Elezioni europee: Fratelli d’Italia a caccia di cacciatori

 

Il 28 marzo Fratelli d’Italia ha presentato le sue proposte a difesa del comparto industriale delle armi e del mondo venatorio, erano presenti il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida, i deputati Maria Cristina Caretta (presidente della Confederazione delle Associazioni Venatorie Italiane) e Carlo Fidanza, il consigliere regionale Lombardia Barbara Mazzali e l’imprenditore Pietro Fiocchi, candidato FdI alle elezioni europee e consigliere d’amministrazione di Fiocchi munizioni spa e presidente di Fiocchi of America, che ha detto: «Ho deciso di scendere in campo perché vedo un futuro molto nero soprattutto per quanto sta succedendo al Parlamento europeo: vi è la forte possibilità che se non si interviene, il nostro settore dovrà andarsene dall’Italia e io, questa cosa, non posso accettarla.

Per Fratelli d’Italia la difesa è sempre legittima, ma deve essere chiaro che noi non chiediamo modifiche all’attuale legge sulle armi.

Appartengo a una famiglia di imprenditori che da cinque generazioni produce cartucce da sparo e soprattutto da cinque generazioni andiamo tutti a caccia».

Fidanza, dopo essersi dichiarato «contro gli estremisti animalisti», ha aggiunto: «Non vado a caccia, ma la caccia fa parte della nostra cultura e della nostra tradizione.

I cacciatori hanno tutti, obbligatoriamente, la fedina penale pulita e non è tollerabile che estremisti del mondo animalista, impediscano il libero esercizio di questa attività o intimidiscano chi ha il solo torto di partecipare a una fiera». 

Secondo Lollobrigida «In Europa si gioca una partita decisiva per le imprese italiane. 

Nonostante tutti gli attacchi che abbiamo ricevuto, alcuni segmenti, come anche quello del munizionamento Fiocchi, restano delle eccellenze perché hanno saputo mantenere un elevato livello di qualità e affidabilità.

Fratelli d’Italia gioca una partita decisiva per restituire all’Italia una centralità in quelle dinamiche europee che troppo spesso hanno penalizzato alcuni nostri settori strategici come quello della produttività industriale e della competitività».

Ma la star dell’iniziativa pro-caccia e armi è stata la Caretta che ha presentato alla Camera dei Deputati un Progetto di Legge che modifica la legge 157/1992 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” e la deputata cacciatrice ha spiegato che si tratta di «una legge che è entrata in vigore 26 anni fa, in un contesto economico ed ambientale molto diverso rispetto a quello attuale.

In tutta Europa, nessuna legge statale sulla gestione faunistica è rimasta immutata per un periodo così lungo, senza prestarsi agli opportuni aggiornamenti ed ai necessari adeguamenti alle mutate esigenze di corretta gestione del patrimonio faunistico e degli habitat naturali nel nostro Paese.

La presente Proposta di Legge si prefigge l’obiettivo di apportare gli opportuni aggiornamenti e necessari correttivi alla legge statale, anche alla luce dell’esperienza di ben 26 anni di applicazione sul territorio nazionale, adeguandola alle attuali esigenze ed alle modalità gestionali già in essere in tutti gli altri paesi dell’Unione europea, sicuramente nel rispetto delle direttive comunitarie ma anche nel rispetto degli usi, costumi e tradizioni nazionali e locali».

In realtà in quasi tutto il resto dell’Europa le leggi sulla caccia sono state riviste in maniera restrittiva e non in maniera estensiva come vorrebbero la Carretta i suoi camerati che si sono lanciati in questa campagna pro caccia e pro armi per fare concorrenza – proprio nel cuore dell’ex Padania originaria – alla Lega di Salvini, “imbrigliata” sul tema venatorio dall’alleanza con il Movimento 5 Stelle che la caccia vorrebbe (voleva?) abolirla.

Infatti, la proposta “riformatrice” di FdI e armieri non è stata accolta per niente bene dalle associazioni animaliste e ambientaliste.  

Enpa, Lac, Lav, Lipu e Wwf  hanno respinto con una nota congiunta il Progetto di Legge Caretta e le motivazioni che vendono addotte per sostenerlo: «Ancora oggi c’è chi sostiene che la caccia possa essere la soluzione delle problematiche riguardanti le attività umane esercitate su territori dove vivono gli animali selvatici.

Su questo tema, evidentemente inconsapevoli della realtà che ci circonda, alcuni deputati di Fratelli d’Italia hanno tenuto, proprio oggi, una conferenza stampa alla Camera dei Deputati, arrivando a sostenere che l’attività venatoria potrebbe risolvere la questione dei danni imputati alla fauna selvatica. 

Un’interpretazione smentita dalla realtà: da quando la gestione è stata affidata alle armi dei cacciatori, i danni non solo non sono diminuiti, ma addirittura aumentati».

Le 5 associazioni  bocciano senza pietà la sortita elettoralistica/venatoria di FdI: «Si tratta di un’iniziativa completamente fuori dal tempo, avulsa da valutazioni tecniche e sconnessa dalla realtà, con l’unico obiettivo di sostenere le frange più estremiste del mondo venatorio.

Lo dimostra il fatto che si parla di animali “nocivi”, quando è dal febbraio 1978 che questo termine è stato cancellato dalla legislazione venatoria.

Inoltre, per rispondere a uno degli argomenti avanzati dagli organizzatori della conferenza stampa, il contributo offerto dai cacciatori al PIL nazionale è semplicemente risibile e, sempre a tale proposito, non deve sfuggire che nel breve lasso di tempo di sei anni è crollato del 16% dimostrando così quanto la loro attività sia in evidente declino (report ANPAM 2017-2011).

Infine, sul tema dell’incensuratezza, altro ritornello del mondo filovenatorio, i cacciatori italiani che, secondo gli ultimi dati regionali e del Ministero Interno sono circa 435.000, avranno pure in gran parte la fedina penale intonsa (con molte eccezioni per i reati contravvenzionali oblazionabili), ma questa non è certo una garanzia della loro rispettabilità sociale – concludono le associazioni – anche perché grazie all’ultimo decreto legislativo sulle armi non è possibile negare automaticamente il rinnovo della licenza di caccia a persone condannate molti anni fa».

Ma anche la forza politica considerata più anticaccia nei giorni scorsi è finita nel mirino degli animalisti: l11 marzo l’Enpa ha denunciato un «clamoroso voltafaccia M5S: sconfessa le sue origini e promuove una Proposta di Legge che autorizza i cacciatori a sparare tutto l’anno.

Si tratta della PdL n. 982, un testo “omnibus” che vede come primo firmatario l’onorevole Filippo Gallinella, presidente della Commissione Agricoltura della Camera, ma che è sostenuta da quasi tutti i componenti M5S della Commissione, che autorizza i cacciatori a sparare tutto l’anno» e in poche ore un mail-bombing online per chiedere al M5S di fare marcia indietro ha raccolto 75.000 adesioni, per poi superare le 150.000.

Secondo l’Enpa «la Proposta di Legge è un inaccettabile escamotage, con cui si vorrebbero dare alle doppiette nuove e più generose possibilità di sparo.

Il prezzo di questo voltafaccia sarebbe pagato non solo dai cinghiali, ma dai caprioli, dai daini e dalle volpi, con mamme e cuccioli sterminati fin dentro le loro tane.

Il provvedimento firmato da Gallinella e dagli altri deputati M5S regala infatti ai privati, cioè ai cacciatori, la possibilità di essere impiegati legittimamente nelle operazioni di “controllo faunistico”, oggi riservate solo al personale pubblico di vigilanza.

L’approvazione del testo sarebbe anche uno schiaffo alla Corte Costituzionale.

Sono anni che le Regioni, alla continua ricerca del “voto venatorio”, cercano di inserire nei loro atti normativi la figura del “cacciatore/selecontrollore”, mai prevista dalla legge 157 del 1992.

E sono anni che la nostra Suprema Corte annulla per illegittimità costituzionale tali provvedimenti.

Su questo contiamo ben 5 sentenze.

Da ricordare poi che la stessa Corte abbia contestato alle Regioni la mancata applicazione dei metodi ecologici di prevenzione, prioritari rispetto a qualsiasi abbattimento, come stabilito con estrema chiarezza dalla normativa nazionale.

Al M5S, Enpa chiede di restare fedele alle proprie origini e alle proprie promesse in materia di animali e ambiente, e di cancellare dalla PdL n. 982 gli articoli contestati».

La contrarietà della Lega per l’Abolizione della Caccia (Lac)  al testo, che vede come primo firmatario Gallinella (M5S) e sottoscritto da altri deputati di maggioranza e minoranza, si concentra sugli articoli 31 e 32 della PdL: «Col falso pretesto delle “semplificazioni” (sic !) , l’art. 31 si propone di modificare la disposizione della legge venatoria statale 157/92 in materia di controllo faunistico.

In pratica il ruolo di controllo degli esemplari selvatici suscettibili di arrecare eventuali danni alle produzioni agricole, oggi attuato dalle guardie provinciali, soggetto a provvedimenti sottoposti al preventivo parere dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), e alla previa sperimentazione di metodologie incruente, verrebbe affidato in gran parte ai cacciatori.

Uno sfacciato aggiramento di ben sei sentenze della Corte Costituzionale che hanno dichiarato illegittimo l’impiego dei cacciatori come surrogato dei guardiacaccia della pubblica amministrazione, autorizzato in precedenza da varie Regioni (ultima la sentenza n. 44 dello scorso 13 marzo 2019).

I cacciatori, sotto le neppur troppo mentite spoglie di “operatori abilitati dalle Regioni, muniti di licenza per l’esercizio venatorio”, andrebbero a surrogare e sostituire il ruolo degli agenti pubblici di vigilanza appartenenti alle polizie provinciali.

Per la LAC non basta qualche corso fasullo per decretare che qualunque cacciatore che opera per divertimento sia assimilabile ad un agente di polizia locale.

La p.d.l. 982 nulla prevede per la corresponsione di contributi o lo sviluppo ulteriore di metodologie alternative per attenuare i danni da selvatici in agricoltura; siamo – in realtà – di fronte ad un mero pretesto per abilitare cacciatori singoli o in squadra ad operare in periodi e zone di divieto venatorio, ma senza le garanzie di sicurezza costituite dall’impiego di personale di polizia provinciale.

Una tipica furberia all’italiana… 

Ancora più sfacciato è l’art. 32 della stessa proposta di legge Gallinella ed altri.

Questo articolo (ma, anche qui, che c’entrano le “semplificazioni” ?) mira ad aggirare un pronunciamento negativo del Consiglio di Stato, aggiungendo d’imperio la Confavi, piccola federazione di associazioni di cacciatori locali, all’elenco delle associazioni venatorie nazionali, in tal modo potendo accedere alla ripartizione di parte (destinata alle associazioni venatorie) della soprattassa di 5,16 euro su ogni licenza di caccia».

E qui rispunta qualcuno: «Peccato che un’altra deputata, firmataria della PdL. Gallinella n. 982, sia la stessa presidente di Confavi, Maria Cristina Caretta (Fratelli d’Italia).

Che fine hanno fatto tutti i bei discorsi del passato sul conflitto di interessi???»

Gallinella, ha risposto che gli animalisti non hanno capito il senso della Pdl: «Esiste un problema sollevato dalle Regioni.

Qualcuno ha voluto far passare questa norma come un’apertura alla caccia ma non è vero.

In pratica, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha chiesto al governo di intervenire modificando l’articolo 19 della legge 157/92.

In base a questa norma “le Regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia.

Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici su parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica” ma “qualora l’Istituto verifichi l’inefficacia dei predetti metodi, le Regioni possono autorizzare piani di abbattimento.

Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali.

Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi o da operatori abilitati dalle Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano previa frequenza di appositi corsi, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali.

In caso di abbattimento con arma da fuoco tali figure devono essere munite di licenza per l’esercizio venatorio».

Ma le precisazioni non sono bastate e, anzi, gli attacchi contro il deputato e il M5S si sono fatti ancora più forti, tanto che Gallinella ha scritto sulla sua pagina Facebook: «In questi giorni ho raccolto molto materiale per la Questura in merito ad attacchi decisamente violenti e immotivati, su un dibattito che stiamo portando avanti in commissione Agricoltura. 

La questione riguarda UN articolo di una proposta di legge (firmata da tutte forze politiche) che recepisce la proposta delle Regioni in merito al controllo della fauna selvatica, dibattito tra l’altro iniziato nell’autunno 2018 e ancora in itinere.

Alcuni soggetti “facinorosi” hanno richiamato la suddetta proposta di legge, soffermandosi in maniera superficiale ad un titolo di giornale e mistificando molte cose senza evidentemente avere approfondito i contenuti della norma.

Ribadisco una volta per tutte che la Proposta di legge NON parla assolutamente di caccia, ma presenta al suo interno una richiesta, da parte delle REGIONI, al fine di avere personale abilitato alle operazioni di contenimento della fauna selvatica. 

Mi preme chiarire che ad oggi, con la normativa in vigore, GIÀ si può cacciare tutto l’anno e l’istanza fatta dalle Regioni è stata avanzata per sopperire all’assenza della Polizia Provinciale, avvenuta dopo la riforma, dato che essa precedentemente si occupava anche di questo.

Tra l’altro, nelle Province autonome di Trento e Bolzano questo modus operandi esiste da sempre!

Non ho particolari velleità nel far passare questa soluzione con la finalità di risolvere un problema reale che costa allo Stato, agli agricoltori e agli automobilisti milioni di euro ogni anno, ma era mio dovere portarlo nel dibattito politico, anche se in molti mi hanno messo alla gogna.

Piaccia o no il problema c’è, se poi la politica non lo vorrà affrontare rimarrà per i posteri: diversamente se si troverà una risposta, quella che sia, potrò in parte prenderne il merito.

Invito, pertanto, tutte le persone che con veemenza si sono scagliate contro di me senza informarsi sull’argomento in maniera approfondita, a non professarsi “attivisti 5 Stelle” perché qualsiasi tipo di violenza è lontana anni luce dalla natura del Movimento, a cui appartengo».

Ma L’Enpa non molla e rilancia: «Con questa iniziativa legislativa il M5S, che da sempre aveva fatto dell’ambiente e del rispetto degli animali temi portanti della propria proposta politica, anche prendendo posizione contro la caccia, sconfessa le sue origini e autorizza i cacciatori a sparare tutto l’anno. 

Per questo, 142mila persone insieme con Enpa chiedono ai parlamentari del Movimento, e in particolare al presidente della Commissione Agricoltura, onorevole Gallinella (primo firmatario del testo), al capogruppo del M5s in Commissione, Paolo Parentela, e a tutti i parlamentari firmatari di tener fede agli impegni elettorali e di cancellare “caccia selvaggia” dalla PdL n. 982 con lo stralcio dell’articolo 31».

E alla fine, di  fronte all’offensiva animalista, ministri e sottosegretari del M5S hanno preso le distanze dalla proposta Gallinella derubricandola a iniziativa personale.

La presidente nazionale dell’Enpa, Carla Rocchi conclude: «Sono incredula per le parole pronunciate dal presidente della Commissione Agricoltura, nonché primo firmatario della proposta di legge su caccia selvaggia che dopo tante battaglie combattute insieme al M5S, ci accusa di mistificazione e fake news.

Mi conforta sapere che nel Gruppo dei 5 Stelle vi sia chi, come la senatrice La Mura, ha ben compreso la portata di questo stravolgimento normativo che evidentemente il presidente Gallinella continua a negare.

Sottolineo che la Protezione Animali è come sempre a disposizione delle istituzioni pronta a fornire ogni chiarimento e ogni documento che l’onorevole Gallinella desideri, perché in questa vicenda non ci sono né mistificazioni né fake news».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 1 aprile 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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