Ossigeno Bene Comune ?

 

Un ambientalismo…creativo

Non si può negare che l’Amministrazione del Comune di Napoli dimostri una notevole fantasia.

Una volta si parlava della ‘finanza creativa’ inaugurata da certi governi, ma a quanto pare c’è anche un ‘ambientalismo creativo’. 

E’ così che accattivanti etichette – come quella dell’Ossigeno Bene Comune  – riescono ad occultare, con la loro evocativa fascinazione, l’oggettiva scarsità di decisioni concrete e di misure effettive adottate in materia di contrasto dei cambiamenti climatici.

Basta leggere con attenzione la deliberazione n. 110 della Giunta Comunale di Napoli del 21 marzo 2019, per comprendere come premesse così promettenti ed ecologicamente ineccepibili, vadano progressivamente scemando in un dispositivo deliberativo piuttosto generico e fiacco.

Come non essere d’accordo?

Nessuna Amministrazione può occuparsi da sola delle complesse problematiche ambientali, senza poter contare sulla “partecipazione e sul coinvolgimento dei cittadini nelle scelte strategiche”, dei quali – come si afferma poco dopo – va “stimolato il senso di responsabilità [con] azioni per l’educazione e la sensibilizzazione, con attenzione all’integrazione tra settori e soggetti diversi”.

Peccato, però, che a questo fondamentale aspetto l’Amministrazione de Magistris abbia dedicato uno spazio assai ridotto, se si tiene conto: del ruolo assolutamente ininfluente svolto dal decentramento municipale; dell’incapacità di relazionarsi in modo non solo episodico e simbolico con le associazioni ambientaliste; delle Consulte in materia ridotte ad inutili fantasmi o a pletorici ‘tavoli’ di consultazione; ma soprattutto della scarsa trasparenza dimostrata proprio su alcuni fondamentali punti della pianificazione strategica del Comune in materia ambientale ed energetica.

Priorità enunciate alla prova dei fatti

Sono tutte scelte sottoscrivibili, chi lo nega.

Il vero problema è che:

1. dell’attuazione del P.A.E.S.(Piano di Azione dell’Energia Sostenibile) – adottato dal Comune nel 2012 – sia il Consiglio Comunale (cui l’A.C. avrebbe dovuto relazionare ogni anno), sia i cittadini di Napoli continuano ad essere molto poco informati.

Sul sito istituzionale (http://www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/18558 ) compare infatti solo il documento originale, senza alcun aggiornamento sullo ‘stato dell’arte’, per conoscere il quale bisogna andarsi a cercare l’unico monitoraggio svolto (nel 2016) sul sito web in inglese del Covenant of Mayors (https://www.eumayors.eu/about/covenant-community/signatories/progress.html?scity_id=2410 ). 

Si scopre così che, pur avendo speso oltre la metà del budget previsto,  un terzo delle azioni programmate in materia di produzione elettrica e d’interventi sulle abitazioni non è stato neanche iniziato; è stata realizzata solo la metà di quelle relative all’illuminazione pubblica; si è attuata solo la terza parte delle azioni concernenti i trasporti, mentre le attività riguardanti edifici residenziali ed impianti del settore terziario sono genericamente classificate come ongoing (in corso).

2. L’auspicato Osservatorio sui cambiamenti climatici nelle città del Mediterraneo è soltanto una suggestiva idea, ma non ha nessuna concretezza pratica, considerato che – non si registra alcun atto politico né amministrativo  in tal senso dell’A.C. napoletana e che l’unico organismo di tale natura (C.M.C.C. – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) è un ente nazionale di ricerca non-profit con cui essa non interagisce.

3. Anche quella di sostenere gli ecosistemi che compongono la città e la loro messa in retesi rivela solo una lodevole intenzione, visto che – pur consultando l’area tematica del sito comunale dedicata all’ambiente (http://www.comune.napoli.it/ambiente-mare-tutela-animali)   –  non risultano iniziative effettive in tal senso,  sebbene da parte di alcune associazioni ambientaliste (fra cui WWF, VAS e RCCSB) non siano mancate sollecitazioni alla istituzione di osservatori sulla biodiversità urbana e ad una vera pianificazione del verde.

4. “Monitorare e controllare la qualità dell’aria” è un altro dei buoni propositi della Giunta de Magistris, ma è stato attuato molto parzialmente se si considera che gli unici sette impianti di monitoraggio (gestiti dall’ARPAC Campania: http://www.arpacampania.it/aria)  registrano i tassi d’inquinamento atmosferico solo per alcuni parametri ed in cinque aree urbane (Ponticelli, Ferrovia, Centro, Arenella, Capodimonte e Posillipo) sull’insieme delle dieci municipalità;

5. “Mitigare i cambiamenti climatici” è ovviamente un altro obiettivo da perseguire, ma lo stato di attuazione del PAES di Napoli non sembra lasciare spazio a grandi speranze, anche se (in base ad una recente classifica sulla vivibilità urbana stilata da Il Sole 24 Ore), su 107 capoluoghi italiani Napoli si piazzerebbe al 43° posto rispetto ai dati meteorologici, in special modo la temperatura media.

6. Il programma ‘Itinerambiente’: Napoli città dell’hiking urbano” evoca un impegnativo progetto, eppure non si trova alcuna traccia nei provvedimenti comunali  di tale suggestivo quanto misterioso programma di educazione ambientale.

7. Implementare il ciclo urbano dei rifiuti mediante buone pratiche è l’ultima lodevole priorità cui si fa cenno; peccato però che la percentuale di raccolta differenziata dei R.S.U. negli ultimi 12 mesi tocchi mediamente solo il 37% (fonte: ASIA Napoli https://www.asianapoli.it/raccolta-differenziata/risultati-raccolta-differenziata.html),  ragion per cui quasi due terzi dei rifiuti di Napoli finiscono negli inceneritori (in Campania ed in altre regioni), oppure prendono strade più traverse e vengono smaltiti illegalmente altrove (il 19 marzo nel Vicentino la GdF ha sequestrato 900 tonnellate di rifiuti misti provenienti dal Napoletano e dal Casertano – fonte: Il Mattino https://www.ilmattino.it/primopiano/cronaca/choc_in_veneto_900_tonnellate_di_rifiuti_da_napoli_e_caserta-4371773.html).

Misure strategiche adottate. O no?

Certo, nella sua delibera la Giunta di Napoli elenca anche altre ‘misure’ che sarebbero state da essa adottate per conseguire gli obiettivi strategici che ne costituiscono l’oggetto, ad es.: limitazione del traffico veicolare e del riscaldamento degli edifici; contenimento delle emissioni inquinanti delle navi ormeggiate nel Porto; riqualificazione di scale e percorsi della ‘città verticale’. 

Purtroppo ai cittadini di Napoli è stata offerta un’informazione del tutto carente su queste dichiarate ‘buone pratiche’ e, ancora una volta, poco si è fatto per monitorarne l’applicazione e per valutarne concretamente gli effetti positivi.

L’Amministrazione Comunale vanta inoltre la propria partecipazione a programmi europei di contrasto ai cambiamenti climatici, come Horizon 2020 Clarity, ma sarebbe interessante verificare quanto di tali ‘azioni strategiche’ sappiano gli stessi consiglieri comunali, per non parlare ovviamente dei semplici cittadini di un sì ‘virtuoso’ Comune…

Il primo, in effetti,  è solo un programma di ricerca ed innovazione, ma se si consulta la pagina ‘casi di successo’ del sito web relativo (http://www.horizon2020news.it/argomenti/casi-di-successo ) non si trova nessuna notizia riguardante la nostra città. Viceversa:

Molto bene ma, a parte il solito vizio di utilizzare coloriti titoli in lingua inglese per illustrare progetti di cui non si spiega molto – anche una ricerca sul sito dedicato (  https://cordis.europa.eu/search/ ) non consente di avere un’idea più chiara di quanto il Comune di Napoli si sia impegnato a fare.

Ciò che sembra di capire è che si tratterebbe di sviluppare una “piattaforma informatica” allo scopo di raccogliere dati sui cambiamenti climatici e ricavarne i possibili “scenari di rischio”.

Più avanti si parla anche del P.U.M.S. – misterioso acronimo che rinvia al Piano comunale per la Mobilità Sostenibile, approvato dal Consiglio Comunale di Napoli, il quale prevede l’adozione di misure finalizzate a ridurre i tassi d’inquinamento atmosferico ed acustico e migliorare la mobilità collettiva dei cittadini.

La strada seguita per raggiungere tali obiettivi sarebbe:

Anche in questo caso si tratta di ottime intenzioni, cui però non sembrano purtroppo corrispondere azioni altrettanto brillanti ed efficaci. 

Basti pensare alle problematiche relative al rinviato ripristino della linea tramviaria lungo l’area marittimo-portuale;  alla travagliata e controversa vicenda del completamento di parte della linea 6 della metropolitana; alla disastrosa crisi amministrativa e gestionale dell’A.N.M. ed alla sua ripercussione sui trasporti pubblici di superficie e sotterranei (funicolari e metro), per non parlare poi del defunto e non ancora rinato servizio (ancora definito ‘sperimentale’) di bike sharing e del non attuato piano di rinnovo del parco veicoli comunale, utilizzando quelli ‘a basso impatto ambientale’ e, in alcuni casi, ‘elettrici’.

Una città verde…o al verde?

Un’ulteriore criticità riguarda il verde pubblico e la gestione di parchi e giardini, per i quali l’A.C. afferma che si starebbe impegnando particolarmente, anche se la realtà sotto gli occhi di tutti i Napoletani appare decisamente meno esaltante.

Il secondo ‘polmone verde’ cittadino – il Parco Urbano dei Camaldoli (1 milione di metri quadrati di macchia mediterranea – resta parzialmente chiuso da oltre un anno, ma non è migliore la sorte di altri sei parchi cittadini.

Solo due di essi – la Villa Comunale ed i S. Gaetano Errico a Secondigliano – sono stati finalmente riaperti, seppur in condizioni non certo ottimali. Solo nella seconda metà di gennaio era stato reso fruibile il Parco della Rimembranza, devastato da cadute e danni meteorologici, nei cui pressi il Viale Virgiliano e strade limitrofe sono però praticamente ridotti ad uno squallido deserto, dopo la strage di oltre un centinaio di alberi abbattuti, ufficialmente in quanto malati o deteriorati. 

E’ stato più volte rilevato che al Comune mancano dipendenti, attrezzature idonee e che gran parte delle operazioni di potatura (peraltro con esiti spesso disastrosi…) siano state da tempo ‘esternalizzate’.

Eppure sulla delibera O.B.C. si trovano le seguenti, ambiziose, affermazioni:

Non abbiamo motivo di non credere all’Amministrazione Comunale di Napoli, ma – considerato che finora essa non disponeva neppure di un apparecchio ‘deceppatore’ e che alcuni degli alberi abbattuti (ad esempio i pini del Virgiliano) presentano enormi apparati radicali che si sono infiltrati fin sotto la carreggiata, è legittimo nutrire qualche dubbio sull’agevole attuazione di tale programma di ripiantumazione.

La quasi assoluta mancanza di manutenzione, fitoterapia e regolare gestione del verde cittadino – che ha decimato in questi anni alberate stradali ed essenze arboree presenti nei parchi e giardini – non può essere supplita sic et simpliciter dalla pur auspicata installazione di nuove piante, solitamente ancora giovani e fragili.  

La diffusa pratica della capitozzatura, inoltre,  indebolisce gli alberi ancora in buona salute, sfregiandone l’aspetto ed esponendoli a nuovi rischi.

Stando ai dati forniti, infine, la metà esatta dei 5.600 nuovi arrivati sono destinati a sostituire quelli “crollati e/o abbattuti”, per cui il saldo resta solo parzialmente soddisfacente, soprattutto se non si provvede ad aumentare l’organico degli addetti ai giardini ed a fornire la terza città d’Italia di strumenti essenziali per la loro manutenzione ordinaria.

Efficienza energetica e inefficienza amministrativa

L’ultimo capitolo della delibera O.B.C. sul quale penso sia il caso di soffermarsi è quello dedicato al risparmio ed efficientamento energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili. 

Il Comune di Napoli, infatti, ha programmato un piano di diagnosi energetiche del proprio patrimonio edilizio, misure per il risparmio dei consumi e di miglioramento dell’efficienza degli stabili in questione.

Tutto bene allora?

Non proprio, dal momento che l’unico aspetto del P.A.E.S. comunale sul quale finora ci siamo soffermati come Rete Campana per la Civiltà del Sole e della Biodiversità ha già fatto emergere gravissime carenze amministrative, inefficienza gestionale e spreco di risorse pubbliche, senza peraltro conseguire gli obiettivi ambientali che ci si era prefissati con quelle spese.

Sulla sconcertante vicenda delle c.d. “scuole solarizzate”, infatti, la R.C.C.S.B. – di fronte all’assenza di risposte ed alle opacità gestionali emerse – ha denunciato pubblicamente (nonché alla magistratura contabile) che:

“A distanza di quasi dieci anni, gli impianti fotovoltaici ex-ARIN realizzati sulle scuole napoletane sono soltanto 12 (laddove il progetto comunale del 2008 ne prevedeva 42) e solo 6 risultano allacciati alla rete elettrica.

A questi si aggiungono gli impianti realizzati in altre 13 istituti scolastici ammessi a finanziamento nell’ambito della procedura PON “Ambienti per l’Apprendimento” – Qualità ambienti scolastici Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – Programmazione 2007-2013, di cui solo 3 funzionanti . 

Ciò significa che, a Napoli, ben due terzi dell’energia finora prodotta dalle ‘scuole solarizzate’ sono andati irrimediabilmente ed irresponsabilmente sprecati, se ci si basa sui dati raccolti dalla Direzione Centrale Ambiente del Comune e nel corso delle riunioni della Consulta per le Politiche Energetiche”

Le osservazioni che si potrebbero ancora fare sono molte, ma non è il caso d’infierire ulteriormente.

Mi sembra di aver già dimostrato con sufficiente chiarezza che le dichiarazioni di circostanza e le promesse altisonanti ci convincono fino ad un certo punto.

I disastrosi cambiamenti climatici – che hanno mobilitato centinaia di migliaia di giovani e risvegliato le forze ambientaliste – non possono essere contrastati dalle Amministrazioni pubbliche solo con corpose ed ambiziose delibere d’intenti, bensì con azioni chiare, trasparenti ed efficaci.

Ossigeno Bene Comune resta più che altro un accattivante slogan.

Adesso tocca al Comune di Napoli dimostrare che non si tratta solo di…aria fritta.

(Articolo di Ermete Ferraro, membro del Consiglio Nazionale di VAS, pubblicato sulla sua pagina face book il 31 marzo 2019)

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