Iran, tunnel sotto le strade per salvare gli ultimi ghepardi asiatici

 

Nel tentativo di fornire un luogo sicuro agli ultimi ghepardi asiatici (Acinonyx jubatus venaticus), il Dipartimento per la tutela dell’Ambiente dell’Iran (Doe) ha un tunnel sotterraneo per consentire gli spostamenti di questi carnivori a rischio di estinzione.

Rajab Ali Karegar, vicedirettore del progetto Conservation of the Asiatic Cheetah (Cacp), ha spiegato che «il sottopassaggio si estende per 8 chilometri lungo la strada di Abbas Abad nella provincia centrale di Semnan».

Il progetto iraniano di protezione dei ghepardi, sostenuto dall’United Nations development program (Undp), è iniziato nel 2001, dopo che ci si è resi conto che il ghepardo asiatico sopravviveva ormai solo in una piccolissima area nel nord dell’Iran.

Oggi si stima che ci siano una cinquantina di individui di questa sottospecie di ghepardi, una delle più rare del mondo, 26 dei quali sono stati identificati ultimamente nella provincia del Semnan.

Karegar spiega sul Tehran Times che durante quelli che secondo il calendario iraniano sono gli anni 1370 (1997- 2000), «secondo studi sul campo condotti da esperti nazionali e internazionali, un ghepardo di nome Marita, era stata l’unica prova dell’esistenza dei ghepardi per quasi dieci anni.

Il progetto Cacp fu lanciato di nuovo nel 2001, in collaborazione con l’United Nations development program e una serie di ONG nazionali e internazionali interessate, per invertire il drastico declino della specie in via di estinzione».

Il progetto si è articolato in tre fasi: corsi di ricerca, protezione e formazione, integrazione delle comunità locali come partner attivi nelle aree protette, la prima fase è stata cofinanziata dal Global Environment Facility ed è stata attuata dal 2001 al 2008, la seconda fase è partita vigore nel 2010.
Karegar sottolinea che «il progetto è stato implementato in 5 regioni in 6 province dell’Iran e negli ultimi 3 anni ha identificato circa 47 ghepardi.

Per quanto riguarda i 6 milioni di ettari di habitat dei ghepardi asiatici nel Paese, il 60% dei ghepardi vive nelle aree definite per determinare la popolazione del ghepardo, quindi nella terza fase del progetto non ci concentreremo solo sulle aree protette sotto la supervisione del Doe, ma anche i corridoi migratori dei ghepardi saranno osservati più da vicino.

Con la terza fase del Cacp, tutte le soluzioni sono classificate in tre campi: rafforzamento e ottimizzazione dei metodi di gestione, partecipazione delle comunità locali e un appello agli stakeholders per la conservazione delle specie preziose».

Il Doe, grazie al contributo di vari donatori, è riuscito a concretizzare il suo progetto di creare sottopassaggi in modo che i ghepardi possano attraversare le autostrade ed evitare incidenti stradali, ma gli obiettivi della terza fase del progetto di salvaguardia del ghepardo asiatico e delle sue prede prevedono l’addestrando di ranger, una maggiore qualità dell’allevamento in cattività dei ghepardi, la sensibilizzando l’opinione pubblica, l’elaborazione di piani per lavori alternativi per l’agricoltura e l’allevamento sostenibili e l’eco-turismo, sollecitando la partecipazione dell’opinione pubblica e diminuendo conflitto tra uomo e natura.

L’ambientalista iraniano Mehdi Nabian ha detto al Tehran Times che «per prevenire l’estinzione della specie, oltre al DOE, è essenziale la partecipazione di altri organismi interessati, insieme alla determinazione nazionale.

L’habitat del ghepardo è così vasto, come molti ranger non hanno mai visto un ghepardo, quindi non è facile catturarli vivi in condizioni standard e un veterinario presente nella zona.

Ma le attività del Doe in 50 anni sono diventate più efficienti e il Cacp è il programma di maggior successo mai intrapreso dall’organizzazione.

Grazie alle ONG, anche i villaggi remoti del Paese sono a conoscenza delle specie in via di estinzione e dei metodi di protezione da attuare con il progetto».

Ma Nabian ha fatto anche notare che «il riempimento eccessivo di dighe, la grave erosione del suolo, forti piogge e inondazioni improvvise, molti problemi ambientali dovuti a politiche ambientali inadeguate pongono minacce per i ghepardi e la biodiversità del Paese, quindi abbiamo bisogno che tutti gli organismi responsabili uniscano le forze per la conservazione del mammifero più veloce del mondo confinato in Iran».

A dicembre 2018, Hamid Zohrabi, vicepresidente della direzione ambientale e della direzione biodiversità del Doe aveva detto che, nel caso fallissero l’inseminazione artificiale e gli accoppiamenti fra animali in natura, «per allevare le specie in via di estinzione del ghepardo asiatico bisognerebbe prendere in considerazione come opzione l’utilizzo della maternità surrogata».
In Iran, i possibili habitat dei ghepardi in Iran si estendono su 12 milioni di ettari e negli ultimi 16 anni solo gli esperti che collaborano con il progetto Cacp hanno cercato di contare 48 ghepardi usando foto-trappole e altri strumenti tecnici.

Ad agosto 2018 Majid Kharrazian Moqaddam, direttore dell’ufficio per la fauna e la biodiversità acquatica del Doe, aveva fornito alcuni dati sui ghepardi trovati morti: «Le vittime della strada costituiscono il 70% dei ghepardi uccisi, poiché nel paese in 16 anni sono stati uccisi circa 42 ghepardi asiatici, 28 di loro sono morti in incidenti stradali e 14 altri sono stati uccisi in conflitti con cani da guardia o a causa di altri motivi sconosciuti.

Nella sola strada di Abbasabad-Mayami, che collega la provincia nord-settentrionale di Semnan a Mashhad, nella provincia nordorientale di Khorasan Razavi, una delle strade più letali per i ghepardi asiatici, sono rimasti uccisi 8 ghepardi negli ultimi 10 anni».

Le strade che frammentano gli habitat dei ghepardi sono le principali minacce per la specie, mentre cani da guardia e i branchi di cani randagi, la siccità, la diminuzione della popolazione delle prede dei ghepardi e perdita di habitat sono altri fattori che mettono in pericolo la piccola e preziosa popolazione dei ghepardi dell’Iran.

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 29 gennaio 2019 sul sito online “greenreport.it”)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vas