Il segretario generale dell’Onu, António Guterres ha detto che «il ciclone Idai e il crescente numero di vittime sono un altro campanello d’allarme sui pericoli dei cambiamenti climatici», avvertendo: «A meno che non vengano intraprese azioni urgenti da parte delle nazioni in tutto il mondo, i Paesi vulnerabili come il Mozambico saranno colpiti più duramente.
Questi eventi stanno diventando più frequenti, più severi e più diffusi e, se non agiamo ora, questo non farà che. Di fronte alle tempeste turbo-charged, abbiamo bisogno di azioni climatiche».
Guterres ha convocato il Climate Action Summit per il 23 settembre, nel tentativo di cercare di mobilitare i Paesi del mondo «sull’urgente necessità di ridurre il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali, in linea con l’Accordo di Parigi del 2015».
Come Greta Thunberg, il segretario generale dell’Onu chiede ai leader mondiali di portare a termine i piani e smetterla di perdersi in chiacchiere.
E su Climate Home News (CHN) Karl Mathiesen ha reso nota la lettera inviata dal Climate Summit Team per conto del segretario generale dell’Onu ai capi di Stato e di governo di tutto il mondo che li esorta a fare concreti passi avanti nelle loro politiche climatiche nazionali e a intraprendere massicci tagli delle emissioni per realizzare davvero un’economia low-carbon.
La nota degli organizzatori del summit Onu avverte che non ci sarà più spazio per vuoti e altisonanti discorsi politici: «Questo vertice sarà orientato all’azione.
I risultati e le iniziative che verranno illustrati devono essere implementabili, scalabili e replicabili e avere il potenziale per metterci in linea con gli impegni dell’Accordo di Parigi».
In un recente articolo per The Guardian, Guterres aveva anticipato i temi della lettera: «Chiedo a tutti i leader di venire a New York a settembre con piani concreti e realistici per migliorare i loro Nationally determined contributions (Ndc) entro il 2020»
Entro la fine del 2020, tutti i Paesi aderenti all’Accordo di Parigi dovranno aggiornare i loro Ndc e al vertice Onu dovranno spiegare come stanno portando avanti quei piani o dimostrare almeno che li avranno pronti per il 2020.
Inoltre i leader mondiali dovranno spiegare come i piani per rispettare gli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030 si adattano non solo all’Accordo di Parigi ma anche ai più recenti sviluppi scientifici e tecnici.
Come sottolinea la lettera Onu, che cita il rapporto speciale 1,5° C dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) del 2018, «questo significa tagliare le emissioni globali di gas serra del 45% entro il 2030 e andare verso le emissioni nette-zero entro il 2050».
Come spiega bene Mathiesen, Guterres ha convocato il vertice di settembre per cercare di colmare l’enorme divario tra gli obiettivi dell’Accordo di Parigi – limitare il riscaldamento a 1,5° C o al di sotto di 2° C – e gli impegni assunti finora dai Paesi per soddisfarli.
Si prevede che gli attuali impegni nazionali collettivamente limiterebbero il riscaldamento a 3° C. Secondo gli scienziati del clima, questo comporterebbe un danno economico, ambientale e sociale globale.
Peggio ancora, la maggior parte delle nazioni non è al passo per soddisfare neanche questi obiettivi inadeguati.
La nota è la più chiara indicazione dell’approccio rigido che Guterres prenderà, dopo il discorso dello scorso anno nel quale indicava che avrebbe messo tutto se stesso e l’intera Organizzazione delle Nazioni Unite nella lotta contro il cambiamento climatico.
Il summit Onu di New York incoraggerà i Paesi a formare coalizioni incentrate su alcuni aspetti del puzzle climatico, come ad esempio partnership sui modi migliori per utilizzare il carbon pricing, la green heavy industry o sviluppare “soluzioni basate sulla natura” come la salvaguardia e l’espansione delle foreste.
Ma l’Onu darà ascolto anche al movimento giovanile dei global school strike innescato da Greta Thunberg e Isole Marshall e Irlanda si sono impegnate a sostenere la mobilitazione della gioventù in occasione del vertice di New York.
La nota inviata dal Climate Summit Team presenta i criteri che verranno utilizzati per valutare le proposte dei Paesi in occasione di un meeting preparatori che si terrà ad Abu Dhabi a fine giugno.
Se non supereranno quell’esame, i piani non potranno essere presentati al Climate Action Summit.
Nel mirino di Guterres ci sono soprattutto i Paesi del G20 (Italia compresa) che emettono circa i tre quarti dei gas serra globali.
Ma finora solo Isole Marshall hanno presentato un Ndc aggiornato e un consigliere per gli affari esteri di questo piccolo Stato insulare del Pacifico ha detto a CHN: «Se siamo riusciti a farlo possono farlo anche tutti gli altri e così dovrebbero fare al vertice del segretario generale dell’Onu».
Tosi Mpanu-Mpanu, ambasciatore all’Onu e capo negoziatore climatico per la Repubblica Democratica del Congo, ha avvertito che «i Paesi in via di sviluppo non saranno “ispirati” dalla limitata attenzione del vertice per la finanza climatica.
Molti dei Paesi più poveri hanno fatto in modo che i loro attuali impegni nazionali siano subordinati alla consegna dei 100 miliardi all’anno promessi dai Paesi più ricchi del mondo.
Nonostante una traccia sull’obiettivo dei 100 miliardi, gli obiettivi del vertice non rappresentano denaro in banca.
Se non vedo i soldi, come vuoi che aumenti il mio Ndc?»
I diplomatici dell’Onu, guidati dall’inviato speciale di Guterres, Luis Alfonso de Alba, stanno già girando il mondo per raccogliere sostegni per il summit.
In Cina, il più grande inquinatore del mondo, c’è stata la scorsa settimana l’inviata Onu Anne-Sophie Cerisola, e il governo di Pechino assicura di essere in una posizione di forza per aggiornare il suo Ndc.
Invece, anche l’Onu non nasconde la sua delusione per la decisione del Consiglio europeo, determinata dal no dei Paesi dell’Est e dalla sorda opposizione della Germania alla quale si è accodata l’Italia, di rinviare ogni impegno sul clima a giugno, quando il Parlamento europeo sarà in pieno caos post-elettorale e con una Commissione europea già con le valigie in mano.
Il documento inviato Climate Summit Team ai governi del mondo è una sfida aperta agli Usa di Donald Trump e ai suoi alleati sauditi e degli altri regni petroliferi del Golfo (ma anche ad Australia e Russia) perché prende come parametro di riferimento il rapporto speciale Ipcc 2018 sugli impatti del riscaldamento globale a 1,5° C e non l’Accordo di Parigi, che ha un obiettivo che va da più 1,5° C a 2° C.
Un chiaro segnale che il segretario generale dell’Onu considera come inaccettabilmente rischioso il limite superiore 2° C concordato a Parigi nel 2015.
Guterres è l’ex presidente del Portogallo ed è rimasto molto impressionato dalla catastrofe climatica del ciclone Idai che ha colpito l’ex colonia portoghese del Mozambico, un Paese per la cui indipendenza ha lottato in clandestinità da militante socialista durante la dittatura fascista.
In Mozambico, Malawi e Zimbabwe le vittime del ciclone Idai ieri erano arrivate a circa 700, ma tutti sanno che all’appello mancano centinaia di dispersi che nessuno vedrà più e che la popolazione colpita arriva ad oltre 3 milioni di persone, quasi due terzi in Mozambico, dove «la città portuale di Beira è stata praticamente rasa al suolo, mentre la campagna all’interno è stato sommersa – ha detto Guterres – Almeno un milione di bambini ha bisogno di assistenza urgente e “temiamo che interi villaggi siano stati spazzati via in luoghi che dobbiamo ancora raggiungere.
Sono state distrutte infrastrutture per 1 miliardo di dollari.
I cittadini delle tre nazioni dell’Africa meridionale avrebbero bisogno di sostegno forte e sostenuto».
Ieri l’Onu ha lanciato un appello urgente per 281,7 milioni di dollari per il solo Mozambico e Guterres ha detto: «Chiedo alla comunità internazionale di finanziare questi appelli in modo rapido e completo affinché le agenzie umanitarie possono urgentemente aumentare le loro risposte».
Secondo L’Oms, le condizioni per i superstiti del ciclone Idai restano terribili, con devastazioni enormi e «un rischio estremamente alto di malattie diarroiche come il colera.»
Secondo Djamila Cabral, rappresentante dell’Oms in Mozambico, «a Beira, in Mozambico, oltre 100.000 persone hanno perso le loro case e tutti i loro possedimenti.
Le famiglie, le donne incinte e i bambini vivono in campi temporanei in condizioni orribili … senza forniture di cibo sicure, né acqua potabile e servizi igienici.
Almeno 1,8 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria solo in Mozambico.
Casi di diarrea acquosa acuta, simile al colera, sono già stati segnalati tra le vittime».
Per prevenire un focolaio, l’Oms sta inviando 900.000 dosi di vaccino per il colera per via orale e pre-posizionando rifornimenti per il trattamento di malattie diarroiche.
Per contrastare un picco nella malaria nelle prossime settimane, l’Oms si sta anche preparando a fornire 900.000 zanzariere trattate con insetticida per proteggere le famiglie.
Ma la Cabral avverte che «questo e altri problemi di salute richiederanno almeno 38 milioni di dollari nei prossimi tre mesi».
Il Programma alimentare mondiale dice che in Mozambico sono a rischio fame 1.7 milioni di persone, 732.000 in Malawi e 270.000 nello Zimbabwe.
Ma non è finita: la tragedia climatica nell’Africa Australe ha inondato e reso inutilizzabili quasi mezzo milione di ettari coltivati e fatto enormi danni alle case e alle infrastrutture.
Si prevede inoltre una grave perdita di bestiame, che porterà ad un peggioramento dell’insicurezza alimentare in tutta la regione centrale del Mozambico, che già soffriva per la povertà e di problemi di sviluppo prima che il ciclone colpisse.
E’ di questo che Guterres vuole parlare al summit di New York a settembre.
La catastrofe umanitaria e ambientale del Ciclone Idai dimostra che non possiamo più perdere tempo in chiacchiere.
Dobbiamo agire subito e radicalmente, come hanno chiesto di fare il 15 marzo milioni di giovani in tutto il mondo.
(Articolo pubblicato con questo titolo il 27 marzo 2019 sul sito online “greenreport.it”)