con manufatti ed opere, in cui, secondo l’ipotesi di accusa, sarebbe stata realizzata una lottizzazione illecita riconducibile al reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. c), del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380.

Il sequestrato proponeva ricorso al Tribunale del riesame che, escludendo il fumus del reato ipotizzato, ha accolto la richiesta.

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica deducendo, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), Codice procedura penale la violazione dell’art. 3, comma 1, lett. e.5), del medesimo TE sto Unico n. 380 del 2001, sul rilievo che le opere oggetto di provvisoria contestazione – vale a dire dieci piazzole con basamento in legno e sovrastrutture non amovibili denominate “tende di lusso”, vialetti percorribili con autovetture e piazzole di parcheggio – non potevano ritenersi dirette a soddisfare esigenze meramente temporanee e non erano mai state autorizzate sotto il profilo urbanistico ed edilizio e tantomeno paesaggistico, essendo peraltro state realizzate in violazione della disciplina regionale di settore (in particolare dell’art. 11 L. reg. Marche n. 9 del 2006).

Dette opere – la cui realizzazione aveva comportato la necessità di effettuare significativi lavori di sbancamento sul pendio del versante – avevano determinato una stabile e permanente alterazione dell’assetto del territorio trasformando un’area a destinazione agricola in un insediamento residenziale.

La Suprema Corte, Sezione III, con sentenza n. 48845 del 25 ottobre 2018, ha dichiarato il ricorso  inammissibile, in parte perché proposto per motivi non consentiti ed in parte perché generico.

In particolare la doglianza relativa alla ritenuta precarietà delle strutture, è stata qualificata come critica alla logicità della motivazione, inammissibile nei procedimenti cautelari reali in forza dell’art. 325 Cod. proc. pen., che in tali casi limita il ricorso per cassazione soltanto alla violazione di legge, sicché è deducibile soltanto l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione, ma non anche la sua illogicità manifesta, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e), Codice procedura penale.

Il giudice di legittimità, infatti, non può procedere, in fattispecie come quella qui dedotta, ad  un penetrante vaglio sulla motivazione del provvedimento impugnato.

In ogni caso, l’art. 3, comma 1, lett. e.5), del D.P.R. 380/2001 esclude che possano ritenersi nuove costruzioni le strutture leggere ivi indicate che siano “dirette a soddisfare esigenze meramente temporanee” o – e la congiunzione rivela come si tratti di ipotesi tra loro alternative – “siano ricompresi in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore”.

Secondo i giudici di Piazza Cavour, l’ordinanza impugnata – oltre ad argomentare sulla natura precaria dei manufatti (con motivazione la cui logicità non può essere sindacata in sede di legittimità) – richiama il fatto che la società dell’imputato, esercente attività di agriturismo, era stata autorizzata con s.c.i.a. del 2014 all’installazione delle piazzole e con s.c.i.a. del 2016 all’installazione delle tende e ciò, come argomentato dal tribunale, in base alla leg. Reg. n. 21 del 2011, secondo cui rientrano tra le attività agrituristiche, oltre alla fornitura di alloggi in appositi locali dell’azienda, anche l’ospitalità in spazi aperti opportunamente attrezzati per la sosta.

Tale argomentazione – di per sé sufficiente a sorreggere la decisione – non viene  fatta oggetto di alcuna censura nel ricorso ed è indubbiamente esatta.

Con la predetta legge – rubricata “Disposizioni regionali in materia di multifunzionalità dell’azienda agricola e diversificazione in agricoltura” – il legislatore regionale, disciplinando all’art. 3 le attività agrituristiche, ha espressamente previsto che vi rientrino, tra l’altro, “l’ospitalità in spazi aperti opportunamente attrezzati per la sosta” (art. 3, comma 2, lett. b, L. reg. n. 21 del 2011), prevedendo poi che la capacità ricettiva non possa essere superiore a venticinque piazzole per la sosta in spazi aperti di cui all’art. 3, comma 2, lettera b), purché l’azienda agricola abbia una superficie agricola utilizzabile di almeno 3 ettari.

Per questa tipologia di ospitalità non è consentito l’utilizzo di unità abitative fisse; possono essere installate, comunque, strutture amovibili, anche di proprietà dell’imprenditore agricolo, come case mobili, autocaravan, camper e simili a condizione che siano di facile rimozione” (art. 5, comma 1, lett. b, legge citata).

Del resto, quanto all’ipotizzato reato di lottizzazione abusiva, la Corte ha osservato che certo esso non si risolve nella mera realizzazione di strutture prive del (ritenuto necessario) permesso di costruire. 

La chiara e costante giurisprudenza di legittimità sul punto, invero, è nel senso che, anche a seguito della L. 28 dicembre 2015 n. 221, la stabile collocazione, in un’area destinata a campeggio, di più manufatti di pernottamento, astrattamente mobili, può risolversi nella realizzazione, ad opera del gestore dell’area, di uno stabile insediamento abitativo, che comporta il sostanziale stravolgimento dell’originario assetto definito mediante pianificazione, e, dunque, una forma di lottizzazione abusiva ma soltanto se la struttura ricettiva presenti le caratteristiche di uno stabile insediamento residenziale.

Il reato di lottizzazione abusiva può, cioè, essere integrato anche dalla realizzazione di un campeggiopur se autorizzato, qualora l’area destinata ad esso venga radicalmente mutata per la presenza di opere stabili, strutture abitative e servizi in grado di snaturarne le caratteristiche originarie con rilevante impatto negativo sull’assetto territoriale.

Nel caso di specie il ricorrente non ha affatto allegato come le dieci piazzole sormontate da tende oggetto di contestazione – che il provvedimento impugnato riferisce essere state prese a noleggio e, al momento del sopralluogo della Polizia giudiziaria, essere state trovate chiuse, inutilizzate e con forniture elettriche e idriche disattivate, sì da escludere uno stabile insediamento – possano integrare gli estremi dell’elemento costitutivo del reato di lottizzazione abusiva, per la cui sussistenza, diversamente dal mero abuso edilizio, è necessaria una illegittima trasformazione urbanistica od edilizia del territorio, di consistenza tale da incidere in modo rilevante sull’assetto urbanistico della zona.

 

(Articolo di Rodolfo Murra, pubblicato con questo titolo il 30 ottobre 2018 sul sito “il Quotidiano della PA.it”)

 

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