Come funziona la geotermia? Una panoramica sulle tecnologie di produzione di energia elettrica

 

Prima di fornire una descrizione dettagliata degli aspetti ambientali legati alla coltivazione della geotermia in Italia, lo studio pubblicato su Geothermics dai ricercatori Cnr, Enel Green Power e Toscana Life Sciences – Environmental and social aspects of geothermal energy in Italy, di cui abbiamo già dato notizia – fornisce un utile riepilogo delle tecnologie utili alla produzione dell’energia elettrica impiegate per questa fonte rinnovabile in Italia. Ne riportiamo di seguito uno stralcio, tradotto in italiano. La ricerca integrale (in lingua inglese) è disponibile qui: https://bit.ly/2RYorRm

Quasi tutte le centrali geotermiche presenti a Larderello-Travale e sul Monte Amiata si basano su tecnologie a ciclo diretto o ciclo flash, a seconda della natura dei fluidi geotermici disponibili che, in queste aree, sono costituiti da vapore surriscaldato, vapore saturo o fluido bifase con un contenuto di gas non condensabile pari a circa il 2 -10% del peso.

Nella tecnologia a ciclo diretto, il vapore (vedi Fig. 2) proviene da pozzi di produzione o fase flash e viene alimentato direttamente all’interno di una turbina a vapore.

In seguito all’espansione del vapore, con la conseguente produzione di energia, il vapore viene condensato in un condensatore mediante acqua di raffreddamento.

Il vapore condensato e l’acqua di raffreddamento vengono quindi trasferiti all’interno di una torre di raffreddamento (normalmente vengono utilizzate tre celle per un’unità standard da 20 MWe), dove l’acqua viene raffreddata e il vapore condensato viene parzialmente strippato ed emesso con l’aria riscaldata (circa 50-70 % del flusso in ingresso).

Il vapore condensato strippato e le gocce d’acqua di varie dimensioni (tecnicamente definite drift) vengono quindi rilasciati nell’atmosfera e contengono componenti già presenti nel liquido geotermico originale.

Le torri di raffreddamento più recenti sono dotate di un sistema di eliminazione del drift, che garantisce emissioni di drift inferiori a 0,1 m3/h.

La parte restante del vapore condensato (circa il 30-50%) viene iniettata nel giacimento.

All’interno del condensatore del miscelatore, il gas viene separato dal vapore condensato e inviato a un sistema di abbattimento attraverso un estrattore di gas.

Il primo sistema di abbattimento è stato installato in Italia nel 2002 (Baldacci, 2004).

Sono disponibili varie tecnologie per l’abbattimento dell’acido solfidrico, sia a monte sia a valle delle turbine, come descritto da Rodríguez et al. (2014).

In tutte le centrali geotermiche operative in Italia, i gas non condensabili vengono gestiti a valle delle turbine e del condensatore mediante sistema AMIS che  consente di abbattere sia  l’acido solfidrico sia il mercurio (Sabatelli et al., 2009).

Le fasi principali del processo AMIS sono:

i) l’abbattimento del mercurio mediante assorbenti specifici quali il selenio o il carbone attivo;

ii) abbattimento dell’acido solfidrico attraverso ossidazione catalitica in SO2 seguita da un trattamento a umido con una soluzione alcalina (solitamente fluido geotermico contenente NH3 o con l’aggiunta di NaOH) (Baldacci,  2004).

La prima centrale geotermica binaria in funzione in Italia (Gruppo Binario Bagnore 3, Monte Amiata – 1 MWe) è stata realizzata nel 2012 ed è alimentata con vapore proveniente da un flash secondario.

Nella tecnologia binaria (vedi Fig. 3), l’energia geotermica viene trasferita a un fluido secondario per mezzo di uno scambiatore di calore che opera in un Ciclo Rankine Organico (ORC) chiuso.

Il calore trasferito dal fluido geotermico vaporizza il fluido secondario, caratterizzato da un basso punto di ebollizione e da un’elevata densità, il quale alimenta un turboespansore per produrre energia. Gli impianti binari in Italia si basano su una tecnologia ORC subcritica e utilizzano l’n-pentano come fluido di progetto.

Nel 2015 è entrato in funzione un innovativo impianto ibrido a biomassa e geotermico (Cornia 2).

L’impianto geotermico esistente è stato potenziato con un surriscaldatore di vapore da 16 MWth alimentato con biomassa forestale vergine, prodotta entro un raggio di 70 km dall’impianto.

Grazie alla maggiore entalpia del vapore, la cui temperatura è aumentata da 150 – 160° C a 370 – 380° C, nonché alla maggiore efficienza del ciclo, la capacità netta e la produzione di energia sono aumentate, rispettivamente, di 6 MWe e 37 GWh.

Questo impianto rappresenta una grande innovazione tecnologica che teoricamente non esercita alcun impatto sull’ambiente, dal momento che integra un sito industriale già esistente mantenendo la rinnovabilità totale delle risorse del ciclo.

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 22 gennaio 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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